Home - Letture - Wu Ming 1


Anteprima da New Thing  Wu Ming 1 (in libreria dal 25/10/2004)

 

0. Se ti dimentichi

 

Il traduttore cleptomane: gioielli, candelabri e oggetti di valore sparivano dal testo che stava traducendo.

Jean Baudrillard

 

 BLACK POWER

 

Rowdy-Dow Nell'appartamento di sopra viveva una signora bianca sui sessanta, un po' fuori di testa, separata dal marito. Ex-insegnante, mi pare fosse. Gran sbalzi d'umore, ce l'aveva con mezzo condominio per i motivi più del cazzo. I martedì mattina veniva un dominicano a farle le pulizie, faceva un gran bordello, pestava i piedi e, non bastasse, cantava. Niente di male a canticchiare, ma quello latrava a squarciagola, in spagnolo. Quando spostava i mobili sembrava il riot di Harlem del '64. Passava lo straccio che pareva volesse farci il buco, nel pavimento. L'aspirapolvere gridava tipo algerino torturato con gli elettrodi. Questo prima delle otto del mattino, che io magari ero tornato alle quattro dopo aver suonato chissà dove. Mi svegliavo con le palpitazioni. Una volta, mi è addirittura caduto in faccia un velo di vernice del soffitto.

La prima volta telefono alla vecchia per lamentarmi, le chiedo se non è possibile far venire il domestico più tardi, già un'ora dopo sarebbe un'altra cosa. Mi risponde  gentile, dice che non è possibile ma mi assicura che informerà il tipo e “vedrà che la settimana prossima farà meno rumore”.

La settimana dopo non cambia un cazzo: mi sveglio alle sette e tre quarti col Bum! Bum! Bum! tipo tamburi di Chano Pozo, mia moglie è già fuori di casa e il coglione è di sopra che canta. Batto col manico di scopa, ma non serve. Mi vesto e salgo, suono alla porta.

Senza aprirmi, il coglione urla: - La señora no está en la casa.

E io: - Sono quello del piano di sotto, apri un istante, uomo, voglio spiegarti due o tre robine...

E lui: - La señora no está en la casa.

Capisco che non c'è da cavarci i piedi e torno giù col sangue agli occhi. Più tardi, ri-telefono alla signora, che si ri-scusa e mi ri-assicura che etc. etc.

Terzo martedì solita solfa, e la señora no está en la casa. Terza telefonata, e cosa mi risponde la tipa? Che allora cosa dovrebbe dire lei, che faccio rumore anch’io quando chiudo la finestra di notte, che diritto ho di lamentarmi etc. etc. La mia cazzo di finestra la sveglia nel cuore della notte e non riesce più a riaddormentarsi.

Quarto martedì, intercetto il tipo che ha appena finito i mestieri, sulla tromba delle scale. Gli pianto l'indice sullo sterno e gli dico: - Amigo, c'è modo e modo di fare le cose, cerca di fare più piano e fai a meno di cantare, in questo palazzo si sente tutto e io lavoro di notte.

Lui mi guarda e mi fa: - Vale, vale, ah'm sorry, - poi fa per andarsene ma io aggiungo, ed è lì che sbaglio: - Io sono un musicista e lasciatelo dire, sei stonato da far piangere il cuore, entiendes? Sembri un coyote che s'arrampica sul filo spinato.

Quello mi pianta in faccia uno sguardo da killer e mi fa: - No es asunto tuyo

La settimana dopo, ferito nell'orgoglio latino, fa trambusto peggio del solito e canta a pieni polmoni: - Tilín, tilín, tilán / oye que bonito es el tilín / de mis campanitas de cristál...

Visto che non ho voglia di fare a pacche, compro un paio di tappi per le orecchie, però medito vendetta.

Ricordati bene questi due particolari: martedì mattina, tappi per le orecchie. Se ti dimentichi, non capisci che c'entra questa cosa con tutto il resto.

 

 

1. L'uomo dei fantasmi

 

 

Bomba atomica esplosa non ricordi quando. Fall-out: dolore dappertutto, non sai dove è cominciato, non sai dove finirà.

 
La stazione è ancora lontana ma c’è tempo, tempo, tanto che non sai che fartene. Mangi dolciumi. Ti guasti i denti. Sudi, ginocchia contro petto, mani stringono caviglie, sudi e soffri.

Il tempo che rimane non è molto eppure è troppo.


Bomba scoppiata non ricordi quando.
Meno di un anno fa, più di vent’anni prima, più o meno la notte dei tempi.

In tour: Hiroshima e Nagasaki, luglio '66.

Pensavo: diversi modi di morire. Andarsene una cellula alla volta è come essere in due posti. È un travaso.

Invece, cancellàti dalla faccia della Terra, pelle che si stacca e prende il volo, corpo che si disfa. Corpo che smette di essere te. Se mai lo è stato.

 

Non trovo la vena. Porta socchiusa e mi schiaffeggio il braccio. Mi vedessi da fuori penserei: “guardalo, lo stolto”. Ma non mi vedo da fuori. Sono fuori di me, ma sono cieco. Che anno è, dove sto suonando. Ottobre del '50 in un albergo di L.A. L’ago entra e perdo i sensi. Perdo senso. Se un uomo può farcela a Los Angeles può farcela ovunque. Se riesci a farti con la roba di fuori New York, puoi farti di qualunque cosa.

Dicono che vedi la vita scorrere. Non ricordo niente. Forse una pioggia torrenziale, pioggia di note, tutte le note che circondano la nota, quella lunga, e insieme fanno un accordo, il suono dell’universo.

Ero quasi riuscito a trovarlo a Parigi,  suonavo le note sopra e sotto la nota, cercavo e cercavo, tutte le note insieme, ma fu molto tempo dopo. C’ero quasi, non m'importava che il pubblico capisse, poi qualcuno mi lanciò un biglietto tra i piedi.

 

 Si tu perçois l’univers tout entier comme une fantasmagorie, une joie ineffable surgira en toi.

 

Non so il francese.

Ora sono nel '50, scendo nella fossa che è la mia testa, dove non si può scandagliare, dall’oblò vedo scendere le note e...  uno schiaffo, due schiaffi, tre.

Se un uomo può farcela a Los Angeles può farcela ovunque.

Io ce la faccio, mi riànimano. Poi…

 

Dizzy mi licenzia.

Miles mi licenzia.

Dio mi licenzia.

Guadagnarmi la riassunzione. Tornare pulito.

 

C’è ancora tanto da suonare, da dire. Ma sto perdendo il treno. Ho atteso l’ultimo momento prima di andare alla stazione. E tutto il tuo amore è invano.

Non mi buco da dieci anni. Il karma è un macellaio, ti taglia in quattro e ti appende a un gancio.

Non riesco a fare due cose alla volta. Suonare e stare in piedi. Fatico a pensare. Fatico a parlare.

Non so più fare due cose alla volta. Faticare a pensare e pensare. Faticare a parlare e parlare.

Non so come riempire le ore che rimangono. Mi sfuggono dal pugno. Esercitarsi non ha più senso. L’ho fatto otto, dieci ore al giorno, fin da quand’ero ragazzino.

Alice. John Jr. Ravi. Oran.

Non voglio vedervi scivolare tra le dita.

 

Dita. Non riescono a star ferme.