|
|||||||||
WAKING LIFE (USA, 2001) |
|||||||||
Alla base di Waking
Life c’è la totale assenza di qualunque pretesa commerciale: è davvero roba per
pochi, realizzata tra amici, con un sofisticato software che recupera una
geniale illuminazione che ebbero i mitici fratelli
Fleischer, cartoonist genitori di Popeye: il rotoscopio. Accanto a Philip K. Dick ed alla teoria dell’inesistenza del tempo, tra l’esistenzialismo e l’evoluzionismo, quindi Stevenson, Lawrence e Kirkegaard, trova spazio un’efficace sistema di riferimenti metalinguistici nel viaggio onirico di Wiley Wiggins (il ventenne al centro della vicenda): ad apparire in video c’è perfino Steven Soderberg che parla di un incontro tra Billy Wilder e Louis Malle: "Di cosa parla il film a cui stai lavorando?" chiede il primo al secondo. "è una specie di sogno dentro un sogno" risponde Malle. "Beh…" risponde il regista hollywoodiano "hai appena perso i tuoi 2,5 milioni di dollari": il destino consapevole di Linklater nel suo sogno a scatole cinesi? E poi ci sono le riflessioni di Bazin: «riprendere la realtà è riprendere Dio nell’atto della sua creazione». Questo è quello che il regista sembra pretendere dal mezzo che ha tra le mani. E non si accontenta delle strade battute. Ma non prendetelo come un lavoro semplicemente grottesco e sfrenato. Tutto è davvero ben misurato e consapevole, assolutamente geniale. Bisogna però essere capaci di varcare la soglia.
Antonello Schioppa
|