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 |
Titolo originale:
5 x 2 |
Regia: Francois
Ozon |
Interpreti:
Valeria Bruni Tedeschi, Stephane Freiss, Francoise Fabian, Gerardine
Pailhas, Michael Lonsdale |
Soggetto:
Emmanuele
Bernheim |
Sceneggiatura:Emmanuele
Bernheim, Francois Ozon |
Fotografia: Yoric
Le Saux |
Scenografia: Katia
Wyszkop |
Costumi: Pascaline
Chavanne |
Musiche: Philippe
Rombi |
Montaggio: Monica
Coleman |
Produzione: Marc
Missonnier e Olivier Delbosc per Fidelitè Productions |
Paese: Francia
Anno: 2004 |
Durata: 90' |
Distribuzione: Bim |
Sito ufficiale:
http://www.bimfilm.com/cinqueperdue/
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Si
spengono le luci e nel silenzio affiorante della sala inizia, a ritroso, il
racconto di un amore(?) partendo dal suo epilogo: il divorzio.
Ozon
torna sugli schermi dopo lo splendido
Swimming Pool ed è di nuovo un
piacere per gli occhi ed uno stimolo per l’intelletto rendergli visione. In
apparenza CinquePerDue appare come l’opera più scanzonata nella
filmografia del regista (a parte
8 donne e un mistero), in realtà,
l’autore è magistrale nel mascherare dietro l’ironica leggerezza della sua
creatura tutto un substrato fatto di lacerazioni e guarigioni esistenziali
che segnano indelebilmente ogni fotogramma, così come, si conferma abile
regista nel saper scovare dentro ambienti e situazioni normali inquadrature
esteticamente piacevoli senza scadere nell’estetismo più ovvio. La non
originalità dell’impianto narrativo scelto per raccontare la storia e la
vita di una coppia sfocia nell’impareggiabile originalità della sua messa in
scena. Ciò avviene grazie alla sensibilità di Ozon nel raccontare la vita
attraverso un intellettualismo intelligente e mai invadente, peraltro, senza
accontentare lo spettatore nelle sue aspettative più scontate. L’intento
autoriale è chiaro, Ozon non vuole raccontare una storia d’amore e la sua
fine ma un incontro amoroso
tra due persone, con tutte le ambiguità e le
debolezze del caso, che non termina nel divorzio così come non era iniziato
nel matrimonio (si osservi a tal proposito il sarcastico finale segnato da
una di quelle immagini patinate degna della più becera delle commedie rosa).
L’amore, questo sentimento così sublime ed atroce, per l’autore non è
riconducibile al mito dell’amor fou né tanto meno all’utopico sogno
dell’incontro di un’anima gemella ma rappresenta quella complicata terra di
confine entro cui due persone cercano a fatica di migliorarsi, conoscersi e
anche e per la miseria, amarsi. La difficile alternanza di sorrisi e
lacrime, amori e tradimenti viene sapientemente condotta da Ozon grazie a
due essenziali fattori. Il primo è in realtà un segno distintivo del suo
stile, è quella straordinaria capacità d’infondere molteplici significanze
all’interno di una stessa scena evitando di scadere nella contraddittorietà,
è quella caratteristica che potremmo definire l’insostenibile
indeterminatezza di Ozon che si riflette nelle cose e nei fatti a tal punto
che se vediamo un personaggio ridere, piangere, esercitare violenza e poi
dolcezza nel volgere di pochi minuti, ci appare come il barlume di una vita
vera piuttosto che un artifizio narrativo. Il primo frammento amoroso ne è
un esempio eloquente: dovrebbe raccontarci l’inevitabile spegnersi di un
sentimento ed invece...attraverso la freddezza con cui i due compiono il
burocratico atto del divorzio (identico nella forma all’atto
matrimoniale!!!), la dolcezza di Marion (Valeria Bruni Tedeschi)
nel chiedere un tenero bacio che sfocia nella violenza del successivo atto
sessuale, l’ingenua paura di lei nel credere ad un improbabile suicidio di Gilles (Stephane Freiss)
e infine la fermezza di Marion nello sbattere la porta alla folle idea di
riprovarci...finisce col restituirci il
dirompente senso di una relazione; è forse questo il capitolo in cui i due
danno effettivamente l’impressione dell’amore che li ha uniti, è forse
questo il senso dell’insostenibile indeterminatezza di Ozon.
L’altro fattore non può che essere la
bravura degli attori protagonisti,
decisamente in stato di grazia, decisamente bravi nel saper rendere diversi
e complicati stati d’animo sia con l’espressività che con il corpo,
apparendoci nel corso del film in un modo e nel suo contrario, belli e
brutti, vecchi e giovani (splendido il nudo integrale di Valeria Bruni
Tedeschi sdraiata nel letto che riporta la mente alla venere di Tiziano).
Infine un cenno alla colonna sonora, fatta di successi italiani degli anni
‘60 (Tenco, Conte, Fidenco ecc.) scelti a quanto pare dalla stessa Tedeschi,
canzoni che fanno sorridere e mettono di buon umore, come a consigliarci il
giusto modo d’affrontare la vita: con la necessaria ironia.
Si
accendono le luci e nel brusio affiorante della sala emergono ingrate delle
voci...bè lo facciamo...andiamo a...anche noi un film....prenderci una
birra....senti....ridateci....ok...i soldi....ti chiamo io....ci vediamo
dopo....è un film tiepido. Esattamente, tiepido come la vita, incompiuta
sintesi di gioie e dolori.
Davide Catallo
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