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BAZOOKO CIRCUS: L’ULTIMA ALLUCINAZIONE DEL DOTTOR THOMPSON |
È successo a Woody Creek nei pressi di Aspen, Colorado: il 21 febbraio, all’età di 67 anni, il caro dottor Hunter S. Thompson ha scelto di congedarsi a modo suo. Un colpo di arma da fuoco alla testa, a conclusione di un’esistenza straordinaria, da leggenda suonata, fuori dalle regole del gregge, affiorata nei tardi anni ’60 a corollario di un’adolescenza altrettanto selvaggia. Hunter, lo sceriffo mancato che ispirò a Gary Trudeau, il papà della strip Doonesbury, l’indimenticabile personaggio dello zio Duke e insegnò a Johnny Depp a tirare alle bottiglie piene di benzina. Apprendo la triste notizia dalla newsletter de I Miserabili: Giuseppe Genna scrive che H.S.T. era un mito, io penso che tutti i miei eroi, da William Burroughs ai Sex Pistols, da Miles Davis ad Abel Ferrara (passando per Larry Flint) sono casi difficili che hanno messo a dura prova se stessi e il mondo. La carne e l’anima per l’urgenza di comunicare, prima ancora che per dare spettacolo. In questo Gotha personale ho sempre riservato una poltrona per l’inventore del Gonzo Journalism, mix folle di materiale narrativo e inchiesta giornalistica alla base dei famosi reportages su Nixon, gli Hell's Angels, i neon di Las Vegas, la tradizionale corsa di cavalli a Louisville. Nel gonzo non ci sono regole che tengano: si procede a ruota libera, in una mimesi scrittoria degli eccessi, delle impressioni registrate dalla mente e dal corpo. Il gonzo è l’autentica cronaca ‘in diretta’ di un evento, una registrazione senza fronzoli, sporca come le pagine del Satyricon di Petronio giunte fino a noi (o forse come quelle che non siamo riusciti a leggere), come i nastri che produssero Funhouse degli Stooges. L’effetto è spiazzante, provocatorio, capace di mandare in corto circuito i comuni fruitori che con esso vengono a contatto: se riesci a sgraffignare un anticipo di 300 dollari e un’automobile rossa fiammante, se hai un avvocato samoano e un sacco di droghe a bordo e pensi che “When the going gets weird, the weird turn pro”, tutto andrà bene. Hunter S. Thompson era nato nel Kentucky, il 18 luglio del 1939. La S. stava per Stockton e i suoi genitori erano un assicuratore e una libraia. Durante gli anni della scuola lesse tonnellate di saggi e romanzi, fece parte della Athenaeum Literary Association di Louisville, ma atti vandalici, lingua mai tenuta a freno e ubriachezza lo portarono ben presto a conoscere il carcere. I casini gli impedirono di laurearsi. L’attitudine al randagismo molesto lo consegnò alla divisa dell’aviazione militare in Texas e poi in Florida: scrisse di sport sotto pseudonimo per alcuni giornali interni alle basi di San Antonio e Pensacola fino a quando l’Air Force non decise di scaricarlo. Genna osserva: “Ehi: quest'uomo aveva stile.” Vero anche questo. Una frase come “La verità assoluta è un prodotto molto raro e pericoloso nel contesto di giornalismo professionale” non la scrive un comprimario, un uomo dal profilo basso, un galoppino dell’industria dell’informazione. La butta lì a bruciapelo H.S.T., cane sciolto e idrofobo con il vizio di rimestare nella spazzatura bianca. Sesso, politica, sport, muzak, antropologia dell’uomo schizoide nell’età del collasso. Palpitazioni, vertigini, nausea: chiunque abbia letto le pagine di Paura e disgusto a Las Vegas o anche solo visto l’esemplare riduzione cinematografica firmata da Terry Gilliam nel 1998 starà invocando in questo momento un ritorno in libreria di Hells Angels (Shake), di Meglio del sesso (Bompiani) e la pronta traduzione dei Gonzo papers, di Silk Road: Thirty-three Years in the Passing Lane e The Rum Diary: The Long Lost Novel (a proposito: che fine avrà fatto il progetto di un film con Benicio Del Toro?), poi di Hunter, la biografia firmata da E. Jean Carroll. H.S.T. non c’è più ed io detesto scrivere necrologi, per cui mi fermo qui. “Call on God, but row away from the rocks.” ‘Fanculo.
(N.G.D’A.)
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