RAY BRADBURY: Constance contro tutti(Mondadori, pp. 209, € 13,40; traduzione di Giuseppe Lippi) |
Ha quasi 83 anni, l’autore di Cronache marziane e La fine del principio. Figura centrale della letteratura fantastica emersa nell’immediato dopoguerra, Raymond Douglas Bradbury, nato nel 1920 a Waukegan, Illinois, vanta una sterminata produzione all’interno della quale trovano posto il futuro autoritario di Fahrenheit 451, portato sullo schermo da Truffaut nel 1966 (ma si prepara un remake prodotto da Mel Gibson e diretto da Frank Darabont) ed il mondo fiabesco di Ahmed e le macchine dell’oblio. Ha scritto storie di fantascienza, gialle e ‘mainstream’ (L’Estate incantata), oltre a soggetti per la celebre serie televisiva Ai Confini della realtà e alla controversa sceneggiatura del Moby Dick di John Houston con Gregory Peck. Ha collezionato premi su premi, non ultimo, nel novembre 2000, il riconoscimento della National Book Foundation per l’importante contributo alla letteratura americana (giunto insieme a un infarto). Constance contro tutti, pubblicato da Mondadori, è un noir atipico per il registro surreale, i personaggi e le situazioni in esso contenute. Se in Morte a Venice (1986) Bradbury faceva rivivere sulla pagina la California della sua giovinezza, qui l’asse temporale-biografico è spostato in avanti, negli anni di uno scrittore (il Matto) che aspetta i ‘pompieri attizza-incendi’ e gli ‘uomini-libro’, ritrovandosi coinvolto per la terza volta (come ne La Follia è una bara di cristallo e La Morte è un affare solitario) in un pasticcio che ha al centro l’attrice Constance Rattigan. Bellezza disarmante e stranezze da diva, "Quarant’anni di trionfi e disastri racchiusi nel corpo di un leone marino", Constance irrompe nel romanzo in una notte "buia e tempestosa" di pioggia e lampi su Venice. Il Matto è seduto alla macchina da scrivere, tutto solo in un bungalow affacciato sull’oceano, quando lei bussa alla porta. Sono solo le prime due pagine del libro e Bradbury ha già preso in trappola il lettore usando il più convenzionale degli avvii: tempaccio da film horror, fatalona da sturbo in fuga da qualcuno/qualcosa, antieroe poco o nulla riluttante ad abbracciare la causa della perseguitata. Con la carica dinamitarda di un "bacio aspirante", il Matto c’è dentro fino al collo: l’attrice racconta di avere ricevuto ‘in dono’ due agendine fitte di nomi, due macabri Libri dei Morti (qualcuno è ancora vivo ma non per molto) e ora teme per la propria vita. Ma Constance è davvero una vittima? Per farcela, o almeno per avere una spalla con la quale dividere parte dei guai che lo aspettano, il Matto chiede aiuto a Crumley, burbero poliziotto perennemente assetato di birra (preferibilmente in doppia confezione da sei). È così che ha inizio il tour bradburiano nei gironi infernali della Fabbrica dei Sogni: poco splendore e tanti scheletri nell’armadio delle stelle di celluloide di una volta come in una versione romanzata del famoso Hollywood Babilonia di Kenneth Anger (ma viene facile pensare anche a Il Grande sonno di Chandler o ai corrosivi quadretti di Gore Vidal e Norman Mailer, al James Ellroy dei Notturni Hollywoodiani). Tra le palme lussureggianti, la Mecca nasconde nomi caduti nella polvere, scandali dimenticati, miserie di ex sciupafemmine ridotti all’eremitaggio in una vecchia cabina di proiezione decorata con ritagli dalle riviste di cinema e fotografie di donne bellissime ("Le mie care fidanzate, all’epoca in cui ero un vulcano attivo", dice Clyde Rustler). È la Hollywood di Griffith, Lillian Gish, Tom Mix e Rudy Valentino ma, per usare le parole di Christopher Isherwood, dentro questa miniera d’oro "ciascuno per sé e il vincitore che si prende tutto". Capitoli brevissimi, citazioni a iosa (la dipartita di un prete rimanda a L’Esorcista di Friedkin, film molto amato dall’autore) e dialoghi da capogiro rendono Constance contro tutti il più godibile tra gli ultimi lavori dello scrittore, più del precedente Ritornati dalla polvere (uscito da noi nel 2002), romanzo su una bislacca famiglia di fenomeni da baraccone che aveva lasciato in molti l’impressione di un lavoro affascinante ma affrettato. Fedele al suo motto "Vivi e scrivi, senza perdere tempo", Bradbury è un vino invecchiato bene già al lavoro su una prossima raccolta di racconti. (V.L.) Sul web: www.raybradbury.com |
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