Remotti come Bukowski di Antonello Shioppa |
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The Last Night of the Earth Poems è la più ampia antologia di poesie bukowskiane: la Black Sparrow Press (casa editrice storicamente/esclusivamente bukowskiana) ne firma l’uscita nelle librerie americane nel 1992. Qualche mese dopo il settantaduenne Charles comincia a dover fare i conti con la leucemia, dopo essere riuscito a schiacciare col fondo della bottiglia la tubercolosi che lo colpì nel 1988. È così costretto ad abbandonare le amate corse dei cavalli, riduce più che può le dosi di vino tedesco al "Musso & Frank Grill" sull’Hollywood Boulevard, e comincia a trascorrere quasi tutto il tempo nel verde giardino della sua casa a San Pedro, godendosi il sole della California e l’amore dei suoi gatti. Ma non basta. Il 1994 se lo porta via: «Non è così che doveva andare […] Il becco si spalancò, la testa del Passero si avvicinò, una vampata gialla mi investì e mi avviluppò»: è la descrizione della morte del detective Nick Belane/Charles Bukowski: le "ultime" righe del suo "ultimo" romanzo: Pulp (1994). The Last Night of the Earth poems è dunque l’ultima raccolta poetica pubblicata in vita dallo scrittore. In Italia una prima sezione ne viene tradotta nove anni dopo: Si prega di allegare 10 dollari per ogni poesia inviata (Minimum Fax, Roma, 2001, traduzione di Christian Raimo). Ora la stessa casa editrice replica: Evita lo specchio e non guardare quando tiri la catena è la seconda ondata di poesie contenute nella raccolta, tradotte questa volta dalla giovane Tiziana Lo Porto. Per sottolineare l’occasione la libreria Bibli di Trastevere lancia alla lettura delle "earth poems" di zio Buck niente meno che Remo Remotti, l’outsider autore del super hit della capitale Mamma Roma addio, settantenne pittore/scrittore/attore (sverginato quasi per caso da Bellocchio e consacrato da Moretti: il vicino viveur in Bianca, il Sigmund Freud mammone in Sogni d’oro, e da qualche parte è apparso anche in Palombella Rossa), il quale spadroneggia a piedi nudi sul pubblico della serata da vero performer di scuola bukowskiana, alternando ai versi coloriti del maestro Charles riflessioni e provocazioni di autentica marca remottiana: lui che è stato tre volte in manicomio (in Perù e nella «Grande Germania» dove si è spogliato nudo tra la folla), lui che è diventato attore a 50 anni, ha fatto una figlia a 64 e ha vissuto la più intensa storia d’amore sui settanta (così almeno dichiara), lui che è stato povero tutta la vita e adesso l’ha messa «nel culo a tutti», lui non poteva che esordire gidando: "A Bucoschi, sei dè nostri!". L’ago della serata, per tutta la serata, oscilla continuamente tra il personaggio Remotti e il personaggio Bukowski, fino a che non è più molto chiaro a chi si applaude, se ai cazzi di Charles o ai cazzi inseriti dalle letture di Remo («aò, so aggiunte d’artista!»). Ma se i cazzi son quelli che trascinano la folla, le malinconie e le sinceramente semplici riflessioni del vecchio Buk sono quelle che lasciano il segno: questi sono pensieri e poesie scaraventati al mondo con il suo nuovo/primo computer, dopo anni di lenta macchina da scrivere («con una macchina da scrivere è come caminare nel fango. Con un computer si pattina sul ghiaccio»). Con l’Apple Mac regalatogli dalla moglie e dalla figlia, infatti, lo scrittore moltiplica la sua produzione, fermando sulla carta e sulla storia migliaia di nuove parole (più dolci e tenere rispetto agli anni duri, violenti e disperatamente sarcastici del passato). Raggiungere la vera felicità da vecchi non è cosa da tutti: soldi e amore spesso non arrivano mai, e se arrivano non è certo cosa da settantenni. A lui invece è andata e così, conquistandosela con i denti: ovvero con l’alcool/le donne splendide e orribili/le corse all’ippodromo/la solitudine/la musica classica come essenziale compagnia alla scrittura/ un lavoro più che decennale alle poste di Los Angeles con cui si è assicurato dei risparmi ben calcolati ed una stanza in affitto sicura dove potersi separare dal mondo: a differenza dei beat, Charles non ha mai avuto intenzione di vivere per la strada. Alla strada Charles preferiva le padrone di casa, le lenzuola del letto, il suo frigo e le tendine con le quali oscurava il paesaggio di Hollywood quando non ne poteva più. « Oh, quelle mattine buie/in quei letti […] mentre aspettavo/una risposta/sui miei manoscritti mandati a New York/ e al mondo/i miei manoscritti mandati a quelle persone istruite/intelligenti/snob/tutte imparentate/formali/sempre a loro agio fra loro/lì fuori/se la prendevano comoda prima di dire: no».
Pensieri da vecchio combattente, pensieri di morte, pensieri di felice serenità. Sicuramente non il meglio, ma si tratta pur sempre del buon vecchio ed autentico Charles: «Al telefono mi chiedono : hai mai conosciuto Kerouac? / Ora mi faccio sorpassare in autostrada / sono quindici anni che non faccio a pugni / devo alzarmi per pisciare tre volte a notte / e quando per strada incontro una donna arrapante / vedo solo guai. / Sono / finito, tornato al via, / bevo da solo e ascolto musica / classica / La morte sta per lo più nell’essere pronti / la tigre attraversa i miei sogni / mi è appena esplosa la sigaretta in bocca / mi continuano ad accadere cose strane / No, non ho mai conosciuto Kerouac / e così, vedi: / la mia vita non è stata / poi / così / inutile». Remotti legge Bukowski in libreria |