TOMMASO LABRANCA: NEOPROLETARIATO (Cooper & Castelvecchi, pp. 126, € 9,00) ( leggi l'intervista allo scrittore ) |
In una nazione di dormienti, i lettori di Tommaso Labranca sanno di avere motivi a sufficienza per restare svegli. Anche chi, ai tempi di Andy Warhol era un coatto ed Estasi del pecoreccio era incappato nell’equivoco del saltimbanco in veste di sociologo ha dovuto ricredersi o avrà occasione di farlo (non è mai troppo tardi) con Neoproletariato. Sottotitolo: La sconfitta del popolo e il trionfo dell’eleghanzia. Divertente? Diciamo di sì, per non indurvi nel grave errore di lasciarvelo scappare. Labranca è divertente quanto Swift, David Foster Wallace o Bret Easton Ellis, ogni volta che si conferma cronista mordace di una quotidianità psicotica e fine dispensatore di satira sociale. Assente dalle librerie da qualche anno, nel frattempo ha fatto altro, provando a forzare la difesa di una tv beota o aprendo il sito www.labranca.co.uk (“Lo curo da me. Non ho un webmaster e non voglio averne uno. La mattina, appena sveglio, se mi viene un’idea la scrivo e la pubblico subito”). Questo libro parla di una mutazione e dei suoi effetti tentacolari su un Paese messo alle corde da un processo di azzeramento culturale. Inconfutabile. Spietato nel mettere in fila, uno dopo l’altro, i danni probabilmente irreversibili di un pensiero mercificato/mercificante sull’individuo ultra socializzato. Con uno stile contaminato da inserti narrativi e un linguaggio del tutto privo dei tecnicismi propri del saggio sociologico, Labranca fotografa il funerale del popolo e la nascita del neoproletario, soggetto sociale che non vuole sporcarsi le mani in campagna o in fabbrica preferendo al lavoro dei padri un incarico nel basso terziario, il fitness ed i luoghi comuni su Arte e Bellezza alla libertà di riflessione. In tale limbo, il neoproletario vivacchia in attesa di realizzare il sogno di un passaggio televisivo, di essere traghettato in quella scatola magica (definita dall’autore ‘neopadrona’) che ha prodotto cocenti illusioni «con le sue promesse di dimagrimenti immediati, ricchezze immediate, felicità immediate» e che negli ultimi anni ha saputo perfezionare con successo l’idea dello spettacolo condotto dal vostro vicino di casa. Fitness. Fashion. Fiction. Eleghanzia, non intellighenzia. Intellettuale ipno-mediatico in sostituzione dell’ intellettuale gramsciano. Per Labranca «l'era del neoproletariato è sospesa tra due ignoranze. Agli "ignoranti di destra", ipnotizzati da vallette, calciatori e dall'aspirazione alla purezza della razza, risponde una massa di "ignoranti di sinistra", vuoti ripetitori di idee di antagonismo campagnolo prelevate dai libri, non letti, di Klein e di Bové.» Nel mondo globalizzato e multietnico, il neoproletario mangia sushi (anche quando gli rifilano il solito merluzzo surgelato), fa la spesa in un discount, frequenta le catene di pubs (finto) irlandesi sparse per tutto lo stivale e rappresenta di fatto la «nuova classe trasversale subentrata al proletariato di marxiana memoria» che cerca di cancellare la matrice proletaria. È un lavoro di lima che contempla tutti i sacrifici imposti dall’omologazione: rimuovere l’effigie fantozziana, confermarsi come un numero – niente altro che un numero - nelle indagini di mercato, aspirare ad un rapporto paritario con i vip catodici. Questo libro è divertente. È cattivo (l’opera più feroce di Labranca, sebbene l’autore dica di se stesso “in fondo sono un buono”). Nel suo porgere un insistente invito all’esame di coscienza, questo libro fa male al neoproletario che è in noi. (N.G.D’A.) |