JUAN ABREU: Garbageland (Mondadori, pp. 208, € 8,40; traduzione di Raul Schenardi) |
Garbageland è un’isola di 114.524 chilometri quadrati diventata un’immensa discarica dopo gli accordi stabiliti durante il Terzo Riordinamento Mondiale. Immondizia. Cruente battaglie nel sottosuolo. Vermi e topi ripugnanti. Tutte le piaghe dell’Apocalisse. Su quest’isola, c’è tutta la merda del mondo e pochi alberi, poco cibo. La fauna è più che altro costituita da specie alterate geneticamente, risultati di esperimenti compiuti in qualche laboratorio della Florida. Su Garbageland ci sono i poveri, i disperati, quelli che non ce l’hanno mai fatta a sfangarla in un modo o nell’altro e adesso sopravvivono come possono in un ambiente ostile, cercando riparo dai raggi di un sole altamente radioattivo e dalle battute di caccia grossa dei miliardari. «PADRE NOSTRO CHE VERRAI A MANHATTAN, SIA SANTIFICATO IL TUO REGNO, LIBERACI DAL PECCATO» Ecco come prega il ricco (categoria superconsumatori) mentre ingurgita la sua dose quotidiana di Coca-Cola utile ad accumulare punti premio. “L’avvento del Messia era imminente. I Network del Divertimento, conformandosi alle disposizioni del Congresso Teologico, esortavano a pregare per il suo prossimo arrivo a Manhattan. Tutti davano per scontato che se Dio alla fine avesse deciso di risuscitare, lo avrebbe fatto, ovviamente, nella capitale di Terra Ferma.” I ricchi somigliano spaventosamente ai miliardari che hanno sostenuto il loro candidato ideale George W. Bush durante l’ultima corsa alle elezioni. I ricchi godono con supergiocattoli virtualcarnali come Il Masturbatore, oppure stringendo in pugno le ultime meraviglie hi-tech prodotte dall’industria delle armi. Il Quarto Vertice per la Salvezza Mondiale ha decretato lo sterminio delle razze inferiori non consumatrici. Ci sono i Cancri Disney per questo, e i MicMaster “Rapidi, letali e invincibili. Più che umani: prodotti.” Il cielo dei quartieri alti è uno schermo costellato di immagini pubblicitarie (“Farsi pubblicità nel Cielo: un simbolo di potere”). Il diritto alla vita è controllato dalle Megacorporazioni e solo la minaccia di gruppi terroristici come quello di Orlan Twentyfive o delle Sorelle Immacolate della Santa Confraternita del Supremo Candore turba i sogni di chi ha progettato questo inferno prossimo venturo. Juan Abreu, scrittore e pittore autodidatta nato a L’Avana nel 1952 e attualmente residente a Barcellona, dice: “Non credo che i miei romanzi abbiano qualcosa a che fare con la fantascienza. Almeno non in senso classico: invasioni extraterrestri, esplorazioni spaziali, etc.” Garbageland, prima parte di una trilogia che include i successivi Orlán Veinicinco e El Masturbador, si svolge nell’anno 2500, mescola horror, visioni ballardiane e satira alla Swift (ma chi conosce Ranxerox di Tamburini e Liberatore riconoscerà molti ingredienti pescati anche dalle sue avventure), per parlare delle illusioni collettive del presente, di quella grande allucinazione di massa che è un mondo globalizzato all’estremo, soggiogato dalla spinta al consumismo sfrenato. C’è molta violenza in questo romanzo, bilanciata ora da situazioni da cartoon (o da videogame, come nei duelli urbani tra gli Alfieri e le Dame), ora da brevi attimi di tenerezza (il bacio tra Mia e Casatt, due adolescenti della discarica). Tutto è crudo, disperatamente molto più visionario rispetto alla prosa di William Gibson e Bruce Sterling, gli altri due riferimenti suggeriti dal risvolto di copertina (il terzo è Burroughs, ma dell’autore di Pasto nudo si trovano tracce stilistiche solo in alcuni passaggi). Il campionamento più riuscito è senza dubbio quello dalla vita e le opere della body-artist francese Orlan, performer tanto radicale da aver attirato in anni recenti l’attenzione di David Cronenberg per un film purtroppo finora rimasto nel cassetto. Come scrive Teresa Macrì nel suo saggio Il Corpo postorganico (Costa & Nolan, 1997): “La performance inventata da Orlan si pone in relazione con la biopolitica del corpo postmoderno, con la ricostituzione del sé, con la complessità delle differenze, con il cyberfemminismo, con la rifigurazione del corpo postumano, con la schizofrenia del potere mediatico esercitato sulla pelle femminile, con le strategie biotecnologiche di ricostruzione corporea.” Camuffato da opera (post)cyberpunk, Garbageland parla soprattutto di questo, ed è un romanzo che piacerà anzitutto a chi ha apprezzato il Ballard de La Mostra delle atrocità, Libera Baku ora di Riccardo Pedrini, poi un film del 1988 come Essi vivono di John Carpenter: visioni di un mondo terrificante che, aldilà di ogni superficiale apparenza, è già qui ed ora. Nino G. D’Attis |
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