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WU MING: 54  (Einaudi, pp. 674, € 15,00)

 

54 dei Wu MingA pochi mesi di distanza dall’uscita ‘solista’ di Riccardo Pedrini (aka Wu Ming 5) con il romanzo Havana Glam, l’officina di agitatori della scrittura Wu Ming esce nuovamente allo scoperto dando alle stampe nella collana Einaudi Stile Libero "un romanzo sulla dignità e sul parlare coi morti, tra guerra fredda, show biz ed economia politica dell'eroina." Annunciato da più di un anno nel corso di un’intervista rilasciata ad Antonio Caronia sulle pagine della rivista Pulp (n. 29, gennaio-febbraio 2001) e con qualche mistero già svelato in fase di lavorazione ai visitatori del sito ufficiale www.wumingfoundation.com ("rendere disponibili ai lettori capitoli di libri che forse usciranno tra anni non turba in alcun modo la nostra "concentrazione", anzi, il feedback ci esalta"), 54 è anzitutto un picaresco intrigo internazionale che vanta tra gli altri personaggi la partecipazione straordinaria di un Cary Grant ritiratosi dalle scene (ma c’è anche Frances Farmer, l’attrice prediletta da Kurt Cobain), quindi un’operazione squisitamente avant pop che risponde al desiderio di attuare in Italia una robusta controffensiva alla letteratura minimal-confessionale scongiurando altresì il pericolo di consegnare alla storia della nostra letteratura contemporanea Roberto Cotroneo e Paola Capriolo. L’arma è quella della contaminazione di stili e regole di tutti quei generi storicamente considerati ‘minori’ nella grande famiglia del romanzo: raccontare il presente superando con un processo di modificazione genetica i limiti di una narrativa piattamente mainstream. Anche in 54, Wu Ming chiede al lettore di calarsi naturalmente in un calderone fitto di luoghi, personaggi, situazioni eterogenei. Proprio per il piacere di leggere un’avventura straordinaria fatta di spostamenti spazio-temporali repentini (dal fronte jugoslavo nella primavera del 1943 si passa a Trieste, nell’autunno di dieci anni dopo e di lì, letteralmente, ‘intorno al mondo’), protagonisti indimenticabili alle prese con trame segrete, affari sporchi, giochi doppi e tripli in piena guerra fredda ("Gli stolti chiamavano «pace» il semplice allontanarsi del fronte"), pervasa a tratti da un tono più ‘leggero’ rispetto ai lavori precedenti, a cominciare dalle irresistibili sparate di don Luciano sulla differenza tra le fimmine americane e le donne italiane: "Il fatto è che il livello di una società si misura dalle fimmine. È per questo che io vendo elettrodomestici. (...)" Ancora una volta, Wu Ming mantiene fede ad uno dei suoi dogmi più importanti: "Ciò che conta, è mettere anni-luce tra noi e la narrativa borghese: vero   protagonista della storia non è il Grande Personaggio né l' Individuo-monade, bensì l'anonima folla dei comprimari e, dietro di essi  o per loro tramite, l'anonima e brulicante moltitudine di eventi, destini, movimenti, vicissitudini."

 

(S. B.)