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FURA DELS BAUS: XXX visita la gallery |
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“La pornografia dice: c’è un sesso buono da qualche parte, dal momento che io ne sono la caricatura.” (Jean Baudrillard, Della seduzione)
“Ogni uomo nasconde in cuor suo un porco che sonnecchia.” (Anonimo)
È di scena la carne. Tra suture, accoppiamenti, flussi di suoni e immagini, oggetti da sexy shop, (ultra)corpi che diventano materiale manipolabile, la Fura libera gesti e parole indirizzandoli verso il desiderio. Come per Fausto 5.0 (2001), unico film realizzato dal gruppo catalano insieme a Isidro Ortiz, “Un colpo alla morale ipocrita del XXI secolo” se “In un mondo virtualizzato anche nella sessualità, nessuno può restare indifferente ma occorre rientrare in contatto con la realtà carnale della vita e della morte”. Sade, dunque. La filosofia nel boudoir del nostro tempo di simulacri, mind uploading, living/breathing/talking Real Dolls progettate dai migliori robotic engineers sulla piazza o (decisamente più economiche) vagine delle più famose stelle del porno replicate in lattice. Madame e Dolmancé sono dell’ambiente ma a ben vedere le loro opere scellerate non sono più sordide di quelle di chi con ogni mezzo (anche un talk-show può andare bene) invade il nostro privato arrogandosi il diritto di dirci cosa sia giusto e cosa sbagliato. Giovanni sembra uno dei santi da pop cabaret ritratti da Pierre et Gilles: grottesco e malizioso, quello che gli esperti chiamerebbero “comportamento sessuale compulsivo” lo porta a saltare addosso all’allieva Eugēnie (aspirante attrice) con l’esuberanza di un divo in fregola. Seduce accelerando verso la resa mentre tesse una trama di pura, obliqua apparenza fatta di slanci, parole sussurrate, canzoni (Elvis = violación y abuso; Julio Iglesias = sometimiento y vampirismo, scrive Miki Espuma/Esperma nel booklet della colonna sonora firmata dal Gangbang Music Private Project). Si muove come se camminasse su un tappeto di nuvole, lo sguardo estatico ora rivolto al cielo (lo schermo/specchio, la superficie di assorbimento di Narciso), ora in basso, al ‘fedele compagno’ che pulsa, protesta, preme per uscire fuori dalla trappola di tessuto per saggiare la nuova preda. XXX, sólo para adultos. Hard prismatico per questi hard times privi di un vero e proprio azzardo nelle fantasie che convivono dentro (e con) ognuno di noi. Stereofonia di dettagli, campionario di amplessi, fruste, luoghi comuni del pensiero sessuale represso. Il corpo nudo si fa volto che guarda, macchina in azione che nel rammentarci l’appartenenza del caos alla sfera del perturbante, dell’irrappresentabile, ruba i nostri pensieri fino a farci sentire osceni. Neanche a dirlo, lo spettatore è un voyeur. Uno schifoso vigliacco in poltrona che, avendo pagato il biglietto, vuole vedere e non dire, non rivelare nulla di sé. Atteggiamento furtivo, fintamente distaccato se sa di essere ripreso e/o interrogato da chi, sulla scena, pensa, soffre, gode al suo posto. “La macchina da presa è l’occhio di un avvoltoio in cerca di preda”, per dirla con William Burroughs. Sullo schermo, facce comuni sostituiscono l’orgia visiva ad alta definizione di organi sessuali, liquidi organici, pubblicità di siti internet che offrono piacere virtuale a pagamento (S/M, anal, oral, omo, bondage, feticismo, scegliete a seconda del vostro stile, delle vostre attitudini). Segno autenticamente estremo dei tempi: di fronte alla nostra immagine, siamo porno. “Signora, vuole gentilmente salire sul palco?” “Non ci penso neanche.” “La prego.” “No.” “Vuole raccontarci le sue fantasie sessuali?” “...” Sudore, rossore, istinti repressi: cointerpreti di cosa? Disinnescare i meccanismi di controllo restituendo all’arte il valore di corpo del reato. Se un mundo mejor es posible, la Fura è necessaria. Come necessario è stato il lavoro rivoltoso/radicale di Pier Paolo Pasolini e Carmelo Bene.
Nino G. D’Attis |
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