“La
musica proveniente dal tossicomane serve a far sì che tu diventi per lui un
mezzo per procurarsi altra droga, quale che sia il tuo modo per essergli
d'aiuto. Lui, una macchina, trasformerà te nella sua macchina."
(Philip K. Dick, Un
oscuro scrutare, Fanucci, 1998)
Cominciato
nell’aprile del 1973 e uscito in America nel 1977, A Scanner darkly
appartiene al nucleo ristretto dei lavori che Dick avrebbe volentieri
salvato da un ipotetico incendio. Lo scrittore era particolarmente fiero di
quest’ opera che certo si connotava come un passo sperimentale sul piano
linguistico, ma anche come lo sforzo creativo che più di ogni altro era
riuscito a proiettare sulla pagina un pezzo importante e doloroso della sua
stessa vita. La nota autografa posta in coda al romanzo sottolinea
l’estraneità di A Scanner darkly alla
produzione puramente SF di Philip K. Dick, mettendo l’accento sugli elementi
reali che portarono alla sua stesura, nei primi anni Settanta, a ridosso
delle esperienze di tossicomane dell’autore. La nota contiene un elenco di
nomi (Gaylene, Ray, Francy, Kathy, Jim, Val, Nancy...) che non sono di
fantasia ma appartengono alla vita vera, agli amici di Phil morti o
seriamente danneggiati dalla droga:
“In memoriam.
Questi sono stati i miei compagni; non ce ne sono di migliori. Restano nella
mia memoria e il nemico non sarà mai perdonato. Il “nemico” è stato il loro
errore durante il gioco. Che possano tutti loro giocare ancora, in qualche
altro modo, e che siano felici.”
La
droga come gioco di bambini che cercano effetti molto speciali e finiscono
col farsi male sul serio. La droga assunta per un lungo periodo da Dick, poi
abbandonata, temuta e additata come uno strumento di controllo dallo
scrittore che pure, come altri, l’aveva clamorosamente scambiata per un
mezzo controllabile capace di rendere possibile un più chiaro
attraversamento dei limiti del reale. Pochi mesi prima di cominciare il
libro,
Dick scrisse una lettera al ministero della Giustizia, offrendosi di
collaborare alla lotta contro tutte le droghe illegali. Fumava ancora
qualche spinello, prendeva dei tranquillanti ma aveva mollato la roba
pesante dopo una brutta storia di debiti contratti con gente poco
raccomandabile (finita con una temporanea fuga in Canada) e pensava di poter
fare molto per aiutare i giovani ad evitare le trappole nelle quali era
caduta la sua generazione.
Ambientato in California, nella contea di Orange (l’azione si svolge nel
1994), A Scanner darkly è la storia di Bob
Arctor, agente della narcotici di Los Angeles che, infiltratosi tra i
tossici alla ricerca della misteriosa e devastante sostanza M (come Morte:
capolinea dell’attività cerebrale), diventa a sua volta drogato. È il
resoconto di un’identità perduta (credendo di recitare una parte, Bob Arctor
si trasforma di fatto nel junkie Fred), scivolata nell’abisso della
dipendenza nell’atto di cercare la verità e, nello stesso tempo, uno sguardo
a quel futuro non troppo distante che tuttavia Dick non farà in tempo a
vedere. Gli anni Novanta in cui si muovono i personaggi sono quelli durante
i quali i sogni di liberazione dei Sessanta (flower-power, cultura
psichedelica) diventano niente altro che revival, scenografia di cartapesta,
puro addobbo per un sistema sociale che si alimenta di contraddizioni (le
droghe sono proibite, la legge persegue lo spaccio ed il consumo di droga ma
a ben guardare, l’illecito rende bene e un mondo senza tossici è
impensabile). Fred/Bob Arctor si muove, pensa, agisce in una società che
trova i suoi punti di forza nelle ossessioni e nella paranoia. I ricchi
vivono in ville-bunker protette da sorveglianti che non esitano a premere il
grilletto contro qualsiasi intruso, mentre nei quartieri meno abbienti sono
relegate, in condizioni di assoluto degrado, le minoranze etniche, i tossici
e gli “improduttivi” (vecchi e malati). Un incubo che egli stesso ha
contribuito a tenere in piedi, in un sistematico processo di abbrutimento.
Fred crede di essere un poliziotto ma, guardandosi intorno, trova colleghi
che si comportano come tossicodipendenti e tossicodipendenti che fanno i
poliziotti. I ruoli si scambiano, si confondono, in un mondo vampirizzato
che anticipa le immagini limite de Il Cattivo tenente e The
Addiction di Abel Ferrara.
Se tutto è sporco, confuso, precipitato in una spirale illusoria, allora
chiunque cerchi una via d’uscita sa di andare incontro a ‘un oscuro
scrutarè, come dice San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Sottoposto
dai suoi superiori ad un test di controllo, Arctor rivelerà una soglia di
autocoscienza ridotta al lumicino: il poliziotto leale e coraggioso non c’è
più, sostituito dalla larva Fred.
Battendo freneticamente a macchina il manoscritto
e concedendosi un’ora di
riposo per notte pur di “trasformare quei giorni terribili in qualcosa di
meritevole”, Dick modellò il personaggio di Jerry Fabin, il tossico che
nelle prime pagine si presenta al lettore in atteggiamento fortemente
paranoide (è ossessionato dagli afidi), su Daniel, suo coinquilino a Santa
Venetia. Donna Hawthorne, poliziotta e amante di Fred/Actor, ricorda da
vicino la misteriosa giovane dai capelli neri dalla quale Dick era molto
attratto e che frequentò la casa dello scrittore dalla fine del 1970,
proprio in uno dei periodi più caotici di Dick (tra droghe, cattive
compagnie, crolli nervosi, difficoltà finanziarie, ricerca di una nuova
figura femminile). A Scanner darkly appartiene di diritto alla fase
matura di Philip K. Dick, al momento in cui la nebulosa di una vita intera
riappare in forma diversa e viene esaminata con l’urgenza di coniugare più
che in passato le riflessioni sul sociale partendo dall’esperienza privata,
da un vissuto trasferito sulla pagina usando al minimo gli artifici della
science-fiction. Il messaggio è: questo è il nostro mondo, visto da molto
vicino. |