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Tu mi conosci ma io non conosco te.
Tu sei come un' ape che vola in giro a succhiare il miele e quando ti dice bene me lo porti a casa.
Io sono come un pappone, tu mi porti il codice grezzo, io lo spunto.
Come un Sikh, ho un coltello in tasca e sono pronto ad usarlo, se serve ma il mio mestiere non è migliore del tuo, te lo posso assicurare.
Ci sono cose che dobbiamo sintetizzare da soli, nella mente e impegnarsi a non assumere da fuori, artificialmente.
Altre che occorre cercarle sotto gli alberi giusti, per legge naturale dalla notte dei tempi e sono quelle che non troveremo mai in noi stessi.
La libertà in questi giorni ha preso un cazzotto in un occhio, come mostra un'ignota ragazza sul suo blog, e la cosa mi è sembrata avere un senso particolare, misterioso.
Questione personale o sociale che fosse, si tratta comunque di... |
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Può darsi che come quell' animalino che le rende bene paragone si sia imbattuto nel vetro di una finestra, abbia colpito all'improvviso quella superficie ignara che nuove barriere, invisibili, spesso ci precludano di volare dove desideriamo, liberi nell'aria del vago errare naturale.
Il mondo che costruiamo ci conforta ma come in molte riflessioni esso diventa prigione inaspettata, camera ardente da cui fuggire: autocostruito è autocostretto, si finisce per scavalcare un muro e siamo di nuovo per strada, a controllare le nostre ragazze.
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A Roma c'è stata la mostra di Munch. Tralasciando i commenti più feroci sulla gigioneria pseudo-culturale dell'amministrazione romana che in fondo è mal sopportabile quanto l'ignoranza di chi gli siede di fronte in parlamento, c'è secondo me un'osservazione importante da fare:
"L'arte sopravvive sull'incomprensione"
Perché i Wu Ming inscenano una terrificante, ridicola bestialità nel monologo del "tarello" in "New Thing"?
Quando abbiate compreso a fondo il messaggio di un autore, l'interesse per il suo lavoro cala vorticosamente fino alla noia più totale.
Gli Eleusina dell'arte, disvelati, portano all'emersione della semplice natura delle cose, che l'uomo rifiuta costantemente per anelito superiore.
C'è qualcosa di inaspettatamente banale, di gretto nel pensare artistico che proprio non ci aspettavamo, che ci delude ogni volta. Dalle attività di tutti giorni ci attendiamo qualcosa di speciale che non arriva e nella ricreazione artistica, sfogo a questa frustrazione, vogliamo in effetti abbandonarci ad essa in un lamento seriale, in quadro e classificato esattamente come il nostro lavoro.
Il messaggio dell'arte, quindi, sarà spesso:
"Non c'è scampo alla vita, anche se la vita è fuga essa stessa" poiché l'arte non può usare che il codice dell'uomo e di esso è prigioniera in un mandala di fatiche, emozioni o distrazioni continue fino al disgusto e poi al rinnovo della propria alimentazione intellettuale.
Non mi resta perciò che augurarvi buoni sogni, di averne belli e numerosi nel mese del dolce dormire, di consigliarvi di evitare mostre, happenings e certami letterari se ancora ve ne fossero e di frequentare solo i nostri deformanti specchi,
Andrea Capanna
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