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Ascensore per le stelle Il Cairo, novembre 2003 |
capita spesso, al cairo, di vivere in altri tempi. catapultati in altre dimensioni. oltre alla metafisica, l'economia e la politica, sono innanzitutto i luoghi che creano la dimensione. il posto fisico dove si cammina influenza direttamente lo stato mentale di chi lo vive. È per questo che fare l'architetto è un mestiere meraviglioso. lo spazio percorso ti rafforza o contorce il senso di identità, fa sovvenire alla mente movimenti ancestrali, film, suoni, musiche. qualche volta ti può addirittura fare ricordare che suono aveva la tua risata quando eri alto meno di 50 cm. al cairo capita spesso di piombare negli anni 70. chi li ha vissuti in europa, lo dice anche dell'economia. i più acuti, notano gli stati d'animo della povertà. chi è nato o ha vissuto nel sud italia, fa riferimento al calore della gente, e il fruttivendolo, il lattaio la città che è nota come il cairo, è divisa in due dal larghissimo nilo. sul lato est, in espansione verso nord (fino a suez), cè il governorato de il cairo; a ovest del fiume, rivolto al deserto della libia, quello di giza (o ghiza, in italiano), dove sono le piramidi, per l'appunto. È impossibile definire il centro di una città di 16 milioni di residenti e circa 6 di pendolari. a meno che il centro non sia il nilo, che la percorre in tutta la sua lunghezza. per questo per il cairo si intende anche giza, i quartieri di mohandessin (letteralmente, gli ingegneri), di doqi, imbaba. chi non è del cairo, quando entra nel tassì e deve andare, tipo nella zona dell'università, dice il nome del quartiere (se al tassinaro gira bene. perché i turisti in linea di massima dicono invece il nome del vicolo - ): mohandessin, per esempio. il tassinaro dice o pensa: ok, giza. poi: giza dove), lo zoo, l'università, la stazione della piazza della sfinge, etc.? giza è una città, appunto. che non divide con il cairo neanche una sponda del fiume che le separa. ma è allo stesso tempo un pezzo imprescindibile del cairo, come un'enorme trastevere per roma. giza sono i primi anni 70. anche qui al cairo, per intenderci, il vero supermegaboom edilizio è scoppiato negli anni 60. più, meno. soprattutto sul lato di giza, dove, racconta la generazione nata a fine anni 50, non cera nulla, mentre loro crescevano. campi coltivati, insomma. non granché di altro. soli 40 anni dopo è un centro di traffico, rumori, gente, business, soldi, povertà e contraddizioni che manhattan, al confronto, trasmette la pace di una casa in campagna. raccontare perché o come questo sia accaduto, o che confusione tutto ciò abbia determinato, negli animi di milioni di persone, esula da questa favola. ma certo forma lo spazio che si riempie. pare che i palazzi di ghiza siano saltati fuori come funghi. così capita di entrare spesso in palazzi con vetrate basse e infissi d'alluminio. finestre ad angolo, cosicché da vetro su vetro solo appena intramezzato dall'inevitabile alluminio del 73 appaia una visione bifocale dei tetti del cairo, pieni di satelliti e spazzatura. balconcini riadattati a salotti che di condono non hanno mai sognato. soffitti non troppo alti. androni vasti, sempre qualche scalino. scene di film visti e mai vissuti. c'è sempre qualche ascensore che non funziona. il palazzo di ieri sera ne aveva ben tre. il mio amico mi ha spiegato che funzionano a giornate. il destro, il sinistro o quello di mezzo. a seconda. sembrava parlassero quegli ascensori, vestiti in arancione spiccato e tipicamente sessantottino. e dai vai tu, oggi. e no che non mi va di scendere. aò! a chi tocca? yalla yalla. nessun ascensore, in nessun palazzo di qualsiasi epoca, ha la porta, al cairo. chissà che fine fanno le porte degli ascensori, in egitto? ne sono arrivati tutti sprovvisti o ci sono delle oasi piene di porte, dietro i crateri di gesso del deserto bianco? non solo manca il portellone unico a quelli anni 70. le porte interne mancano anche agli ascensori più anziani, quelli con le porticine di legno che si baciano, che in italia se non si baciano perfettamente con lo scrocco della grata di ferro, l'ascensore proprio non accenna a decollare. gli ascensori egiziani, pur vecchiotti, funzionano anche senza porte. e ove ci sono anche senza chiuderle. funzionano anche senza che le porticine si bacino, in quei casi in cui manca l'altra metà (la migliore?). ma porte o senza, tutti gli ascensori, al cairo, schizzano su o giù come razzi appena si sfiora il numero del piano. come quell'ascensore di roma* che un giorno impazzì, si stufò e salpò per le stelle. il cameriere del bar che era dentro con il vassoio dei caffè caldi ebbe una bella avventura, quel pomeriggio, in giro per lo spazio. l'assenza di porte concede al viaggiatore d'ascensore cairota, di ammirare lo scorrere veloce del retro della porta esterna della sua astronave. (quella che apriamo al pianerottolo, da fuori, per entrare) i colori acidi dipinti sull'alluminio, verde, ocra, intermezzano il muro. e sul muro che scorre veloce, ci sono strani graffiti, incisi con un pennellone e una vertice che colava gocce dispettose: così finiva pure che qualche numero si rovinava. ma chi l'ha dipinti, quei numeri dei piani? e perché? soprattutto: come? quando il palazzo era ancora in costruzione? prima che ci infilassero l'ascensore senza porta? magari calandosi con una corda nella tromba il ritmo del viaggio è dettato dall'intercapedine infrapiano, e varia da palazzo a palazzo. o dalla colonna sonora che stai canticchiando a mente?
(CL)
* ascensore per le stelle è una favola di gianni rodari, pubblicata in favole al telefono, einaudi, 1962 ripubblicato nell'ottobre 1999 da einaudi ragazzi.
** la prima finestra ad angolo pieno, cioè solo vetro senza altro sostegno, è stata realizzata da Frank Lloyd Wright casa di Ennis Brown, a Hollywood. |
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