Scambio
di battute con "Number One" (secondo l'ordine dei cognomi di ciascun
componente del collettivo) a ridosso dell'uscita in libreria di New Thing
e del concerto in veste di MC degli Switters al club La Palma di Roma.
La genesi del libro, la musica di Coltrane, la collaborazione con il trio di
Gianni Gebbia: vualà l'anterviù à l'homme mascheré!!!
*****
Partiamo dalla dedica a Stokely Carmichael/Kwame Ture che
mi ha colpito in modo particolare. Un uomo che prima di andarsene scrisse:
"I have made many errors, but of one thing I am certain, my ability to
continue serving in the African and World Revolution is greatly attributed
to a number of contributions that I have received from the masses of African
and other Oppressed Peoples worldwide." Ne vuoi parlare?
Se indaghi la storia dei movimenti afroamericani, Stokely Carmichael lo
trovi in tutte le intersezioni tra diversi ambiti, protagonista di tutte le
fasi di "passaggio del testimone", al posto giusto nel momento giusto,
sempre mettendo al servizio della comunità le sue doti di oratore e di
organizzatore. È protagonista della fase dei diritti civili, come leader
della generazione più giovane. Le sue intuizioni permettono di superare in
avanti la dicotomia tra violenza e non-violenza. Sta con Martin Luther King
ma recepisce le suggestioni di Malcolm X. È uno dei militanti che lanciano
il simbolo della "pantera nera" (Bobby Seale e Huey P. Newton gli
chiederanno il "permesso" di fondare il BPP e usare lo stesso simbolo!).
Guida la transizione del movimento dalla fase dei diritti civili a quella
del Potere Nero, anzi, è l'uomo che lancia e spiega lo slogan "Black Power". È il protagonista dell'internazionalizzazione del movimento, il suo tour
mondiale del '67 mette in collegamento le rivoluzioni coloniali africane con
le lotte degli africani della Diaspora. Entra nel BPP ma lo lascia in tempo
per non soccombere alla paranoia e ai regolamenti di conti interni. Si
trasferisce in Guinea dove lavora col governo di Sekou Touré. In Italia lo
si conosce poco, gli fanno ombra Malcolm e MLK, ma è lui il leader nero a
essersi spinto più avanti di tutti. Rimeditare la sua storia, magari
ordinando su Amazon la sua colossale autobiografia, può davvero aiutare a
capire come funzionano i movimenti.
Che genere di prova è stata calarsi nella mente di un personaggio reale
come John Coltrane? Quali difficoltà hai incontrato nel cogliere i suoi
pensieri poco prima della morte?
Chiaramente, nessuno può saperlo, se quelli erano davvero i suoi pensieri.
Neanche Alice. Nemmeno Giucas Casella ("paragnosta figlio di paragnosa",
diceva Sabani) può entrare davvero nella testa di qualcuno, e coglierne i
pensieri. Ho ascoltato ossessivamente i suoi dischi e letto due volte la
biografia di Lewis Porter prima di mettere giù una riga. Dovevo rendere
l'intensa religiosità del personaggio, e anche il senso di beffa, della vita
precedente che torna a perseguitarti. La prima domanda che mi sono posto non
è "a cosa pensava?", ma "cosa faceva tutto il giorno?". Coltrane suonava e
basta, per lui esistevano quasi solo la musica e Dio, la prima era la via
verso il secondo. Si esercitava tutto il giorno, era la sua forma di
meditazione. Quando ti dicono che stai per morire, e sarà una morte
dolorosa, in che modo ti prepari a incontrare Dio? Io ho immaginato
riflettesse su tutto quel suonare, su tutto quel ricercare. Al centro dei
suoi pensieri c'è la tournée giapponese dell'anno prima. Da qui Nagasaki,
Hiroshima, e la riflessione sui diversi modi di morire.
Nel prologo di New Thing c'è un coro che si esercita su uno
spiritual. L'intero romanzo si sviluppa intorno ad una pluralità di voci che
si esprime su una serie di fatti veri e inventati. È stato come mixare
Sofocle con Ishmael Reed mantenendo uno dei marchi di fabbrica del
collettivo Wu Ming?
Certo l'idea del coro della tragedia greca mi si è affacciata alla mente, ma
qui il punto è un altro: la difficoltà di formare e tenere insieme un coro
in momenti di eccezionale difficoltà serve a raccontare la fatica delle
relazioni, la difficoltà della convivenza, lo sforzo richiesto a tutti noi
per mantenere un senso di comunità. Torna più volte l'immagine del "portare
la croce". Noi dobbiamo contrastare le spinte all'individualismo e
all'atomizzazione, allo spegnimento della fiammella dello stare insieme.
Questo dovere è la croce che dobbiamo portare.
Tra le comparse eccellenti di New Thing figura il critico musicale John
Vignola. Magari un purista del jazz si sarebbe aspettato Arrigo Polillo o
Franco Fayenz...
...o magari Gegè Telesforo. No, trovo che "John Vignola" sia un gran bel
nome, suona italo-americano ma anche ebreo. I nomi di città sono cognomi
tipici nelle comunità ebraiche italiane: Pesaro, Modena, Ravenna...
FBI, programma Cointelpro, la guerra paranoide contro ogni forma di
dissidenza. L'arrivo in libreria del tuo libro è stato preceduto dal caso
Indymedia. Che idea ti sei fatto della vicenda?
No comment.
Puoi raccontare la genesi della sottotrama dei lemuri telepatici? Nei credits accenni ad un gioco d'improvvisazione narrativa tra te e Wu Ming 5.
Difatti, la sua "mano" si sente. In realtà, quando ci vediamo, noi passiamo
gran parte del tempo a sparare cazzate, a inventare trame improbabili.
Ultimamente me n'è venuta in mente una per un film. Si svolgerebbe a Londra
tra i latitanti dell'ultradestra italiana, ex-terroristi neri che hanno
fatto i soldi con agenzie di viaggi, business immobiliare ed elargizioni dei
servizi segreti italiani e britannici, e che con quella pilla fondano un
partitino neofascista nella madrepatria. I protagonisti sarebbero due: uno
più "politico" e maneggione, virile e belloccio, leader naturale e mente di
tutta la faccenda; l'altro più intellettuale, con velleità artistiche,
compone canzoni folkeggianti in cui si lamenta delle botte che gli hanno
dato i comunisti etc.
Per interpretare il primo, vedo bene Christian De Sica. Per il secondo,
Massimo Boldi.
C'è poi il lavoro sulla lingua del romanzo, che immagino sia stato lungo e
anche questo difficile. Quanto ti ha aiutato l'esperienza di traduttore?
È stata decisiva, tradurre ti insegna a entrare e uscire dalla tua lingua
madre, a relativizzarne il funzionamento, a forzarne le regole senza
infrangerle... Ma non c'è solo questo. L'inglese, o meglio *gli inglesi*
sono la lingua e il suono naturale di questo libro, dato che si svolge negli
Usa, riguarda fatti quintessenzialmente americani, gran parte delle fonti
consultate erano in inglese. In pratica, New Thing è stato *pensato*
in inglese. Non mi sono spinto fino a scrivere la prima stesura in inglese,
come faceva Fenoglio (il quale, tra parentesi, è il mio scrittore
preferito), ma in alcune parti (soprattutto negli esempi di dozens e
signifyin') credo si capisca che ho voluto simulare la traduzione di un
originale inesistente.
Ho in mente una frase nel libro che dice: "Registrerò e suonerò il mondo, e
la musica che verrà dopo". Oggi Coltrane viene citato, campionato, omaggiato
da musicisti bianchi e neri (gli Outkast, Greg Dulli che ha appena inciso
una cover di A Love supreme con i suoi Twilight Singers). Cosa sopravvive
secondo te della lezione della New Thing nella musica che si produce ai
giorni nostri?
Il free jazz degli anni Sessanta si poneva il problema di come usare in
forma più libera e meno pedestre l'intero patrimonio della musica
afroamericana, sedimentatosi nel corso dei secoli: canti di lavoro,
spirituals, gospel, blues, jazz di New Orleans, fino al be-bop. Era un
tentativo di inarcarsi a intercettare il flusso di energia che collega il
passato al futuro. La sfida è ancora quella, e non riguarda solo la musica e
la cultura nera. È la sfida al centro di tutto l'agire culturale
contemporaneo. Rimanendo alla musica, la cultura del sampling ha cercato e
cerca di articolare una risposta specifica. Un'altra risposta è il recupero
di tutto lo spettro del folk americano, bianco e nero, con particolare
attenzione alle convergenze tra i due mondi anziché alle loro divergenze (si
pensi alla colonna sonora di O Brother, Where Art Thou? dei fratelli
Cohen).
Che genere di lettori stai scoprendo attraverso il Forum che hai aperto per
il romanzo? Ad occhio, direi che tra gli iscritti ci siano anche dei
giovanissimi che non sanno molto di Trane e del jazz libero e questa mi
sembra una piacevole sorpresa.
Direi proprio di sì. New Thing è un'operazione strana, che mette in
contatto persone molto diverse tra loro. Agli estremi opposti, ci sono
nostri lettori aficionados che però non frequentano quel tipo di musica, e
jazzofili impenitenti che però non hanno letto gli altri nostri libri. Se
anche un solo nostro lettore comincia ad ascoltare Ayler o gli Art Ensemble
of Chicago, e anche un solo jazzofilo legge Asce di guerra o Havana Glam,
per me è già un successo.
L'esibizione al club La Palma di Roma mi ha fatto scoprire il trio Switters
del sassofonista
Gianni Gebbia: caldi, assolutamente al di sopra dei soliti
noti nel panorama jazz italiano. Come vi siete conosciuti e come è venuta
fuori l'idea di portare live New Thing? È in programma anche un disco o
qualcosa da rintracciare su Soulseek?
Gli Switters sono uno dei diversi progetti animati da Gebbia, Vasi e Cusa.
Gebbia e Cusa, negli ultimi anni, hanno suonato insieme anche come Terra
Arsa (con la vocalist Miriam Palma) e come Trionacria (con Roy Paci alla
tromba, pre-Manu Chao e pre-Aretuska). Vasi suonava negli Ella Guru, e ho
perso il conto di tutti i progetti a cui partecipa (Impossibili, Gastronauti
etc.), oltre a essere il bassista della band di Vinicio Capossela. Li ho
conosciuti quando, al termine di un concerto del Trionacria a Bologna,
qualcuno mi ha indicato a un sudatissimo Cusa dicendogli: "Lui è uno di
quelli che ha scritto Q", libro che lui aveva appena letto. I
contatti sono proseguiti via e-mail, e ci siamo trovati a collaborare. Ho
anche scritto le liner notes del loro album in uscita, The Anabaptist
Loop, un disco tra free-funk e noise rock, in cui ogni traccia ha come
titolo il nome di un personaggio di Q o di 54: "Carafa", "Cary
Grant" etc.
Cos'è che non ti piace della dimensione live? Ti infastidisce
l'atteggiamento di chi magari paga un biglietto per vedere i Residents o i
Tre Allegri Ragazzi Morti ma non accetta l'idea di uno scrittore che sale
sul palco con un passamontagna sulla faccia?
Mi viene in mente una frase di Aldo Busi, che gli sentii dire in tv anni fa:
"Solo le mezze calzette mi vogliono come uomo pubblico". Nel suo caso, un
aforisma profondamente veridico. Nel mio, non so. La dimensione live mi
piace parecchio, comunque. Sul problema del passamontagna, rimando alla
discussione in corso sul forum di New Thing. Immagino sia un problema di
aspettative sbagliate generate dalla parola "reading". Nelle prossime date
diremo "Switters in concerto featuring Wu Ming 1", perchè io non sto sul
palco da scrittore-che-presenta-il-proprio-libro, ma da performer, vocalist,
MC, muezzin laico.
Chiudiamo con il vecchio giochino scemo dell'isola deserta: puoi portarti
dietro un solo disco di Coltrane, quale scegli?
Olé.
Grazie. |