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ULTIMATE FANTASTIC FOUR # 4: DESTINO |
È inutile negare che i primi tre numeri della serie, riletti a distanza di tempo e a mente fredda, non siano stati all’altezza delle aspettative. Promosso Kubert, tornato in grandissima forma. Ottimo il primo episodio, dilatato, onirico, carico di promesse. Notevole anche il modo in cui i futuri fantastici quattro sperimentano per la prima volta i loro poteri. Per il resto, emerge la sensazione fastidiosa di avere tra le mani un fumetto disimpegnato, indirizzato ad un pubblico pre adolescenziale con una struttura narrativa didascalica e prevedibile, vivacizzata a sprazzi dai dialoghi di Bendis. Questo quarto numero, con l’arrivo di Warren Ellis in cabina di regia, è di tutt’altro spessore. L’autore inglese sembra aver preso sul serio questo impegno introducendo nel mondo Ultimate quello che ormai viene definito l’ellisverso. Cosmologia, misticismo, filosofie trascendentali e scienze occulte sono i temi che Ellis porta avanti da anni con una coerenza quasi maniacale e che trovano in Planetary la loro massima espressione. Planetary è un viaggio psichedelico nell’animo umano, antropologia trascendentale che esplora i confini dell’universo, rivisitando miti, leggende e misteri per scardinare qualsiasi certezza sul sapere. Immaginate Martin Mystere scritto da Philip Dick o da Alan Moore dopo lezioni di alchimia. Non troverete tutto questo nella prima parte di Destino né probabilmente nei numeri successivi perché quello che la Marvel chiede ad autori come Warren Ellis è di rendere la propria arte divulgativa, facilmente assimilabile. Ciò non toglie che questi scrittori di talento riescano a far filtrare parte del loro mondo tra le maglie strette della censura della Casa delle idee. Ed è quello che accade in Ultimate Fantastic Four 4. Translazioni, sfasamenti spaziali, codici di sovrapposizione sono termini cui presto con Ellis ci dovremo abituare. Così come leggende e miti di confraternite guerriere, dinastie sanguinarie e minisocietà anarchiche. Se c’è un autore che si immedesima e parla attraverso i suoi personaggi, quello è Warren Ellis. Quello che Sue Storm dice a Reed Richards in laboratorio contiene gran parte del credo Ellissiano: Volevo esplorare l’universo ma non sono tagliata per la fisica. Cosi ho optato per lo spazio interiore. La biologia umana. L’universo dentro di noi. Pensavo che dopo un paio di numeri i Fantastici Quattro avrebbero indossato le loro tutine blu per cominciare a combattere supercriminali, invece li vediamo chiusi in laboratori vari a interrogarsi sulla propria identità, tormentati da dubbi, pronti a sperimentare e conoscere le potenzialità e i limiti della loro trasformazione. In più di cinquant’anni nessuno si era chiesto come facesse Reed ad allungarsi senza conseguenze per i suoi organi interni? Nessuno si era domandato alla Marvel come facesse a respirare la Cosa? Ellis risponde a queste domande con la sua filosofia del fantastico e ci illumina poi su teorie legate allo sfasamento spaziale; pagine uniche e preziose, perché per mezz’ora ci permettono di vedere e pensare il mondo in una nuova e stimolante prospettiva.
Jo Laudato |
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