La premessa non è delle
migliori, me ne rendo conto. Tutta, proprio TUTTA la roba più recente di Joe R. Lansdale, indirizzata ad un pubblico di ragazzini
o signore di mezza età (le stesse che vanno in deliquio per l’Ammaniti di
Io non ho paura) fa onestamente schifo. Dentro La Sottile linea scura,
Tramonto e polvere e Capitani oltraggiosi la ricetta non
cambia: calcolo, mestiere, buoni sentimenti, aria fritta venduta ai polli un
tanto al chilo. Neanche l’ombra dell’anima caustica che aveva arroventato le
pagine de La Notte del Drive-in o Fiamma fredda. Ve lo dice
uno che ha regalato pacchi di Lansdale ai suoi amici (i due titoli
succitati, più l’antologia Maneggiare con cura edita qualche anno fa
da Fanucci), quindi potete fidarvi.
Ho
dunque guardato con sospetto l’arrivo in libreria di questa raccolta di
racconti “interamente inedita in Italia”. Copertina ignobile, paroloni
sparati in quarta (“L’antologia definitiva”). Un altro bidone dello
scrittore texano?
Le
quasi tre paginette di introduzione non chiariscono più di tanto il senso
dell’operazione. L’autore scrive che da noi i suoi libri e la sua persona
sono stati accolti con affetto, che in Italia il cibo è davvero speciale e
bla-bla-bla-bla-bla...Ok, furbastro, Ok! Non vorrei darti del bollito così
su due piedi, perciò penso sia meglio tuffarsi nelle storie, tredici in
tutto.
Il Coniglio bianco
è
un’allucinazione ambientata al Cairo e ispirata dal classico Alice nel
paese delle meraviglie di Lewis Carroll: la storia, scritta nel 1981, è
quella di Wally Carpenter, archeologo insonne che si ritrova a vagare senza
meta nella Città dei Morti e incappa in una creatura tanto bizzarra quanto
minacciosa (il coniglio del titolo, alto un metro e ottanta e dotato di
favella). L’impianto regge, soprattutto nel crescendo iniziale, la fine (cazzo!)
risulta piuttosto prevedibile. Con La Notte di San Valentino la
qualità ha un’impennata niente male: Morley, classico esemplare di pezzo di
merda potente, crudele e mentalmente disturbato, sequestra l’amante della
moglie e ha intenzione di darlo in pasto ad un feroce dobermann. Tensione
alta, un po’ di splatter, finale scontato ma in fin dei conti accettabile. Il
Cane dei pompieri è una parentesi comica datata 2003: comincia e finisce
senza colpo ferire. È amore, ve lo dico io potrebbero averlo scritto
senza sforzo alcuno finanche Isabella Santacroce e Melissa P. (a quattro
mani, eh, mica da sole!), mentre Un lavoro come tanti
e Bob il
dinosauro va a Disneyland sono puri esercizi di stile in zona short
story.
Sto per scaraventare questa antologia fuori dalla finestra. Alzo la
tapparella, mi sento depresso, defraudato, incazzato nero. Poi qualcosa si
salva (in nome dei 13,80 € sborsati???). Carino Da mani bizzarre. Più
che discreto, quasi superlativo Fatti relativi al ritrovamento di un
paginone di nudo in un romanzo Harmony. Ecco il Lansdale dei lati oscuri
della provincia americana, il cantore dei reietti, lo scrittore che
conoscevamo e apprezzavamo una volta. Due racconti veri in un lotto di
stronzate: poco, molto poco, accidenti. Imperdonabile. Se questa rivista
avesse le pagelle, il voto sarebbe un cinque secco. A voler essere buoni, si
capisce.
(J.R.D.) |