Maledetta fretta. Se
l’editore non ti punta una pistola alla tempia, poco ci manca. E tu stai
traducendo l’ultima fatica letteraria di Douglas Coupland, quello di
Generazione X, Generazione
Shampoo e Microservi, per fermarci ai bestsellers che gli
hanno dato una fama mondiale. Stai traducendo pagine e pagine di un
romanzo fitto di termini tecnici, giochi di parole, riferimenti a più di
un ventennio di cultura pop e chissà che altro. L’editore ti pressa: sei
obbligato a saltare i pasti, il sonno, le sedute in bagno e compagnia
bella, perché i fans italiani di Coupland mordono il freno da quando
nello scorso giugno è uscita per Bloomsbury l’edizione americana.
Minuti preziosi.
Da pagina 11 a pagina
14 non c’è problema.
I brani che vanno
dalla 252 alla 267 sono una manna.
Idem per le pagine
280, 281, 282, 283 e per tutti gli spazi occupati da ideogrammi, frasi o
singole parole a caratteri cubitali, nomi dei programmatori di Adobe
Photoshop®.
Poi il libro viene
consegnato in tipografia (presso la Mondadori Printing S.P.A.,
Stabilimento N.S.M. di Cles, TN) e anche laggiù il tempo stringe:
refusi? Problemi di controllo grammaticale? In abbondanza, grazie.
Ad essere onesti,
nulla che possa rovinare catastroficamente l’esperienza di lettura.
JPod scorre senza grossi incidenti, cattura anche chi – è il caso
del sottoscritto – pensava di aver abbandonato per sempre lo scrittore
di Vancouver dopo il dittico La vita dopo Dio (1996) e
Memoria Polaroid (1997). Il motivo
è semplice, e per spiegarlo meglio ricorrerò a due fondamentali
riferimenti cinematografici: prendete il primo Clerks di Kevin
Smith, poi il semisconosciuto Il Grande Colpo di Che Kirk Wong
(con un Elliot Gould stratosferico). Metteteci dentro un pizzico di
feroce sarcasmo made in South Park,
più tutto quel che sapete o non sapete in materia di fast food, motori
di ricerca, aste su eBay,
chat, blog, forum, spam,
immagini jpeg, adware e spyware, spazzatura televisiva, bevande
frizzanti alla cola, flirt sul posto di lavoro, cartoni animati,
karaoke, decennio ’80, decennio ’90 e avrete una vaga idea del treno ad
alta velocità che sta arrivando nella vostra direzione.
L’universo di JPod
è quello alienato dei livelli bassi di una multinazionale di
videogames canadesi. A raccontarcelo in diretta è Ethan Jarlewski,
impiegato non proprio modello che, quando non è occupato a risolvere i
problemi della sua famiglia schizoide (madre che coltiva marijuana in
cantina, padre attempato con velleità di attore, fratello implicato in
oscuri traffici con l’Oriente) o ad escogitare nuovi giochi cretini per
evadere dalla routine lavorativa insieme ai suoi colleghi, tenta di
schiacciare un sonnellino sotto la scrivania usando come cuscino un
volume delle pagine gialle. Ethan dice:
“Cinque minuti di lavoro non svolto quotidiano
equivalgono a un giorno all’anno, quindi divertiti a erodere minuti a
ogni tua giornata – è come assumere una dose di vacanza a rilascio
graduale.”
E ancora, a proposito dell’inettitudine dei suoi capi (giovani, ottusi,
ignoranti e strapagati):
“La mia teoria sulle riunioni e sulla vita è questa: ci sono tre cose
che non puoi simulare e sono le erezioni, la competenza e la creatività.
È per questo che le riunioni sono così nocive, perché mettono persone
noncreative in una situazione in cui devono essere qualcosa che non
saranno mai.”
Ethan parla di Cowboy Cancro, Bree, John Doe, Mark, Kaitlin: i suoi
compagni di sventura intrappolati nell’alveare come dei cartoons
viventi. Descrive le loro non-vite, le loro ambizioni frustrate, le loro
(terrificanti) abitudini alimentari. Il popolo dei cubicoli, i nuovi
schiavi, i perdenti in cerca di riscatto. Persone che somigliano in
maniera impressionante ai vostri amici che lavorano in un call center.
Persone che probabilmente conducono la vostra stessa poco edificante
vita.
“È possibile che tu ti senta superiore a
quasi tutte le persone con cui lavori – è anche vero che probabilmente
loro si sentono superiori a te. Che mondo di merda.”
JPod
è un libro fuori di testa, con picchi gustosi che vanno
dall’invenzione di un personaggio indimenticabile come il giovane
gangster cinese Kam Fong alla comparsata di Coupland stesso a bordo di
un volo diretto a Shanghai, con tanto di incontro imbarazzante tra
autore e protagonista.
Grado di comicità:
100%. Se questo geniale romanzo alla soda caustica non dovesse
conquistarvi, i casi sono tre: 1) Lavorate ai piani alti di un’azienda e
non avete usato il cervello per arrivare fin lì. 2) Siete morti. 3)
Quando si parla di letture, il vostro top è la coppia Muccino Silvio /
Vangelista Carla.
Cercate la risposta su
Google, cliccando sull’opzione “Mi sento fortunato”.
Nino G. D’Attis
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