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MARCO ARCHETTI: Lola Motel

(Meridiano Zero, pp.174, € 10,00)

 

MARCO ARCHETTI: Lola Motel La nota biografica in quarta di copertina dice che l’autore di questo romanzo è nato a Brescia nel 1976, scrive sulla rivista Nuovi Argomenti e oltre ad aver condotto una vita randagia tra l’Italia e L’Avana, è miracolosamente sfuggito al pericolo di diventare nel ’96 una delle ‘nuove propostè del festival di Sanremo. Non male come biglietto da visita, tenuto conto che il ventisettenne Archetti ci consegna un esordio sulla lunga distanza talmente pieno di ritmo e (acre) ironia da renderlo la prima uscita letteraria caldamente consigliata del 2004.

"Aveva una fica bellissima.

La prima che avessi mai visto non chinato ad una serratura."

Lola Motel mette in scena la storia di Felipe, figlio magro e ramingo di Cuba con la fissa per le puttane e un padre che in casa non muove un muscolo, se ne sta in silenzio per tre o quattro giorni al mese cercando un modo per metabolizzare il suo passato politico. Pedrito il pazzo testardo e dissidente rovinato dalle idee, l’uomo che muore e risorge ogni volta sotto gli occhi della famiglia. Pedro Ramírez, fedifrago e nemico dello Stato nel racconto del suo primogenito che in strada incrocia uomini e donne sudici e affamati mentre cerca di racimolare due dollari buoni per pagarsi una scopata.

"Avevo bisogno che il vento si alzasse, che mi soffiasse via i pensieri, il nero del carbone, il sudiciume delle strade. Che facesse volar via qualcuno, qualcosa."

Gli odori: oceano, legno, asfalto caldo, varechina, tabacco, caffè, sangue e sesso stordiscono quanto i colori dei muri, dei tetti, dei vestiti. La lingua cruda del Malecón fornisce le parole adatte a un romanzo d’avventure amare, di ricordi infantili indelebili: "Gli schiaffi della mamma sapevano di salato. Mi bruciavano. Di salato e di calore. Un calore veloce. E poi come un contorno che friggeva sulla faccia." È una lingua-macchina da presa quella che fotografa i corpi di Cuba, li segue dentro strade, piazze, caseggiati fatiscenti per poi restituirli intatti al lettore attraverso una prosa che ammette pochi filtri, soprattutto quando gli squarci grotteschi si chiudono rapidamente per far posto a notizie di repressioni implacabili, alle voci dei mendicanti che affollano il libro o alle sentenze di zio Gerardito ("Se la passano bene solo le puttane e i delatori, di questi tempi").

È un bene che Marco Archetti non sia diventato un cantante confidenziale (alla Cammariere, poi?) e che abbia scelto di dedicarsi seriamente alla scrittura. Lola Motel ‘suona’ in maniera convincente non tanto come titolo (bruttino in verità, roba da collana ‘Pizzo Nero’) ma come romanzo che pur tra qualche debito nei confronti della scrittura e dei temi di Guillermo Cabrera Infante riesce nell’intento di catturare il lettore fino all’ultima riga. Fatto che, nell’Italia lasciatasi facilmente erotizzare da Melissa P. merita di essere salutato con un applauso d’incoraggiamento, mettendo magari da parte la storiellina Meridiano Zero del movimento degli ‘Intemperanti’ contrapposto a quello dei ‘Cannibali’ anni ’90 (etichette = stronzate, you know).

 

(N.G.D’A.)