RICHARD MATHESON: Incubo a seimila metri (Fanucci, pp. 308, € 14,00; traduzione di Maurizio Nati) |
L’anno 2003
sparava le ultime cartucce quando chi
Il lungo giro sulla giostra mathesoniana comincia a pagina 17, con la title-track che qualcuno ricorderà in forma di incubo a colori ai tempi della versione cinematografica di Twilight Zone (la regia era di George Miller) e che negli States è addirittura in testa alle preferenze dei fans della vecchia serie televisiva prodotta da Rod Serling. In Nightmare at 20.000 feet (questo il titolo originale), il signor Wilson prende un aereo, si accomoda in poltrona e non riesce proprio a starsene tranquillo perché odia volare, il cielo promette burrasca e fuori dal finestrino c’è un gremlin che ghigna e se ne sta aggrappato all’ala del DC-7. Non serve a niente chiamare la hostess. Allucinazione? Paranoia dura? Pazzia? L’unica cosa certa è che la storiella in questione rappresenta un esempio eccellente di approccio giusto all’arte del narrare, una lezione unica di ritmo, fantasia scatenata, montaggio sagace. Nozioni che magari passano al CEPU ma non alle scuole di scrittura creativa che ci ritroviamo in Italia. A darci il colpo di grazia è poi la particolare attenzione di Matheson nei riguardi di scenari comuni (sovente quelli della sonnacchiosa provincia americana) che si trasformano repentinamente in zone d’ombra: il vostro vicino di casa, il piazzista, il tizio che incontrate tutte le mattine sull’autobus. L’uomo della strada alle prese con qualcosa di inspiegabile. Come Ketchum, il disgraziato, paffuto automobilista che ne I figli di Noè si ritrova prigioniero di una piccola comunità sulla costa del Maine dedita al cannibalismo. Come Elva Keene, l’anziana perseguitata al telefono dalla Morte in Una voce da lontano. Come il Norman che in Primo anniversario ha qualche difficoltà a riconoscere nella moglie Adeline l’altra metà del cielo. E che dire del bellissimo Dai canali (la prima edizione italiana fu tradotta da Carlo Fruttero e Franco Lucentini), che ispirò a suo tempo Poltergeist di Tobe Hooper? E de La legione dei cospiratori? Dialoghi stringati, storie brevi di nervi in frantumi, di angosce che fanno sbandare la realtà e riportano a Poe, probabilmente l’unico grande maestro di Matheson, un nome altrettanto rivoluzionario per la carica di realismo iniettata nel tessuto narrativo.Sorprende a pagina 4 l’annuncio: "Di prossima pubblicazione Duel e altri racconti". Il pensiero corre a Marina. L’avranno comunicato anche a lei?
(N.G.D’A.) |
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