“Credo nella non-esistenza del passato,
nella morte del futuro, e nelle infinite possibilità del presente”
(James Graham Ballard, scrittore)
1970:
l’editore Doubleday, su consiglio dei propri avvocati, manda al macero
le copie fresche di stampa della prima edizione americana di Love and
Napalm: Export U.S.A. (titolo detestato dall’autore che gli ha sempre
preferito The Atrocity Exhibition). Il
problema è rappresentato dalla presenza nel libro di troppi nomi veri di
personaggi pubblici e dai titoli di alcuni capitoli: ‘Why I Want to Fuck
Ronald Reagan’ e ‘Plan for the Assassination of Jacqueline Kennedy’.
Due anni più tardi, il critico del New York Times Paul
Theroux, liquiderà il romanzo come “Orribile e anche a piccole dosi
insensato” accusando Ballard di offendere la pietà comune: “Ė un giocare con
l’orrore, un’elegante anatomia della violenza, piena di temi speciosi,
statistiche false, un’attrazione rivoltante per le star del cinema e per le
fantasie sessuali sulle grandi marche commerciali americane (...)”. La
grandezza (e l’attualità) di questo romanzo-saggio in cui il Surrealismo
bretoniano strizza l’occhio alla Pop Art attraverso uno stile narrativo che
rinuncia ad una linearità linguistica e temporale di tipo sequenziale, è
perfettamente riassunta in due frasi della breve prefazione di
William S. Burroughs: “La Mostra delle Atrocità è un libro intenso e
inquietante. Le radici non sessuali della sessualità qui sono esplorate con
una precisione chirurgica.”
Il protagonista è un uomo dalle molteplici identità (Travis, Talbot, Traven,
Tallis, Talbert, Travers) attratto da eventi mediatici in grado di
modificare lo spazio interiore degli esseri umani. Incidenti, attentati,
omicidi o suicidi di celebrità del bel mondo rappresentano per Travis uno
specchio delle sue più intime ossessioni, gli elementi di un nuovo paesaggio
spinale sospeso tra desiderio e allucinazione. Una pornografia dell’orrore
inoculata dalle immagini dei notiziari televisivi, dai titoli ad effetto di
quotidiani e riviste.
"Le immagini crudeli e violente che al mattino
suscitano la nostra pietà, lo stesso pomeriggio vengono stilizzate e usate
come simboli dai media."
Sesso
addizionato a paranoia: di questo parlano Crash
(altro cardine espressivo dello scrittore) e La Mostra delle Atrocità.
Il sesso del buon nevrotico civilizzato, dell’uomo moderno che vive nel
traffico urbano, ha smesso quasi del tutto di comunicare con gli altri, si
accompagna a corpi rimodellati chirurgicamente e pensa all’Apocalisse
prossima ventura sapendo che tutte le televisioni del mondo si daranno da
fare per trasmetterla in diretta. È interessante leggere, a pag. 36 del
libro, il resoconto della mostra (autentica) di auto disastrate che Ballard
organizzò a Londra nel 1969. Le reazioni che l'esposizione scatenò nel
pubblico ridimensionano notevolmente il quadro di 'normalità' dei favolosi
anni Sessanta.
Invano, i lettori di Ballard hanno atteso un seguito de La Mostra delle
Atrocità. Lo scrittore dichiara di aver rinunciato al progetto dopo
averlo accarezzato per molti anni: "(...) ormai la
nostra percezione della fama è cambiata. (...) Si è verificata una sorta di
banalizzazione della celebrità: oggi la fama che ci viene offerta è
istantanea, pronta per l'uso, e ha il potere nutritivo di una zuppa in
scatola."
Il materiale di prima mano non sarebbe certo mancato: l’assassinio di
Lennon; la morte tra le lamiere di LadyDiana; il suicidio di
Kurt Cobain; l’attacco all’America dell’11 settembre scorso. Tragedie
che abbiamo vissuto tutti come ulteriori tasselli di un mosaico dedicato
alla vera divinità del nostro tempo: la paranoia. Frammenti di una
riflessione sul postmoderno, su una modificazione del rapporto carne/mente
che accomuna il percorso artistico di J. G. Ballard a quello di
David Cronenberg per il cinema e di Andres
Serrano per la fotografia. Ballard si occupa delle alterazioni della psiche
(e, in tema di aneddotica, dopo aver letto il manoscritto di Crash, un
editor disse: “Quest’uomo ha urgente bisogno di assistenza psichiatrica”).
Etichettato
come autore di fantascienza, James Graham Ballard, inglese nato a Shanghai
nel 1930 (dal suo romanzo autobiografico L’ Impero del Sol e
Steven Spielberg trasse un film omonimo) è in
realtà un sociologo che usa un’immaginazione sfrenata per raccontare il
nostro tempo. Non ci sono astronavi nei suoi libri. Non si viaggia su altri
pianeti e non si vive in mondi paralleli. C’è un solo mondo da esplorare, da
scandagliare usando la macchina da scrivere come un endoscopio: il nostro
mondo, la nostra civiltà bombardata da immagini, scossa dai terremoti che
hanno origine nella mente umana. Il nostro mondo, o quel che di esso
sopravvive.
Nino G. D'Attis
Per approfondire:
- Autori Vari: Re/Search edizione italiana – J. G. Ballard (Shake Edizioni,
1994 – prezioso apparato critico di e su Ballard con 29 scritti inediti,
interviste e ricca bibliografia);
- J. G. Ballard: The Atrocity Exhibition (Re/Search, 1990 – edizione
americana illustrata da foto e collages dello scrittore)
sul web:
-
www.jgballard.com
www.solaris-books.co.uk/ballard/news.htm
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