ROBERTO CARVELLI: La Comunità porno (Coniglio Editore, pp. 224, € 14,00) |
Se ci si domanda quale sia la natura del linguaggio hard oppure come funzioni il set di un film con Laura Angel o Jessica Fiorentino, una produzione Bandinelli rispetto ad un video amatoriale, si comprende ben presto che non esistono risposte semplici. Semplificazioni sì, e tante. Poca competenza, molta superficialità adatta a non andare oltre il quesito: «Cos’è il porno, per l’opinione comune?». Riflessioni, insomma, in gran parte espresse in maniera alquanto limitata. Sulle risposte vere e proprie l’impresa si fa più problematica. Si può dunque salutare con piacere l’arrivo in libreria di un altro saggio sull’argomento dopo l’ottimo Il Porno di massa di Pietro Adamo. In copertina, su fondo grigio, una fiera armigera fetish/transgender disegnata da Roberto Baldazzini. Sottotitolo: La scena hard italiana in presa diretta. Pre/intervista di Enrico Ghezzi, postfazione (Le parole che mancano – appunti per uno studio linguistico dei film pornografici) di Francesca Serafini, autrice di diversi saggi come Versi rock (Rizzoli, 1996) e Parola di scrittore (Minimum Fax, 1997). L’autore di questo volume pubblicato nella collana ‘Maxima Amoralia’ dell’editore Coniglio si chiama invece Roberto Carvelli, è nato a Roma nel 1968, ha scritto Bebo e altri ribelli. La rivoluzione spiegata alle commesse (Nonluoghi Libere Edizioni, 2002); Letti (Voland, 2004); Perdersi a Roma. Guida insolita e sentimentale (Edizioni Interculturali, 2004). Molto, si intuisce, il lavoro preparatorio per un libro cominciato, come si apprende dalla quarta di copertina, con un’intervista a Jessica Rizzo (“Io non mi sento attrice del sesso, sono me stessa così”) e concluso mettendo insieme conversazioni telefoniche, mail, impressioni raccolte sui set visitati da ospite. L’hard che si produce, distribuisce, consuma in Italia, parla con i filtri ridotti al minimo. È un universo complicato/delicato che svela un po’ di se stesso attraverso le voci degli addetti ai lavori e di qualche fruitore. Indovinato partire allora da una dichiarazione di Ghezzi peraltro già nota, ripetuta in decine di occasioni, sicuramente mai abbastanza (dura mettere al tappeto i maledetti romantici del cinema): “Sinteticamente, penso che il cinema pornografico sia quel che il cinema potrebbe e dovrebbe e vorrebbe essere sempre, e che forse ‘è’, e che non è mai stato davvero, salvo che in rarissimi momenti di rarissimi grandissimi registi (a cominciare dai Lumière, e in essi più che in altri), e in una miriade di istanti disseminati in infiniti film mediocri, in documentari innocui e qualsiasi, in televisione.” E giusta la scelta di inserire come primo pezzo in scaletta tre rapidi flash da altrettanti set (il primo, in località Torciano, particolarmente movimentato e non certo per motivi piccanti) dove si apprende tra le altre cose che il ciak è sostituito da indice e medio di una mano che si chiudono a forbice. Nel secondo capitolo interviene Riccardo Schicchi, passato alla storia per le sue scoperte più celebri, Ilona Staller, Moana Pozzi, Eva Henger, oggi caduto un po’ in ombra. Il siciliano che debuttò nel 1966 come collaboratore della rivista Men, conserva una visione old-fashioned di un sistema che negli ultimi trent’anni è passato attraverso una serie di significativi mutamenti. Schicchi infatti spiega: “Ho fatto della pornografia una cultura, una religione. Un mondo parallelo. Molti hanno cercato di farne un mondo di impiegati, di chi conta i minuti, le scene. Quella non è pornografia. Non è quella la mia idea.” Più degne di attenzione le voci che Carvelli presenta a partire dal terzo capitolo: Mario Salieri, autore della saga Concetta Licata, con Selen, e di altri titoli di rilievo come Inside Napoli per la riuscita commistione tra hard e fiction, poi per l’estrema cura della realizzazione. Silvio Bandinelli, regista dalla filmografia sterminata (due titoli su tutti: Anni di piombo e Cuba) e caratterizzato da un certo impegno politico. Monica Timperi, compagna di Bandinelli, regista donna che si nasconde dietro lo pseudonimo di Frank Simon. Ancora, figure del set come il fotografo di scena Nicola Casamassima, l’operatore Frank De Luca, i truccatori, gli assistenti tuttofare come Giuseppe che dice: “Uomini che schizzano e donne che si puliscono. Case piene di vibratori. Case che non sono alberghi ma che hanno la freddezza di studi di posa.” In questo coro spicca indubbiamente l’attore Franco Trentalance, personaggio colto, ironico, acuto (“Se si potessero pagare quattromila euro al giorno, credo ci farebbero girare anche nei Musei Vaticani.”), già apprezzato per i suoi interventi sulla rivista Videoimpulse e in ogni caso lontano dallo stereotipo camp del performer alla Rocco Siffredi. Alla fine, si giudica La Comunità porno una lettura divertente ma non frivola, un documento notevole in cui uno dei motivi principali d’interesse risiede nel fatto che l’aneddotica risulta sempre bilanciata da testimonianze di prima mano e riflessioni mai banali. In testa, come già osservato, c’è la gente dell’hard, mentre i pareri di studiosi come Roberta Tatafiore e Franco Grattarola si trovano nelle ultime pagine, poco prima della postfazione di Francesca Serafini, spassosa quando mette in fila titoli che meriterebbero un premio speciale alla creatività: Ano mattina; Schizzi a parte; Brave Ass – Culo Impavido; Sodomia e pallottole...Più fantasia, ne converrete, rispetto ai tristi listini del cinema “normale”.
(N.G.D’A.) |
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