AA.VV: Intoxication (Marco Tropea Editore, pp. 288, € 12,50; traduzione di Marco Pensante) |
Ho cominciato a leggere questa antologia (o “raccolta di specifiche forme”, come scopro dalla scheda bibliografica riportata nell’ultima pagina del libro) con la mente ed il corpo scompaginati dall’influenza. Fiducia: molta, lo ammetto. In larga misura alimentata dai nomi che mi avevano convinto ad accompagnare il libro alla cassa: Jeff Noon, autore del sommo Le piume di Vurt, poi di Polline e di Alice nel paese dei numeri, da qualche anno finito (in compagnia di Mark Leyner) nella lista nera degli scrittori da non tradurre in lingua italiana perché tanto non interessano a nessuno (a me sì, porca troia!). Irvine Welsh, uno che se avesse bisogno di presentazioni non sarebbe di sicuro quel che è. Stewart Home, l’uomo di Marci, sporchi e imbecilli, di 69 Things to do with a dead princess e Neoismo e altri scritti. David Toop, musicista e autore del celebre saggio Oceano di suono. Infine il nostro Giuseppe Genna, unico italiano invitato alla festa insieme all’inseparabile Michele Monina (i due hanno appena dato alle stampe sempre da Tropea una biografia non autorizzata del divo catodico Costantino Vitaliano da Calvairate). Insomma, avevo la febbre alta e questo libro sul comodino. Bella copertina, sì. Titolo furbetto, clinicamente testato secondo i sacri crismi della commerciabilità. Curatore: Toni Davidson, scozzese di Glasgow mai sentito nominare prima d’ora, però scopro che si vanta in giro di aver assemblato la prima raccolta di scrittura gay e lesbica delle sue lande e di essere l’autore di un romanzo vincitore dello Scottish Arts Council Book Award (in sigla mi piace di più: S.A.C.B.A.). Sarà, ma a giudicare dallo scarso impegno profuso nello stendere una risibile introduzione che gira intorno all’immagine di un Tennessee Williams cronicamente stonato e un raccontino scemo come Gita terapeutica la spia della stima continua a non lampeggiare per niente. E qui conviene subito dire senza indugi che dentro Intoxication la materia interessante è ben poca, quasi zero. Più spesso si smadonna come dei toscani dopo aver letto scemenze indescrivibili: Immondizia spaziale di John King, titolo che da sé recensisce già il racconto, oppure Nosferatu, pulzella della valle di Marina Blake (una volta appreso dalla nota biografica che la signora lavora come meccanico e che tra i suoi interessi c’è la pornografia, non posso fare a meno di chiedermi perché abbia deciso di incaponirsi proprio con la scrittura). Ancora: Petting spinto di Bridget O’Connor, londinese, autrice di due raccolte di racconti, purtroppo attualmente impegnata nella stesura di un romanzo. E l’indecente Dove la ferrovia incontra il fiume di Gary Indiana, probabilmente il peggiore pezzo del lotto. Chi/Cosa si salva? Qualcuno tra i nomi fatti all’inizio, quasi tutti per il rotto della cuffia: Noon con la delirante satira Latitudine 52. Toop con L’Acid brucia: suoni, colori house/funk da Tottenham High Road. Welsh con Le Spoglie a Victor, storia di una fighetta furba al centro di una contesa amorosa tra due sballatoni che sembrano usciti da Doom Generation. Genna grazie a un curioso racconto (aperto dal poetico incipit: “Come sia e cosa sia il mondo, io, non lo so, e terribilmente”) che sembra un omaggio ad Antonio Moresco e ad Aldo Nove. Troppo poco, davvero. Intossicato? Neanche per idea. (N.G.D’A.) |
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