ANDREA BAJANI: Cordiali saluti (Einaudi pp.100, € 9.50) |
È come se questa generazione di trentenni si fosse definitivamente (finalmente) liberata di cannibalismi gratuiti e barocchi, una nuova generazioni di scrittori che non ritiene inevitabile l’uso/abuso del noir per registrare i nuovi malesseri. Il terrore non è legato a tragedie epocali, attacchi terroristici abnormi, epidemie bibliche di virus bacchettoni e vendicativi, immani cataclismi naturali, il terrore si annida nei processi che mettono in dubbio il mantenimento dei mezzi economici che consentono un tenore di vita compatibile ai must della nostra società. Una tipologia di narratori che non crede più che l’esposizione di interiora sia necessaria per descrivere quotidiani drammi esistenziali, un neorealismo letterario legato alle paure della middle class di laureati. Si preferisce (nel senso che lo si ritiene più che sufficiente) rimettersi al reale, a eventi non sanguinolenti, ma gelidi ed esangui. Nessun meccanismo narrativo terrificante da costruire, nessun demone da evocare, inutile inventarsi nuove procedure maniacali per serial killer annoiati. Il protagonista scrive epitaffi a condannati a morte, scrive lettere di licenziamento aziendali commissionate dal direttore dell’ufficio personale, figura centrale nelle aziende in questi anni flessibili, a lui è delegata la mission di: “Purificazione dell’azienda, purificazione dei dipendenti, purificazione della produzione tutta. … Dice che la purificazione è parte integrante della produttività. Dice che è elementare… Dice Io non sono abbastanza puro, voi non siete abbastanza puri, l’azienda non è abbastanza pura. Possiamo fare di più, applauso.” Ed è già paura pura, come si trova in natura. Queste lettere sono piccole perle, capolavori di equilibrismo statico, i nomi dei licenziati ci arrivano lontani, sono figure che si muovono nelle nebbie, agitano fazzoletti da finestrini di treni che iniziano a sbuffare prendendo velocità, non sappiamo nulla delle loro reazioni, dell’evolversi della loro vita, si fanno concreti nella propria individualità solo nell’ipocrisia dei ricordi dei particolari di vita reale evocati nelle lettere. Il lettore farà conoscenza solo con il primo licenziato eccellente in ordine cronologico che ci trascinerà nel baratro della tragedia di un borghese piccolo piccolo, ex direttore vendite preda di una congiuntura negativa (così definita da lui), egli assicura ostinatamente che è tutto sotto controllo, lo grida al mondo per convincere se stesso mentre il vortice lo trascina al centro di un abisso e presto non ne sentiamo più nemmeno il lamento. Il killer delle lettere di licenziamento è destinato a occuparne la casella vuota nell’organigramma aziendale, quando proprio la circostanza di entrare in intimità con il dirigente rimosso germinerà lo scollamento che rimetterà tutto in discussione, portandolo altrove, lontanissimo dalle logiche di competitività aziendale. La vita interiore del killer delle lettere sarà sconvolta da Martina e Federico, piccoli selvaggi figli della congiuntura negativa, dai loro rituali primordiali, dai loro bisogni così teneri e impellenti scaraventandolo fuori dalle lusinghe del direttore dell’Ufficio Risorse Umane. “Lei sta conquistando autorevolezza, l’ho vista lì davanti alla convention… Si capisce dal fatto che i dipendenti cominciano a temerla, li sento nei corridoi, un buon segno. Dice La gente sente l’odore…” Cordiali saluti
Saverio Fattori |
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