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AA.VV: IPNOTICA Antologia di racconti curati da Cinzia Tani

(Fabio Croce Editore, 148 p.p., 13,00)

 

Corpo e parole come carne e sangue: è forse l’equivalenza, il binomio giusto

CINZIA TANI: IPNOTICA

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per esprimere ciò che alimenta e anima le pagine di Ipnotica, raccolta di racconti noir di un gruppo di autori esordienti. Lo diciamo subito, senza perderci in troppi giri di parole: il risultato ci pare estremamente interessante e degno di attenzione, anche se non mancano alcune riserve. Gabriella Assante, Pasquale Colaps, Andrea Lijoi, Chiara Martini, Roberta Martinozzi, Consuelo Valenzuela. Questi i sei autori che esprimono il proprio mondo e le proprie visioni passando attraverso due fili conduttori: il personaggio di Max, che compare in almeno uno dei racconti di ogni autore, e i quadri di Edward Hopper, artista americano del ‘900. Giano bifronte oppure un’anima divisa in due: tale è la natura dei lavori presenti in questa raccolta curata da Cinzia Tani.

Si avverte in ognuno di questi autori una genuina voglia di comunicare, una insoddisfazione e una ferita aperta sul mondo. Sono racconti che esprimono ansia, dolore, paradossalmente quasi claustrofobici nel loro disperato bisogno di evasione.

Andrea Lijoi è senza dubbio meritevole di segnalazione visto il suo notevole gusto per la narrazione e il colpo di scena che conclude tre dei suoi lavori. Ne L’ultimo stadio dello Zen il continuo cambio di punti di vista rende accattivante e particolarmente efficace il racconto, imprimendogli un ritmo teso e incalzante. “Gli strani fatti del villaggio dei Jalinusi” colpisce l’attenzione del lettore per il candore e l’ironia dell’io narrante pronte a svelare un finale inquietante e magico come certi racconti popolari di antica memoria. Segnaliamo Lijoi come lo scrittore tra i sei forse più smaliziato e sicuro nel muoversi tra le visioni del proprio mondo. Resta altresì impresso nella nostra memoria il racconto Bianco di Chiara Martini: storia di una presenza-assenza ( di più non è lecito dire…) descritta con una finezza d’animo e una sensibilità estremi,  inconsueti. È un racconto, questo della Martini, che vibra, palpita sulla pagina, riuscendo a rapire senza essere banale o languido. Sicuramente uno dei migliori lavori di Ipnotica. Della Martini si apprezzano inoltre il gusto per la ricerca sinestetica, un bisogno quasi fisico, urgente di far emergere le parole, i corpi dalla pagina scritta; appunto le parole come carne viva, pulsante.

Di Gabriella Assante si percepisce la sua passionale vitalità di scrittura, come nel bellissimo Finestre o nel rabbioso e struggente Shocking blue; tuttavia spesso l’eccessiva ansia descrittiva ne appesantisce la lettura. Si avverte nello stile della Assante un gusto squisitamente cinematografico che cerca di fermare ogni attimo, ogni frammento della sua rutilante narrazione, ma a volte ci sembra che le immagini evocate così bene non siano sufficientemente liberate da un eccessiva esigenza di “dire tutto”.

Roberta Martinozzi possiede probabilmente un’urgenza di scrittura, di comunicazione anche superiore alla stessa Assante, ma in racconti come Messico o Incubo, pur apprezzabili e godibili nella loro aerea sinuosità, si nota troppo spesso un insistito lirismo che sfocia pericolosamente nel melodramma, oppure un’accentuata verbosità che rischia di arginare la narrazione. In ogni caso nel primo dei suoi racconti presenti in questa raccolta, Dammi la mano amore, splendido incontro-scontro tra una madre e una figlia, la Martinozzi esprime una misura, un equilibrio e una bellezza espressiva che avremmo volentieri voluto vedere negli altri tre suoi lavori.

I racconti di Consuelo Valenzuela si distinguono senza dubbio per lo stile brioso e disincantato. L’ironia macabra che sottende Confessione ( con un magistrale colpo di scena finale) e lo spettro della Morte che aleggia nel raffinato La poltrona viola( dove il protagonista è addirittura Moliere) sono spie di un gusto classico per la narrazione ma anche sintomi di una realtà che mostra solo la sua labile e inconsistente apparenza.

Il primo racconto della raccolta, Brillantina Linetti, scritto dal bravissimo Pasquale Colaps, è anche a mio avviso il lavoro che racchiude in un certo senso tutti gli altri. La rabbia e il dolore che pulsano da queste pagine ( l’io narrante in un confronto durissimo e spietato con il padre) sono espressi con notevole forza drammatica, con  parole che sembrano urlare e dipingere colori come la tavolozza di un pittore furioso e appassionato. Probabilmente Colaps si dimostra il più oscuro e tenebroso dei sei autori di Ipnotica, come dimostrano anche Ho solo 17 anni o il riuscitissimo Max era Max più tranquillo che mai.

Sono, questi di Ipnotica, racconti che spiazzano il lettore per i repentini cambi di registro, a volte sin troppo audaci, azzardati. La loro apparente semplicità cela un grido improvviso che scuote e induce alla riflessione. E’ bene non svelare troppo di questi lavori: si rischia di privare il lettore curioso del gusto della sorpresa, della scoperta inquietante e imprevedibile. Se posso permettermi un paragone che spero non dispiaccia ai sei autori, nella lettura di gran parte dei racconti ho ritrovato un po’ di quella magia che sapevano comunicarci gli episodi in bianco e nero de I confini della realtà. Qui la realtà è perennemente frantumata e ricomposta in un gioco di specchi sanguinoso e sanguinante. Spesso, poi, anche beffardamente, diabolicamente insanguinato…

 

Alessio Degli Incerti