DAVID FOSTER WALLACE: Oblio (Einaudi, pp. 394, € 15; traduzione di Giovanna Granato) |
Oblio: anonimato, dimenticanza, desuetudine, abbandono, buio, oscurità, silenzio. La memoria del singolo si costruisce in virtù della sua adesione ai processi comunicativi che hanno luogo all'interno di scenari sociali. Persone, luoghi, avvenimenti, rendono disponibile il ricordo sotto forma di figure riordinate in teorie, rappresentazioni, principi, così che l'identità dell'essere umano è data da ciò che ricorda in qualità di singolo e come parte della collettività. Le merendine di Mister Squishy. I Focus Group per determinare il gusto del consumatore medio. I Profili di Reazione Individuale. Gli uomini che indossano “(…) varie combinazioni di camicie sportive, pantaloni con le pinces, e vari pullover con lo scollo a barca o a dolcevita classificabili come Business Casual”. E un maestro capelli a spazzola, occhiali da studioso che scrive sulla lavagna UCCIDI. E la mamma di padre Karras ne L’Esorcista. E le diagnosi ottimistiche, quelli che modellano merda e vengono esaltati come grandi artisti, gli specialisti del sonno, le paure dei bambini. Poi ci sono i black-out: “Il mondo reale è pieno di solitudine esistenziale. Io non so cosa stai pensando o che cos’è che hai dentro, e tu non sai che cos’ho dentro io.” Un black-out può arrivarti addosso senza preavviso, anche sotto forma di libro che accende troppe lampadine tutte insieme producendo un eccesso di luce. Riuscite a fissare il sole a lungo senza bruciarvi la retina? Non credo. Irritante: “Foster Wallace è uno scrittore assolutamente irritante”, scrisse il critico Fabio Zucchella su un vecchio numero della rivista Pulp. Oblivion, Oblio: abbiamo otto nuovi lunghi racconti o romanzi brevi dell’ex nerd, ex giovane promessa del tennis David Foster Wallace (in sigla DFW), oggi famoso soprattutto per essere l’autore dell’oggetto letterario non identificato Infinite jest, pagine 1434, dim. 150x210x68 mm. nell’edizione italiana Fandango tradotta nel 2000 da Edoardo Nesi, Annalisa Villoresi, Grazia Giua. Infinito. Oblio. Oppure (giochiamoci intorno) Infinito oblio: Everything and More, per dirla col titolo di un testo di DFW ancora inedito in Italia. Non-fiction. Addirittura un saggio sulla storia del concetto di infinito nella matematica. Oblio: a San Diego, gli scienziati lavorano al farmaco anti-ricordi, qualcosa che secondo gli esperti permetterà alle vittime di traumi di tornare a una vita accettabile, magari affrancata (ma chi ci crede?) da quel sistema dell’apparenza intorno al quale gravitano ancora una volta i personaggi di DFW. Wallace chi? David Foster, sempre lui, quello che presentando i suoi racconti si premurava di avvertire: «queste sono storie di finzione, al cento per cento. Alcune di esse proiettano i nomi di figure pubbliche "reali" all'interno di circostanze e personaggi inventati.». Nato nel 1962 (fate voi, a seconda delle diverse fonti) ad Ithaca, nello stato di New York, oppure a Urbana, nell'Illinois, folgorato anni fa dalla lettura di The Balloon, una novella di Donald Barthelme (poi, in ordine sparso da Cartesio e Cormac McCarthy, da Wittgenstein, Flannery O’Connor, Melville e DeLillo), scampato, dice la leggenda, a diverse forche prima di essere salutato come l’erede di Salinger e Pynchon o soltanto con definizioni come quella del Boston Globe: “Probably the most important novelist of his generation”. Suona forte. Suona pomposo. Suona vero per chi si è preso il disturbo di sfidare le cime innevate di libri come Verso Occidente l'Impero dirige il suo corso (Minimum Fax, 2001) e Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più (Minimum Fax, 1999). Oblio: c’è sempre qualcosa che vorremmo consegnare all’oscurità del non-ricordo e che invece riaffiora. I lati peggiori. Le cose che ci fanno provare imbarazzo. Lo sporco, il grottesco del quotidiano aprire gli occhi, levarsi dal letto, trascinarsi nella vita. La lista delle fissazioni e quella delle angosce, i dettagli snocciolati con scrupolo sulla pagina altrimenti bianca: è sempre un rovistare tra le macerie, un resoconto pungente della deriva contemporanea attraverso una scrittura che si avvale ampiamente di sviluppi deformanti. L’ha già fatto, il nostro, certo. Prego leggere Brevi interviste con uomini schifosi (Einaudi, 2000), la raccolta che conteneva perle come Una storia ridotta all'osso della vita postindustriale e La morte non è la fine. Ora però è tempo di osare un altro passo, una discesa più ripida. Nelle Considerazioni inattuali, Nietzsche scrive: “Per ogni agire ci vuole oblio: come per la vita di ogni essere organico ci vuole non solo luce, ma anche oscurità.” E adesso, mentre scrivo (vai a capire perché) mi viene altresì da pensare ad Oblio, personaggio Marvel creato da Mark Gruenwald e Greg Capullo, “incarnazione della non-esistenza” che opera in una dimensione metafisica oltre i confini dell’Universo. Sarà l’effetto di Caro vecchio neon. Saranno due frasi messe in fila come: “La realtà è che morire non è brutto, ma dura per sempre. E per sempre non rientra nel tempo.” Un salto nel vuoto, senza una comoda rete di sicurezza. Un’indagine che non rinuncia allo slancio affabulatorio (autoreferenziale, secondo alcuni critici) cui questo scrittore ci ha abituati. Ma l’ironia si è fatta più sottile, ha incontrato lungo la strada il freddo e il crudele. Il mondo di queste otto storie è il nostro, e naturalmente contiene altri mondi, che sono quelli dei personaggi (sempre più) schifosi di Wallace. Devo avvisarvi: troverete questo libro-mondo del tutto gravoso / orribile / illuminante / irritante. Però armatevi di coraggio. Non mollate. Nino G. D’Attis |
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