GUY DEBORD: Opere cinematografiche (Bompiani, pp.318, € 20,00; traduzione di Fabio Ascari) |
Era
il 1994, dieci anni fa. Debord/The Bore, l’uomo che fondò nel
Per molti, Debord, rimane il cineasta e teorico del détournement, pratica-gioco-tattica situazionista di riappropriazione/reimpiego di materiali artistici preesistenti (“Tutti gli elementi, presi ovunque, possono essere oggetto di accostamenti nuovi. Le scoperte della poesia moderna sulla struttura analogica dell’immagine dimostrano che fra due elementi, anche di origini lontanissime fra loro, si stabilisce sempre un rapporto.”). Il realizzatore, nel 1952, di Hurlements en faveur de Sade, opera assolutamente priva di immagini e affidata alle voci di Gil J Wolman, Serge Berna, Barbara Rosenthal, Jean-Isidore Isou, oltre che a quella dello stesso Debord. Ancora, il disinnescatore di trucchi e ipocrisie mondane, il critico radicale del cinema attratto dalla possibilità di sovvertire un’arte in cui “(...) la rivendicazione di una libertà di espressione uguale a quella delle altre arti maschera il fallimento generale dell’espressione alla fine di tutte le arti moderne.”
Ad
Hurlements en faveur de Sade, proiettato per la prima volta al cine
club del Musée de l’Homme di Parigi la sera del 30 giugno 1952 (pubblico
indignato, proiezione interrotta dopo i primi venti minuti) seguirono
altri film che nel corso del tempo continuano ciclicamente a riapparire (è
del 2001 la retrospettiva veneziana coordinata da Enrico Ghezzi e Roberto
Turigliatto), per poi tornare fatalmente nel buio (accade oggi, fallita la
casa di distribuzione di Jacques Legou che li aveva immessi nel mercato
homevideo).
Si tratta di Sur le passage de quelques personnes à travers une assez
courte unité de temps (1959); Critique de la séparation (1961);
La Société du spectacle (1973); Réfutation de tous les jugements,
tant élogieux qu’hostiles, qui ont été jusqu’ici portés sur le film “La
Société du spectacle” (1975) e In girum imus nocte et consumimur igni
(1977).
Nel
1984, l’assassinio di Gérard Lebovici, editore e finanziatore di tre film di
Debord fu seguito da alcune illazioni della stampa francese che dava credito
a voci intorno a un presunto coinvolgimento del filosofo nell’omicidio
dell’amico. Debord ritirò immediatamente dalla circolazione tutte le sue
pellicole e solo nel 1995 due film (tre, in realtà, se si include un lavoro
in video completato prima della morte) furono trasmessi da una rete via cavo
francese.
Di questa edizione italiana delle Oeuvres cinématographiques complètes, uscita in Francia presso Gallimard lo stesso anno della scomparsa del filosofo e aricchita da un’introduzione di Ghezzi, si parlava da qualche tempo. L’autore di Fuori orario prende le distanze dalla qualifica di ‘curatorè del libro: “Mi son sentito estraneo ai problemi di nomi di ‘titoli’ (dati o avuti) e di eredità. Debord, per me, resta la passione di un pensar di agire, e di agire scrivere filmare in forma di pensiero istantaneo che dissolve il proprio progetto eseguendolo, lo realizza cancellandolo.” La raccolta comprende le sceneggiature ma anche scritti sparsi (note ai film, contratti, articoli critici pubblicati in origine su Internationale Situationniste tra gli anni Cinquanta e Sessanta) e diventa pregevole in quanto arricchita dai fotogrammi delle pellicole di riferimento. Molte pagine, molte illuminazioni nette, disturbanti, tese a risvegliare lo spettatore/lettore, a scuoterlo dal quel coma culturale post-Lumière, post-Méliés che oggi ha sostituito in toto l’arte delle immagini in movimento con il meretricio dell’immagine. Molti materiali: l’operazione Bompiani (voluta da un’editor illuminato come Elisabetta Sgarbi) supera l’Oscar Mondadori di In girum imus nocte et consumimur igni, uscito nel 1998, che pure vantava una copertina di Gianluca Lerici, una postfazione di Giuseppe Genna e la frase, bellissima, in quarta di copertina: “La saggezza non arriverà mai”.
Nino G. D’Attis
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