Nick Mcdonnell: Twelve (Bompiani; pp.230; € 14,50) |
In una Manhattan di sfigati e di figli di papà una droga immaginaria e simbolica, la "twelve", è il punto d'incontro narrativo tra White Mike, "esile e pallido come il fumo", e l'universo vuoto dei coetanei che lo circondano. Pochi giorni per una discesa vorticosa nell'inferno di una generazione, dal 27 dicembre all'ultimo dell'anno. "White Mike porta dei jeans e una felpa e un cappotto blu scuro Brooks Brothers.[...] White Mike è pulito. Mai bevuto.Mai fatto una canna.[...] White Mike andava bene a scuola. [...] Eppure White Mike è diventato uno spacciatore [...] White Mike ha visto American Beauty, quel film con il tipo che spaccia e si compra apparecchiature video costosissime.[...] Quel tizio a volte dice che nel mondo c'è così tanta bellezza che davvero non si riesce a reggerla tutta.[...] Cazzate, pensa White Mike. [...] White Mike non sta rimirando la bellezza".
A soli diciassette anni Mcdonnell realizza, in
una prosa asciutta ed
Il pregio principale di Twelve è di essere contemporaneamente dentro e fuori la mente dei propri tragici eroi, di raccontare il nulla attraverso l'abbondanza e l'innocenza attraverso la violenza recondita che la genera. La sensazione è di vivere una storia che non potrebbe essere raccontata altrimenti. Una storia che fa paura e fa rabbrividire. Tanto vicina da essere l'incubo privato di ognuno della nostra generazione, e non solo. Antonello Schioppa |
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