La
celebre frase di Jack Nicholson "Tutti
riconoscono
che sia un maestro ma, lo stesso, questo non gli rende giustizia" sottolinea
tuttora che non saranno mai troppi i contributi critici dedicati all’opera
di
Kubrick. Questo territorio immenso, già
ampiamente esplorato, costituisce l’oggetto di un discorso particolare che
pure, per limitarci all’ambito italiano, ha conosciuto negli anni gli
interventi di Enrico Ghezzi, Ruggero Eugeni,
Giorgio Cremonini, Sandro Bernardi, Gian Piero
Brunetta (curatore di una raccolta di scritti pubblicata da Marsilio
nel 1999), quindi il temerario atto di devozione e amore dello
Stanley And Us Project. Il saggio di Simone
Ciaruffoli, attivo collaboratore delle riviste on line
Sentieri Selvaggi
e
Gli Spietati, ha il merito di catturare il
lettore fin dalle prime righe per condurlo (con il piglio di chi si
appassiona a quello che fa e in forza di una lodevole distanza dai parametri
dell’analisi tediosa) all’interno dell’enigma
Eyes wide
shut. L’opera postuma di un ineguagliabile
genio. L’ultimo tassello, denso e sfuggevole di una serie di film-mondi
entrati di diritto nella storia dell’arte del Novecento. Il blocco di marmo
lavorato per quarant’anni, partendo dal Doppio sogno di
Arthur Schnitzler per approdare ad un potente
titolo-ossimoro che Ciaruffoli definisce (come dargli torto?) "Impegnativo
perché racchiude, e modifica (...) gran parte delle situazioni stilistiche
adottate in passato dal regista (...)".
CRUISE. KIDMAN. KUBRICK. EYES WIDE SHUT: una galassia a dir poco invisibile
per i poveri Pontecorvo e Bignardi della terra.
Introdotto dalle note dell’antikubrickiano (pentito?) Mauro Gervasini e
impreziosito da un’intervista a Gabriella Borri,
doppiatrice di Nicole Kidman nel film, l’agile
volumetto pubblicato nella collana ‘Light’ delle Edizioni Falsopiano rilegge
‘in profondità’ (Un overlook doveroso è il titolo del secondo
capitolo) le dimensioni chiave di Eyes wide shut soffermandosi,
attraverso la lente di una scrittura che rimanda pagina dopo pagina ad un
itinerario seducente, su alcuni elementi costanti ed essenziali del grande
cineasta (l’occhio, l’inconscio, il rito, l’Eros, il labirinto, gli abissi
del rimosso, il transito verso "I mondi possibili" in precedenza
individuati dal semiologo Omar Calabrese).
Aspettavamo un libro come questo, perfettamente in equilibrio tra passione e
obiettività. E accogliamo con entusiasmo l’arrivo di Ciaruffoli nel manipolo
di critici meravigliosamente non-morti che ci piace cercare in libreria.
(N.G.D’A.) |