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STEFANO LOREFICE: Cosmo Blues Hotel  (Edizioni clandestine, pp. 116, € 8,50)

 

Corpi che si cercano nella notte, che vagano senza meta, che ammuffiscono STEFANO LOREFICE: Cosmo Blues Hotelnelle macchine per cercare riparo dalle luci fredde della grande città. Corpi che scopano e fumano senza desiderio, che ascoltano musica, bevono e dormono male. La Milano di Stefano Lorefice è soprattutto questo.

   Ritratto spietato di una città alienante “Milano è un enorme circo del tradimento dove tutti vanno con tutti. Un milione e passa di persone che hanno una vita e qualcosa. Una questione di matematica, non si sfugge.Tutti sono parte del meccanismo.”

   I protagonisti di questi racconti sono inetti senza speranze, pregni d’odio e rancore, schiacciati dal peso della loro anima inquieta. Cavalieri dell’anonimato e del nulla, fastidiosi perché veri e tuttavia fragili come il vetro. Stanchi di lavori di merda e di cazzate, nauseati dagli amici che scroccano sigarette, parcheggiano il culo sul tuo divano o ti soffiano la ragazza. Il sesso diventa così uno strumento di tortura, il mezzo per entrare e ferire un corpo, un modo per possedere carne, una briciola d’amore: “Miriana scopa con Ago. Non sono insieme, nel senso che scopano quando capita. Di solito quando sono fuori, oppure quando Miriana è in paranoia. Dice che il sesso aiuta. Come la roba. Miriana non scopa con me, nemmeno con Sergio. Non abbiamo lo stesso vuoto.”

   L’odio nei confronti delle donne, troie, furbe, così prevedibili è rabbia dovuta all’incapacità di raggiungerle veramente, infinita distanza amplificata dalla metropoli. Big city degli Spacemen 3 parlava proprio di questo. Distanze incolmabili in un posto dove tutti possono essere trovati. Una scrittura asciutta, quella di Lorefice, quasi documentaristica che barcolla ad un paio di metri dal dolore e dal desiderio di condividerlo. Dialoghi grotteschi sul nulla, sul vuoto che sentiamo ogni giorno senza poterci difendere, senza filtro. Scrittura involontariamente priva di ironia anche quando la si cerca con insistenza, disillusa senza volerlo. Forse semplicemente tragica.

“Sono ormai tre settimane che non sento più il bisogno di chiamarti, e credo che il ricordo mi basti.

Ho il mio cono d’ombra.

La macchina mi basta.

Non è la strada che importa, non sono i semafori che bene o male cambiano colore per non incasinarti la vita.

Non sono i silenzi fra le canzoni di questa cassetta che non ricordavo d’aver registrato.

Mi sto spezzando troppo in fretta, non sento il suono.

Non riesco a tenere il tempo, un tre ottavi sincopato che mi porta via.

Poi la tua voce.

Una donna.

E forse mille altre che si sovrappongono.

Ricordano un me stesso che non ha voglia di luce.

Un sapore complesso di baci, sesso e voglia estrema di correre.”

Stefano Lorefice è nato a Morbegno(Sondrio) nel 1977. Ha pubblicato: Prossima fermata Nostalgiaplaz (2002) e Budapest swing  lovers (2003).

 

Jo Laudato