Y. B.: Zero kill (Mondadori, pp. 174, € 7,80; traduzione di Jacopo De Michelis) |
Lo stile: folle, folle, folle. C’è un’essenza di Mark Leyner in questa storia che procede mescolando un gergo giornalistico gonzo (ah, sempre il dottor Hunter S. Thompson, I suppose) ad espressioni da spot, da cartoon (“Un’infermiera carrozzata stile Tex Avery entra in campo”), da lingua inzuppata ripetutamente in una tazza di acido lisergico. Un esempio? Va bene, miscredenti: “Il Gabinetto Nero si disperde nella notte dallo stesso aggettivo. Nel parco della Residenza, non lontano dal muro di cinta dell’ambasciata, l’amante in carne del Generale delle Ossa se la ride.”
Epigrafe di Nietzsche e avvio spericolato tutto in crescendo nei vicoli di
Algeri. È il Natale del 2000, il giovane Youssef Sultane stringe in pugno
una Beretta quindici colpi e si prepara a spedire nell’alto dei cieli
l’arcivescovo della città. Youssef (infanzia drogata e stracciona, da
bambino si fece notare con un tentato dirottamento dello scuolabus su
Disneyland) è affiliato al gruppo fondamentalista delle Lame dell’Islam
armato e guidato da Sua Altezza Serenissima l’emiro Mehdi. Gli fanno
compagnia gli amici Pépito (“un topo di città che conosce Algeri come le sue
tasche”), Rouji lo spacciatore e Wahid il
Grasso, figlio del macellaio della piazza del Mercato. C’è anche
Belacel, luogotenente di Mehdi radiato dal
corpo di polizia perché sofferente di allucinazioni croniche (c’è del
torbido, a dire il vero, ma mi guardo bene dal rivelarvelo). Militanti
addestrati alla svelta da veterani della guerra in Afghanistan: in
confronto, Alan Ford & il Gruppo T.N.T. fanno la figura degli impeccabili
professionisti. Youssef finisce impiombato a pagina 10, i compagni di
squadra si spartiscono equamente i suoi beni materiali (tra cui una
Playstation) e contro ogni più rosea e religiosa aspettativa (un
meraviglioso Giardino delle Delizie pieno di figa), il defunto si ritrova al
cospetto di Izraïl, truce angelo della morte
pronto a processarlo per tutto ciò che ha commesso in vita. Peggio di un
interrogatorio nei sotterranei di un commissariato algerino, insomma. Izraïl
dice: «Il mio ruolo consiste appunto nello stabilire se tu sei morto da
autentico martire o da sobillatore. Da zerbino umiliato o da provocatore
poliurico. È un’immagine. A te incorniciarla...»
Idea ingegnosa quella di tradurre nella nostra lingua Zero kill, satira “interna”, atto insolente, attacco viscerale, appuntito, che scorre alla velocità della luce e bersaglia/esorcizza tutti gli incubi pre-post 11 settembre. Sfruttati, cialtroni, canaglie di medio e grosso calibro, mujaheddin e carne da jihad. Y. B., burattinaio dalla fervida immaginazione, aggiunge al brodo di topoi da stracciare anche gli X-Files (ma io non vi ho detto niente: bisogna leggere, leggere, leggere...).
(N.G.D’A.) |
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