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Gran Torino di Clint Eastwood
Brividi di vero cinema in Gran Torino: vi parliamo del nuovo film diretto e interpretato da Clint Eastwood

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THE HORSEMEN

Horsemen
Titolo originale: id.
Regia: Jonas Åkerlund
Interpreti: Dennis Quaid, Ziyi Zhang, Lou Taylor Pucci, Liam James, Peter Stormare, Patrick Fugit, Eric Balfour,Chelcie Ross
Soggetto: David Callaham
Sceneggiatura: David Callaham
Fotografia:  Eric Broms
Scenografia: Sandy Cochrane
Costumi:B
Musica: Jan A. P. Kaczmarek
Montaggio:  Jim May
Produzione: Mandate Pictures, Platinum Dunes, Radar Pictires
Paese: USA  Anno: 2009
Durata:  95'
Distribuzione:  Moviemax
Sito ufficiale: www.teamworld.it/thehorsemen/

Tra gli storici della letteratura si fa ricondurre, per la verità un po’ forzatamente, la nascita di quello che per noi è il genere giallo (definizione nata nel 1929 grazie alla famosa collana Mondadori) alla pubblicazione nel 1841 de I delitti della via Morgue di Edgar Allan Poe. Nel corso degli anni poi, e questo vale sia per la letteratura che per il cinema, dal grembo originario, qualunque esso sia, prendono vita due fondamentali caratterizzazioni: il poliziesco (quando il racconto procede dal punto di vista del detective e quindi delle indagini), il noir (quando si pone maggiore attenzione sulla vita del criminale e quindi sul contesto socio-culturale in cui agisce). Da questi due filoni sono nati innumerevoli sottogeneri: hard boiled, medical thriller, action, giallo storico, legal thriller e via via discorrendo, fino ad arrivare al cosiddetto genere serial killer, oggi troppo superficialmente confuso con la sbrigativa definizione di thriller.

   Questa lunga divagazione sulle origini del “giallo” è necessaria per affermare la discendenza diretta del genere serial killer dalla caratterizzazione primaria del noir. Ciò significa che qualunque storia con protagonista un serial killer, per funzionare, deve fondarsi su presupposti psicologici e sociali forti. In sostanza, se non si forniscono delle plausibili spiegazioni o ipotesi sui motivi che spingono un individuo ad uccidere serialmente, il racconto è destinato al fallimento e lo spettatore/lettore ad annoiarsi. E la noia è proprio la sensazione che maggiormente suscita The Horsemen, un film che non riesce a rappresentare il contesto malsano che determina gli eventi ma si limita ad enunciarli, non riesce ad evocare uno stile visivo ma si accontenta banalmente di ripetere stilemi convenzionali e, sul versante letterario, paga una sceneggiatura affrettata, scritta da Dave Callaham, che non riesce a tratteggiare i personaggi con la dovuta profondità.

Qualche accattivante premessa poteva far pensare ad un film di diversa fattura: una gelida ed innevata New York fotografata con buon occhio, un regista esordiente (Jonas Åkerlund) proveniente dal mondo dei videoclip (Madonna, Metallica ecc.) che sulla carta avrebbe dovuto garantire almeno un po di spregiudicatezza e un Dennis Quaid in buona forma intento a rilanciare la propria carriera.

   Eppure, il sospetto di trovarsi di fronte ad una furba operazione commerciale che fa leva su un progetto volutamente accademico è forte. Gli autori cercano d'incastrare ogni elemento secondo le rassicuranti regole del genere evitando con dovizia ogni scelta inconsueta o fuori dagli schemi.

Difatti, un thriller così prevedibile non si vedeva da tempo; il serial killer agisce, ma guarda un po’, seguendo uno schema biblico/religioso ed a metà film solo il detective non ha ancora capito chi è il colpevole, l'impianto investigativo fa acqua da tutte le parti, vengono tralasciati indizi e non si giustificano diverse deduzioni. Tutti (spettatori compresi) sembrano avere una gran fretta di arrivare all'epilogo finale che, tra l'altro, dovrebbe risultare inquietante ed invece viene intriso di sfumature buoniste assolutamente incoerenti con la materia filmica raccontata. Un unico momento davvero incisivo (la confessione nel parco di Kristen) in poco più di un'ora e mezza non basta a salvare un film che scimmiotta maldestramente Seven, di David Fincher, nella mal riposta speranza di ricalcarne il successo.

 

Davide Catallo