Titolo originale: Eastern Promises |
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Regia: David Cronenberg |
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Interpreti: Naomi Watts, Viggo Mortensen, Vincent Cassel, Armin
Mueller-Stahl, Sinéad Cusack, Aleksandar Mikic, Jerzy Skolimowski,
Sarah-Jeanne Labrosse, Brice Stratford, Rhodri Wyn Miles, Shannon-Fleur
Roux, Radoslaw Kaim, Tamer Hassan, Cristina Catalina, Alice Henley, Tereza
Srbova, Elisa Lasowski |
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Soggetto: John Wagner, Vince Locke |
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Sceneggiatura: Steve Knight |
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Fotografia: Peter Suschitzky |
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Scenografia: Carol Spier |
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Costumi: Denise Cronenberg |
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Musica: Howard Shore |
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Montaggio: Ronald Sanders |
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Produzione: Serendipity Point Films, BBC Films, Focus Features, Kudos
Pictures, Scion Films |
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Paese: UK, Canada, USA Anno: 2007 |
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Durata: 100" |
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Distribuzione: Eagle
Pictures |
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Sito ufficiale:
http://www.focusfeatures.com/easternpromises
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Il corpo e l’anima
ricoperti di segni: tatuaggi, cicatrici, segreti che non si possono
raccontare. Tatiana ha quattordici anni, è arrivata a Londra dall’Est
carica di speranze, muore in un lago di sangue mentre sta dando alla
luce una nuova vita.
L’ostetrica Anna Khitrova (Naomi Watts), figlia di
un russo, ha un aborto alle spalle, raccoglie il diario della sventurata
ragazza e la sua neonata che ha chiamato Christine, quindi scopre un
universo in cui, dietro le rassicuranti promesse di un anziano
ristoratore dai modi raffinati e gentili, la minaccia, la sopraffazione
sono la norma. Nikolai Luzhin (Viggo Mortensen) è l’ambizioso autista e
tirapiedi di un potente clan mafioso guidato dal vecchio Semyon (Armin
Mueller-Stahl), padre-padrone del fragile Kirill (Vincent Cassel) e in
apparenza mite gestore di un ristorante transiberiano. Questi i
personaggi principali del nuovo dramma feroce e violento di David
Cronenberg. Il corpo è ancora al centro: specchio di anime in mutazione,
mappa scolpita nella carne per orientarsi nei labirinti della mente,
fino a tradurre i segni di inquietudini striscianti (la profonda ansia
di essere qualcuno/qualcosa nell’immenso cimitero dei vivi), quando non
proprio della più disturbante follia.
Come il precedente
A
History of violence (2005), anche l’ultimo film del grande cineasta canadese
adotta la cornice del noir, il linguaggio delle storie criminali letterarie o di
celluloide dove ogni destino è segnato e gli eroi, quando ci sono, indossano
maschere tragiche, escono malconci da un corpo a corpo col villain di turno e
con la vita tutta, con le forme illusorie dell’idealizzazione umana.
Se il riscatto è un puntino
che scompare all’orizzonte, nero è il colore del sacrificio (e delle acque
limacciose del Tamigi) così come la vita partorita dalle speranze disfatte non
può che chiamarsi Christine, da Cristo Redentore.
Il punto di forza della
pellicola è proprio il racconto, distante da qualsivoglia concessione ai topoi
retrivi del thriller urbano tutto adrenalina, sparatorie e
inseguimenti.
Semplice, lineare eppure monolitico (Steve Knight è anche autore dello script di
Dirty Pretty Things di Stephen Frears), il plot inchioda alla poltrona
lavorando sulle mille sfumature di concetti come bene e male, colorandosi fin
dalle prime battute di toni shakespeariani, incrociando addirittura archetipi
fiabeschi (una fanciulla in pericolo, un cavaliere, un mostro).
Londra (la Londra degli
immigrati, mica Notting Hill) ridotta a due strade e ad un pugno d’interni,
fotografata con gradazioni sature dal polacco Peter Suschitzky
(la sua prima
collaborazione con Cronenberg risale al 1988 per Inseparabili). Un posto
uggioso in cui, dice Semyon: «Non nevica mai, non fa mai caldo, Londra è una
città di puttane e froci».
Identità, memorie cancellate.
Potere arcaico, piramidale. Azerbaijani, Ucraini, Kazaki, Uzbechi, Abkhaziani.
Padri e figli, fratelli nell’abuso, nel business, nell'accumulazione del
capitale effettuata con ogni mezzo necessario. Codici inviolabili. Sentimenti
nascosti, cifrati, annullati dall’evidenza. Tensione omoerotica che riporta alla
mente Inseparabili e Crash. Niente pistole, solo lame: rasoi da
barbiere, micidiali coltelli che squarciano le carni, aprono porte oscene verso
l’interno, lasciano altri segni addosso ai cadaveri e sui sopravvissuti. Le
stelle della Vory V Zakone (alla lettera: "ladri nella legge", la criminalità
dell’ex Unione Sovietica con filiali in Europa, Israele e USA) tatuate
all’altezza del petto e su entrambe le ginocchia dopo aver giurato e provato la
propria indiscutibile fedeltà all’Organizatsya, dopo aver rinnegato il padre e
la madre. I criminali russi dicono che se entri in carcere senza tatuaggi
sull’epidermide, non hai biglietto da visita, non hai passaporto, non hai
biografia, non esisti. I criminali russi sostengono che l’onore è espressione di
virilità. Altre promesse, come quelle che gli sfruttatori hanno fatto a Tatiana:
l’Occidente, una vita migliore, le luci sfavillanti di una metropoli opulenta.
Non il sogno che si frantuma, non la droga, la schiavitù, pelle bianca e giovane
profanata, ridotta a spazzatura da buttare via.
«Resta viva. Ancora un po’.»
dice Nikolai alla baby-prostituta che ha appena finito di scopare sotto gli
occhi allucinati di Kirill.
Cronenberg provoca disagio
nello spettatore. Cronenberg urta la sensibilità di chi paga il biglietto per
vedere un suo film. Attento ad ogni dettaglio, Cronenberg usa la macchina da
presa come una morsa, la colonna sonora firmata da Howard Shore (melodie da
requiem per cimbali, fiati e violino) come un cappio emozionale. Prima di
trovare l’umano dentro Eastern Promises bisogna attraversare l’inferno,
incrociare il gelo di uno sguardo di Mortensen o di Cassel, certificare la morte
dei desideri su un tavolo autoptico.
Non delude, Cronenberg. Adegua
i generi a se stesso (ieri l’horror, oggi il noir) e affianca alla classicità
del soggetto uno studio iconografico sviluppato in primo luogo attraverso la
scelta degli attori. Rinuncia al banale narcisismo registico, alza la posta in
gioco e da autentico stratega del materiale filmico supera le aspettative,
garantendo una volta di più che niente può essere a buon mercato le ormai sempre
più rare volte in cui il cinema non fa il ruffiano. Dasvidania, cinepanettoni!
Nino G. D’Attis
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