Titolo originale: id. |
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Regia: Richard Kelly |
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Interpreti: Cameron Diaz, James Marsden, Frank Langella, James
Rebhorn, Holmes Osborne, Sam Oz Stone, Madame Coco, Gillian Jacobs, Celia
Weston, Lisa K. Wyatt, Ian Kahn |
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Soggetto: Richard Matheson |
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Sceneggiatura: Richard Kelly |
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Fotografia: Steven Poster |
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Scenografia: Alexander Hammond |
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Costumi: April Ferry |
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Musica: Win Butler, Régine Chassagne, Owen Pallett |
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Montaggio: Sam Bauer |
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Produzione: Darko Entertainment, Warner Bros |
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Paese: USA Anno: 2009 |
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Durata: 115' |
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Distribuzione: Lucky Red |
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Sito ufficiale:
http://thebox-movie.warnerbros.com/dvd/index.html
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"l'enfer,
c'est les autres"
(Jean-Paul Sartre)
Nessuno conosce più il cinema. Nessuno prova più il desiderio di
spingersi aldilà del mero intrattenimento.
Ci hanno consegnato una scatola misteriosa, sormontata da un bottone rosso.
Qualcuno ci ha detto che, premendo il bottone, il cinema sarebbe morto. Non
abbiamo esitato un secondo. Ecco perché The Box, opera magnifica di
Richard Kelly (autore di Donnie Darko e del bistrattato Southland
Tales) è uscito in un silenzio rotto soltanto da quattro idioti che hanno
bollato questo film come ridicolo, palloso e sostanzialmente irrisolto. Niente
di più falso. The Box è invece l’ultimo, disperato urlo di un’arte, in
bilico tra poesia e uffici marketing, condannata alla pena capitale dal
business. È cinema contemporaneo (e del futuro, si spera) che dialoga anzitutto
con tre giganti del passato: Hitchcock, Kubrick, Don Siegel, quindi con la penna
del leggendario Richard Matheson, scrittore americano la cui biografia conta
ripetuti – e fatalmente non sempre felici – appuntamenti con il grande e piccolo
schermo. Da Matheson, Kelly adatta alle sue corde un racconto del 1970 dal
titolo Button, Button (a sua volta ispirato a Il Mandarino, una
storia fantastica scritta nel 1880 da José Maria Eça de Queiroz), ricordandosi
di come il soggetto sia stato alla base de La Pulsantiera, episodio della
serie televisiva Ai confini della realtà.
Siamo a Richmond, Virginia, nell’anno 1976 delle due missioni Viking con le
sonde allestite per ottenere immagini di Marte ad alta risoluzione e verificare
l'eventuale presenza di forme di vita sul pianeta rosso. Gli Stati Uniti hanno
duecento anni e si preparano ad avere un ex produttore di arachidi come 39°
presidente. Steve Jobs e Steve Wozniak hanno appena fondato in California la
Apple Computer Inc. Dwight Stones ha stabilito il record mondiale di salto in
alto: 2,32 cm. Una mattina, i coniugi Norma e Arthur Lewis (Cameron Diaz
e James Marsden) trovano davanti alla porta una scatola lasciata lì dal sinistro
Arlington Steward (Frank Langella) che li invita a partecipare a un gioco molto
strano e pericoloso in cui è possibile vincere un milione di dollari esentasse
al prezzo della vita di uno sconosciuto. Il signor Steward, forse un burlone, un
mitomane, un truffatore travestito da pacato gentleman, aggiunge che Norma e
Arthur hanno ventiquattro ore per decidere se premere il bottone o passare la
scatola a un’altra coppia. I Lewis, questo è il guaio, vivono al di sopra delle
loro possibilità economiche e stanno attraversando un momento non proprio
felice: il giorno in cui Steward fa la sua proposta, entrambi hanno ricevuto
delle batoste al lavoro (lei, insegnante, perde il posto, lui, dipendente della
NASA, vede sfumare l’opportunità di diventare astronauta). Dunque, a pensarci
bene, un milione barattato con la vita di un perfetto sconosciuto non sembra poi
un’idea così balorda.
Il film parte da questo, e diventa rapidamente qualcosa di estremamente
inquietante, un caleidoscopio in cui, scrutando con la debita attenzione, si
intravede Sartre (non solo nella scena della lezione di Norma all’università ma
negli sguardi, nei gesti di Steward che ci ricordano che l’uomo - passione
inutile - è condannato ad essere libero e che in ogni caso non ci sono bambini
“innocenti”). Si scorgono frammenti sparsi (e meravigliosi) di
Invasion of
the Body Snatchers, 2001 Odissea nello spazio, Shining e
soprattutto Eyes Wide Shut (con James Marsden al posto di Tom Cruise e il
dubbio di non conoscere davvero la persona che hai sposato a inchiodarti sulla
poltrona). Per Kelly, la scatola misteriosa (il MacGuffin
necessario
per sviluppare gli snodi basilari della trama, l’avrebbe definito Sir Alfred) è
come la lanterna magica illuminante/illuminata nella terra di nessuno: al suo
interno (benché a un’occhiata superficiale appaia vuota) si trova tutto e si può
partire verso tutto.
Ecco allora un thriller metafisico girato pensando ai classici di una volta
(e con misurate concessioni agli effetti CGI). Una pellicola che recupera
felicemente l'estetica delle produzioni anni ‘70 e chiede all’indolente
spettatore del XXI° secolo di impegnarsi a bucare la superficie per andare oltre
la storiella che Matheson (e prima di lui Eça de Queiroz) ha riformulato
partendo da Adamo, Eva e la faccenda del frutto proibito. Quando Dio,
anticipando Sartre, capì che non
facciamo quello che vogliamo e tuttavia siamo responsabili di quel che siamo.
(Nino G. D’Attis)
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