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ISHMAEL REED: Mumbo Jumbo

(Shake Edizioni, pp. 230, € 13,00; traduzione di Anne Meservey – cura e revisione della traduzione di Cristina Saffiotti)

 

ISHMAEL REED: Mumbo Jumbo "Secondo l’astrologa Evangeline Adams, l’America è nata il 4 luglio alle ore 3 e 03, con ascendente nei Gemelli. Dunque, mercuriale, inquieta, violenta."

Il Jes Grew è un’epidemia psichica apparsa per la prima volta negli Stati Uniti nel 1890 e tornata a colpire negli anni ’20 del Novecento, in quella che è conosciuta anche come l’Età del jazz. Il Jes Grew non perdona e fa paura ai bianchi, mette strizza ai padroni dell’America che ne intuiscono la portata sovversiva: un virus che fa ballare la gente, rende disinibiti, facilita la socializzazione non può che essere maledettamente pericoloso ("Non capisci che se questo Jes Grew diventa un’epidemia significherà la fine della Civiltà Come Noi la Conosciamo?"). Versando in uno "stato di agitazione incontrollabile", la gente fa "cose stupide e sensuali" e quando qualcuno prova a descrivere i sintomi ai medici che cercano di controllare la situazione, il risultato è a dir poco bislacco: "Diceva che si sentiva di poter ballare su una monetina da dieci centesimi".

Ma non finisce qui: ci sono marines inviati ad invadere Haiti con la solita scusa: "portare la stabilità"; androidi in calzamaglia verde menta, cavalieri teutonici, templari, il Libro egiziano di Thoth, l’astrodetective Papà LaBas (protagonista di altre due storie di Reed e convinto assertore della necessità di riannodare i fili tra gli afroamericani e la loro cultura), il gumbo e il vudù e poi...

Se dico che Mumbo Jumbo è fatto di parole e immagini ISHMAEL REEDe vive di vita propria quanto Il Pasto nudo di Burroughs e L’ Arcobaleno della gravità di Pynchon o non meno di un’opera pittorica di Mati Klarwein, capirete la necessità di saltare ogni tentativo di raccontarlo per invitarvi caldamente alla lettura. Narrazione stratificata, intrecciata al saggio (politico, filosofico, religioso) seguendo l’estetica bebop basata sulla parafrasi di temi preesistenti: atto pirata che tende ad arricchire gli elementi di partenza attraverso una ‘griglia’ di accordi che sostengono gli assoli dei vari personaggi. Nella sua postfazione, Franco Minganti scrive: "Reed si districa tra i differenti registri della scrittura, intrufolandosi tra le pieghe dei vari generi letterari". In effetti non si può fare a meno di pensare al proficuo scambio di fluidi tra cultura Pop e postmoderno, ad una narrativa che smonta i protocolli letterari tradizionali per cercare l’avventura di forme nuove o di ‘non formè (per Reed, il processo è avvenuto molti anni prima che si cominciasse a parlare di Avant Pop).

Considero questo romanzo la lettura più importante nella quale mi sia imbattuto negli ultimi tempi. Una felicissima scoperta, anzitutto. Reed, nato nel 1938 a Chattanooga, Tennessee e cresciuto a Buffalo, città nella quale mosse i primi passi come critico jazz per il settimanale Empire State, ha pubblicato nove romanzi (il primo è The Freelance pallbearers, apparso nel 1967) più diversi saggi, poesie, canzoni, testi per il teatro e per la televisione (Personal problems, 1981). ISHMAEL REEDA New York, nel 1965, fu tra i fondatori della rivista underground East Village Other, destinata a conoscere larga fama in tutti gli States. Ora vive ad Oakland e insegna all’Università della California di Berkeley dopo essere passato per Harvard, Yale e Dartmouth. Sulla sua opera, come ricorda la nota esauriente in coda al volume, esiste un notevole apparato critico (un ottimo punto di partenza sul web è www.ishmaelreedpub.com) che include contributi di Reginald Martin, Robert Elliot Fox e Jay Boyer, autore nel 1993 della monografia Ishmael Reed.

Spero che la Shake abbia in animo di tradurre l’opera omnia di questa potente voce della cultura afroamericana, scrittore definito da Max Roach "The Charlie Parker of American fiction" ma che non trovo del tutto fuori luogo paragonare a Sun Ra. Il consiglio è di provare a leggere Mumbo Jumbo con Space is the place in sottofondo.

(S.B.)