Fanculo
la pena di morte.
Al di là dell’essere a favore o contro, in uno stato come quello del Texas
non si può che esprimersi con «fanculo la pena di morte»: per la faziosità,
l’incompetenza e la meschinità politica che ne sorregge l’architettura. E
non sono troppo lontane le riflessioni di un certo Beppe Grillo («Bush è il
più grande serial killer della storia!»).
Il dubbio letale è l’edizione italiana di un articolo pubblicato da
James
Ellroy su GQ nel maggio 2000, una manciata di parole che ricostruiscono la
vicenda processuale del giovane afroamericano Gary Graham, giustiziato nel
giugno 2000 per l’omicidio a scopo di rapina di Bobby Grant Lambert. Unico
atto d’accusa: la deposizione contraddittoria di un solo testimone.
Nessuna riflessione etica, nessun giudizio morale, niente di niente sulla
tremenda diatriba “è giusto che lo stato uccida chi ha ucciso?”. Lo
scrittore punta l’obiettivo esclusivamente sulle modalità con cui nella
contea di Harris vengono condotti i riconoscimenti fotografici, i confronti
dal vivo, come vengono composte le giurie (gli oppositori alla pena di morte
non possono farne parte nei casi di omicidio), la posizione dei giudici
(«regolarmente dalla parte dell’accusa»), la scelta dei difensori d’ufficio
(«adatti e poco combattivi») e così via in un putrido crescendo di
distillato “american dream”.
Parole crude, quasi impersonali, che si abbeverano tra i verbali della
polizia e gli atti processuali per costruire un documento-testimonianza su
un omicidio di stato, uno dei tanti.
Ellroy,
semplicemente, trasforma in tragedia ciò che solitamente è semplice
statistica. La condanna di Graham non è la condanna di un innocente (è un
disadattato che si fa di “Black Molly” e commette rapine, è «un sacco di merda, ladro, stupratore e misantropo »), ma non ci sono prove che abbia
commesso ciò per cui è stato giustiziato.
Questo è il dubbio letale:
«Non esiste una risposta alla domanda: “perché la pena di morte è
necessaria?". Un solo dubbio mi tormentava. Lasciando uno spiraglio aperto
al ripensamento. Non mi interessava la maggior parte delle richieste di
grazia fondate sulle attenuanti. Non mi interessavano le statistiche secondo
cui la pena di morte discrimina la popolazione di colore. Ma non potevo
ammettere l’esecuzione di uomini e donne innocenti».
(A.S.)
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