Nell’estate
in cui tutto il circo mediatico ha tenuto a farci sapere che il mercato
dell’editoria italiana si è molto espanso negli ultimi dieci anni, ci è
risultato molto, ma molto difficile entrare in libreria e sceglierci il
nostro compagno in formato cartaceo da “consultare” sotto un qualunque
ombrellone, senza dover ripiegare sul solito classico d’annata. E vanno bene
i paratesti e tutto il loro apparato. E va bene la cultura allargata a
tutti. E va bene che “tanto basta leggere”. E va bene anche “è meglio due
ore di un qualunque libro alla mezzora di tv, ché tanto è tutta spazzatura”.
Ma sinceramente, di barzellette su e di Totti, novello
Pablo Neruda da Porta Metronia, confessioni di Sconsolata, problemi
“cul-turali”di Natalino Balasso, e invettive di Bisio,
con tutto il rispetto per quest’ultimo, ne avevamo e ne abbiamo tuttora le
palle un po’ piene. Ragion per cui, escludendo per altre ragioni i vari
Welsh,
Leonard
e
Bunker,
scartabellando tra gli scaffali di questi nuovi megastore dell’industria
culturale d’oci ciorne, ci siamo voluti imbattere in questo
quarantenne francese di sangue pressoché totalmente nostrano: Tonino
Benacquista, con la pronuncia per i francofoni sull’ultima “a”. Già fans del
suo precedente Saga (sempre con pronuncia ossitona), eravamo stati
attratti dalla quarta di copertina di Qualcun altro. “Racconto di
suspense tra Hitchcock e Pirandello, con
ricchezza romanzesca della vita reale”. Mentre non possiamo spiegarvi la
foga con cui ci siamo divorati il libro, possiamo però dirvi che 17 euro, in
assoluto un’esagerazione indubbiamente, non ci sono mai sembrati spesi così
bene.
Thierry Blin e Nicolas Gredzinski.
Una
partita di tennis tra sconosciuti, ma insoddisfatti entrambi della propria
vita piatta e banale. Una vodka ed una scommessa: ritrovarsi nello stesso
circolo a tre anni di distanza e vedere chi è riuscito a diventare un altro.
Chi vince, può chiedere qualunque cosa all’altro. Scrittura sobria,
asciutta, ritmo da film, colpi di scena, dialoghi puntuali, trovate geniali,
come il racconto dell’invenzione del trickpack, investigatori privati. Due
storie che corrono parallele senza incrociarsi: tutto in perfetto stile
Benacquista. Non chiedeteci di raccontarvi dell’altro: rischieremmo di
rovinarvi la storia. Non conosciamo gli archetipi della scrittura del
franco-italiano. Sappiamo che ha voluto fare molti mestieri al fine di
essere uno scrittore completo. Secondo noi ci è riuscito. Certo, due sole
prove letterarie non rappresentano il banco di prova più attendibile nel
giudicare uno scrittore. Ma certamente non sono poi pochissimo. Già questo
Qualcun altro, almeno come storia, è
totalmente differente dal mirabolante Saga. Benacquista dimostra di
saperci fare e parecchio, sia facendo scivolare la penna sul foglio (e ci si
perdoni se consideriamo la scrittura ancora non un mero esercizio per i
polpastrelli sulla QWERTY!) sia come psicologo e sceneggiatore: niente è
lasciato al caso. Tutto è ricostruito e spiegato nei minimi dettagli. Ciò
che sembra essere in un primo momento accantonato, viene ripresentato e
ripreso successivamente. Ogni ambiente descritto, da quello della
televisione a quello del settore marketing delle varie multinazionali, da
quello degli investigatori privati a quello dei negozianti, è descritto alla
perfezione: tic, manie,abitudini e “processi produttivi”. Insomma, un gran
bel libro e un grande scrittore. Forse non il massimo rappresentante per chi
ama la bella scrittura, anche se fine a se stessa a volte, ma sicuramente
uno dei migliori per chi vuole leggere in treno. Eh sì, perché questo, e che
non assomigli ad un’offesa, è il classico libro da treno: si legge facile,
ci si estranea bene e si riesce anche a finirlo in tratte non
particolarmente corte, a dispetto delle sue 250 pagine.
Ah les italiens!
Come
direbbero all’Eliseo. E chissà se ai francesi girino le palle nel sapere che
questo “ragazzo” non è loro figlio al 100%. E con quest’accenno di
sciovinismo, come tradizione d’oltralpe ci insegna, vi salutiamo augurandovi
un buon rientro nelle vostre vite post-estive. Salut.
Simone Pollano |