IRVINE WELSH: Porno (Guanda, pp. 540, € 17,00; traduzione di Massimo Bocchiola) |
A lungo, ho resistito alla tentazione di acquistare una copia import di questo romanzo. La ragione è molto semplice: la lingua di Welsh è così viva da mordere a fondo i traduttori professionisti, figuriamoci cosa avrebbe potuto fare alle morbide chiappette di un dilettante. Meglio non correre rischi. Ho aspettato, sforzandomi ogni giorno di pazientare fino all’annuncio ufficiale dell’uscita, snobbando bellamente il 99% dei titoli pubblicati da Guanda negli ultimi 12 mesi. Non ero lì ad attendere l’edizione italiana del tanto sbandierato seguito di Trainspotting perché: a) i sequel letterari, da Vent’anni dopo ad Hannibal, fanno puntualmente schifo (anche quelli cinematografici, uniche risapute eccezioni la trilogia de Il Padrino e la saga di Alien); b) se mi avessero annunciato l’arrivo in libreria di un manuale di giardinaggio firmato Irvine Welsh, probabilmente non avrei fatto una piega. Per farla breve, mi premeva leggere l’ultimo libro di un autore che considero immenso, vero erede dell’alta cucina letteraria in forma di satira sociale introdotta da Swift e proseguita con le rivoluzioni linguistiche per eccessi di Céline e Burroughs. Riecco allora, fuor di nostalgia canaglia, gli sballatoni di Trainspotting: dieci anni di più sul groppone, stessa cialtronesca attitudine a sopravvivere con mezzi poco puliti e le tasche piene di vecchi rancori da sfogare. Generazione moratoria, parata di personalità instabili, deboli, isolate, non integrate: materiale umano di prima scelta per uno scrittore interessato a cantare i fallimenti spingendo sull’acceleratore del grottesco. Il primo a riaffacciarsi sulla scena è Simon David Williamson, aka Sick Boy, cinico e opportunista di professione. Non avendo fatto strada a Londra come sperava, Sick Boy fa appena in tempo a tornare a casa per rilevare un pub fatiscente giù a Leith che già finisce con le mani in pasta in un giro di pornografia organizzato da Gas Terry. C’è dentro anche Nikki Fuller-Smith, studentessa universitaria a caccia di fama imperitura e di nuove sensazioni («E dopo questi filmini a luci rosse, voglio fare un po’ di porno serio, e dopo voglio produrre o fare la regista»), forse attratta dal porno come gioco all’esplorazione dei confini del sé. Un certo Mark Renton si è invece nascosto ad Amsterdam tenendosi un signor gruzzolo (16.000 sterline) dopo aver buggerato i compagni e ora soffre pene d’amore per Katrin, una ragazza tedesca. Renton gestisce il Luxury, club all’interno del quale un giorno il destino gli porta come dj ospite l’edimburghese Carl N-SIGN Ewart (la storia di questo personaggio è raccontata per intero nel precedente Colla). Poi c’è il Nemico Pubblico N.1, la mina vagante Frank Begbie. Rimesso in libertà dalla legge, il terribile Franco è imbufalito più che mai e non vede l’ora di cacciarsi in qualche nuovo guaio. Beh, ovvio che la rimpatriata non avrebbe potuto esser tale senza quella sagoma di Spud. Lui non riesce proprio a staccarsi dalla roba. Ha avuto un figlio da Alison, frequenta un gruppo di sostegno e (incredibile), medita una carriera come scrittore, anzi, addirittura come storico locale. Questo il catalogo faunistico, signore e signori. Vera grande protagonista del romanzo è quella pornografia che tematicamente sostituisce l’eroina di Trainspotting e che Welsh tratta (probabilmente d’accordo con Ballard, il quale la definì ne La Mostra delle atrocità “La forma di fiction più letteraria di tutte: un testo verbale che conserva il minimo di legame con la realtà esterna”) come elemento primordiale entrato a far parte della cultura di massa. La pubblicità usa il linguaggio della pornografia, ne traduce i segni per farsi ammiccante, intendendo ‘spingere al prodotto’ il Mr. Bean di turno. Ricordando che tra la fine degli anni Ottanta ed i primi Novanta in Gran Bretagna si è assistito a un’avvilente persecuzione nei riguardi della S/m culture e della pornografia in genere (a Manchester, la polizia sequestrò materiale pornografico di vario tipo incriminando onesti cittadini che tra le mura domestiche si dedicavano ad atti consensuali definiti ‘osceni e violenti’), l’attenzione di Welsh è per quell’Inghilterra puritana che nel limitare la libertà al cittadino dai costumi non ortodossi, non si esime dal consegnargli ogni giorno chiavi per accedere all’immaginario erotico del ‘product’. Ma, attenzione (e qui ci facciamo beffe degli scandalizzati detrattori): se il porno è prodotto, Welsh è il punk che ancora oggi diserta i salotti e ammette candidamente di considerare la scrittura un sistema facile per fare soldi. Raccogliendo nomi e facce dei libri precedenti per sommarle a nuovi tasselli, Porno è l’opera che spiega meglio di ogni altra il percorso del matto di Edimburgo: proprio come John Lydon e James Joyce, egli sa che il suo verbo selvaggio e popolare è in odore di eternità più di tutto l’indecoroso andazzo letterario che molti amano celebrare.
(N.G.D’A.) sul web: www.irvinewelsh.net http://www.randomhouse.co.uk/minisites/porno/
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