VIONETTA racconto di Jimi Kozik ( Leggi l'intervista all'autore ) |
Eravamo al Macello. Tony, la mulatta e il sottoscritto, con i piedi ghiacciati e mezzo pieno di Budweiser e benzedrina. Il Macello: zona di battone con almeno sei mesi di servizio sulle spalle. Manze vere, mica fichette che si tirano indietro alla prima richiesta particolare. La merce controllata all’origine di Tony Faccia di Macaco era di seconda scelta, certo. Però c’era la fila ogni sera. Come tutte le altre manze, anche Vionetta lavorava per le macchine di Tony. Per le Maserati color ghiaccio, per le cravatte, per i completi da magnaccia italiano che non ci tiene a passare inosservato neanche per sbaglio e per la Jacuzzi nuova di zecca che Tony aveva sognato ogni santa notte passata al gabbio. Quattro anni di sogni senza la condizionale, poi era uscito per comprarsela. "Sparami in faccia, pezzo di merda." "Ci sto riflettendo." "Da quando sei capace di riflettere, Tony?" La mulatta cadde indietro a gambe all’aria. Bel gancio, paisà. Si vedeva parte della merce, sotto la gonna corta di lana rossa. Uno spicchio di calda delizia cioccolato e miele allevata ad Harlem. "Tu parli troppo, Vionetta." disse Tony accendendosi uno spino. Esausto. Stravolto. Drammatico. "È vero o non è vero che questa negra scassaminchia parla troppo?" Scrollai le spalle. Avevo troppo freddo anche solo per muovere le labbra. "Sparami e facciamola finita." "Ti faccio sputare tutti i denti. Uno ad uno, eh?" "Sparami, avanti. Fammi vedere che non sei un mezzo uomo." Aveva fegato, la piccola. Anima di roccia sotto la pelle morbida. Un punto per Vionetta e tenetemi ferma la proboscide. "Che devo fare, Jim? Tu che faresti al mio posto?" "Magari potresti accontentarla" ridacchiai. "Però mi ritroverei con una puttana di meno nel cortile..." "Beh..." Tony Faccia di Macaco si grattò la testa, girò i tacchi, fece un gran sospiro. "Tanto la stronza ha intenzione di mollarmi..." "Es-at-to, papino" sibilò la signora delle vipere. Seguì uno sputo per terra: sangue, saliva e un incisivo. Tony estrasse la 38 e armò il cane. L’ultima volta che avevo visto quella pistola, un fratello piuttosto scemo si era ritrovato a succhiarne la canna prima di perdere letteralmente la faccia. Dormiva a Coney Island, il fratello Fat Lionel. Sorvegliato da una combriccola di granchi impestati di catrame. Violetta rabbrividì. Occhi verdi, da rimanere abbagliati. Belle gambe e occhi verdi. Brutta perdita, pensai. "Deciditi, Tony. Sto crepando dal freddo." "Ti ci metti anche tu, amico?" "Dico solo che fa un freddo di merda, tutto qui." "Puoi mettere il culo in macchina, se vuoi." Tony indicò la Maserati parcheggiata davanti al vicolo. "Non ci metterò molto a sistemare la cosa." Non risposi. Mi avviai verso il bolide contando mentalmente i secondi che avrebbero separato quell’istante dallo sparo. Otto, sette, sei, cinque, quattro, tre... Venti minuti più tardi, stavo ascoltando alla radio I get high on you di Sly & The Family Stone quando Tony bussò al finestrino. Aveva un’espressione da idiota in visita al luna park e alle sue spalle, tutta intera, c’era Vionetta intenta a ripassarsi il rossetto sui labbroni. "Jim, amico mio...scusa se ti abbiamo fatto aspettare. Portaci di corsa in un bel locale caldo dove bere qualcosa di decente." Lo guardai pasticciare coi lembi della camicia che fuoriuscivano dai calzoni. Conoscevo quell’uomo. Era stato buono con me nei giorni della fame e dei calzini bucati. "Capo?" "Sì, Jim?" "Con tutto il rispetto: questa ragazza è una puttana con le palle!" |