PARAFFINA racconto di Jimi Kozik ( Leggi l'intervista all'autore e un altro suo racconto ) |
Inginocchiato sul marciapiede, gli occhi gonfi di lacrime e la mascella rotta, Rodney aspettava lo sparo, poi il buio e il silenzio senza forma e senza colore. Le fitte erano scomparse, solo quel fischio rognoso nelle orecchie continuava a dargli noia. Gli sembrava di ondeggiare in un turbine d’aria calda sputata fuori da un gigantesco reattore. Sopra di lui, qualcuno si schiarì la gola e fece una battuta spiritosa. Melvin, probabilmente. Quando il capo non era nei paraggi, Melvin ce la metteva tutta per attirare l’attenzione con le sue uscite da cabarettista mancato. Un altro scoppiò a ridere. Non era una gran risata, un raglio piuttosto. Questo era John, il negro. Tre contro uno: avevano lavorato con tubi di piombo e tirapugni e lui aveva perso. Le lancette dell’orologio al polso destro segnavano le 20.35, segno che il tempo si era fermato quando i cani da guardia di Wade erano andati a prelevarlo da casa. "Sei troppo pallido, Rod. Ti portiamo a prendere una boccata d’aria." "Calma ragazzi, io..." Il negro aveva preso una birra dal frigo. Melvin gli aveva sorriso. "È un pessimo inizio, amico mio. Ti ho forse chiesto di farci un pompino?" "Vi manda Wade?" "No, Catherine Zeta-Jones." Altra risata, altro raglio d’asino. La gita a bordo della Volvo fino al vecchio deposito di legnami della Landsberg Inc. era durata una ventina di minuti. Seduto al volante, Melvin aveva messo su un nastro di Johnny Jones & The King Casuals con una versione di Purple haze di Jimi Hendrix e il biondo dall’aspetto malaticcio che chiamavano Craig se ne era uscito dicendo che probabilmente quella era in assoluto la canzone più bella del mondo, o almeno la sua preferita. "Forse", aveva commentato Melvin, "dimentichi che appena due giorni fa, proprio in questa macchina, hai detto la stessa cosa per Desperado degli Eagles rifatta da Johnny Cash." Craig era nuovo nella banda. Giovane, inesperto e imbranato, accento di Brooklyn. Wade l’aveva preso con sé dietro raccomandazione di Sal Ventavoli, il suo socio nel New Jersey: "Mettilo in prova. Fallo crescere. Insegnagli a diventare uomo." Lo chiamavano anche Paraffina, vai a capire perché. Rodney sputò un grumo di saliva e sangue. Provò a far forza sulle braccia ossute per tirarsi su ma le braccia avevano smesso di collaborare. "Adesso, Craig, tu gli fai saltare la testa." "Io?" "Vedi altri coglioni che si chiamano Craig Paraffina qui intorno?" "Uh..." "Hai una Sig Sauer, sei proiettili nel caricatore e uno in canna" disse Melvin in tono calmo. "Wade Holland ha voglia di sapere questo sacco di merda qui davanti ridotto a cibo per vermi." "Wade?" "Per te il signor Wade, l’uomo che a Detroit ti ha dato una casa, una macchina nuova, dei vestiti e un fiume di dollari che andrà di sicuro in secca se adesso non ti deciderai a fare quel che dico." Fine. Che ne era stato di Sheryl? Avevano fatto dei progetti insieme, fantasticato su una fuga impossibile alle Cayman, o magari in Europa. Innamorati e illusi, avevano sperato di uscirne incolumi in qualche modo. Una pazzia. Sfidare uno squalo come Wade Holland era stata una pazzia bella e buona. Scopargli la moglie, soffiargli un grosso affare sotto il naso, sentirsi più furbi del boss. Un cazzo. Ecco come era finita. "Non farmi perdere le staffe, Craig. Non ti conviene." "Vaffanculo, Melvin. Mi è venuto uno strappo al polso mentre pestavo lo stronzo." "Cazzate." "Credi che non abbia le palle? Mi sa che dovresti chiedere informazioni sul sottoscritto a Salvatore Ventavoli." Sheryl, Sheryl, Sheryl. Forse lei ce l’aveva fatta, era ancora viva e al sicuro. Era così. La bellezza non muore. La purezza sopravvive alla violenza. Sheryl era un angelo finito chissà come nella discarica di Wade Holland. "Ho un messaggio per te" ghignò Melvin troncando improvvisamente il battibecco con Craig. "Mi ascolti, Rod? Sì che mi ascolti! Il messaggio arriva dritto dritto dal mio cazzo e dice che Sheryl Brewer lo prende dietro che è una meraviglia!" Dolore. Mise a fuoco il naso aquilino di Melvin a pochi centimetri dal suo. Il fiato di Melvin, la canna della 44 che quel sadico figlio di puttana gli stava strusciando sulla guancia. "Sheryl ti ha venduto." Non era vero, si stava solo divertendo. "Ce la siamo sbattuta tutti. Io, John, perfino Craig Mezzasega Paraffina ha fatto la sua parte. È stata lei a chiedercelo, Roddy." Stronzate. Sheryl non... "Gran vacca, riposi in pace." "Sh-er...yyyl..." "Cristo, amico, mi sa che è un po’ tardi per frignare." La risata di Melvin. Le dita chiuse sull’impugnatura del revolver. "Sh-err..." "Roddy?" Era sveglio e Wade gli stava davanti con una tazza di caffè in mano. "Un altro incubo, amore mio." sussurrò. "Mangi troppe schifezze." Rodney si raddrizzò tirando indietro il corpo. Per un minuto buono rimase immobile, in silenzio, ad annusare l’odore d’erba bagnata di rugiada che entrava dalla finestra. Stiracchiò le gambe, bevve il caffè mentre Wade cominciava a vestirsi. Il mento era un po’ sfuggente, la testa calva e lucida, ma era l’uomo della sua vita. Un criminale. La loro relazione era inquinata dalla presenza di Sheryl. Lei era il vero motore dell’organizzazione, teneva i contatti coi messicani e con Ventavoli attraverso Paraffina, il suo luogotenente. Se avesse saputo...Meglio non pensarci. "È tardi" disse Wade abbottonandosi i polsini della camicia. "Sheryl mi aspetta. Devo recitare la parte del bravo marito che torna da un viaggio d’affari a Miami." Lo baciò. "Wade?" "Sì, Rodney?" "Pensi che potremmo fidarci dei ragazzi? Pensi che Melvin, John il negro e Paraffina ci darebbero una mano a liberarci di quella strega fottuta?"
(Traduzione dall’inglese di Franco Cosacco) |
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