CHUCK PALAHNIUK: Ninna nanna (Mondadori, pp. 273, € 15,00; traduzione di Matteo Colombo) |
"Qui si parla del potere di vita e di morte. Di una morte fredda, pulita, senza spargimento di sangue, facile, alla portata di chiunque. Di tutti. Una morte istantanea, incruenta, da Hollywood."
Ancora una volta, la voce di un romanzo di Chuck Palahniuk è quella di un io narrante disturbato, disilluso, ferito da istanze che facendo leva su un carico di paure ingabbiano i desideri. Carl Streator, giornalista quarantenne, potrebbe davvero essere lo stesso personaggio dei libri precedenti, come fa notare Giuseppe Genna riprendendo la tesi esposta da Tommaso Pincio sulle pagine di Alias, il supplemento settimanale de Il Manifesto. Un Tyler Durden che dopo essere uscito dal Fight Club ha attraversato le pagine di Survivor, Invisible monsters e Soffocare simile ad un Fregoli al negativo, testimone resistente (in un misto di azzardo e sgomento) alle persecuzioni mediatiche, allo smembramento della volontà di una civiltà che ha oltrepassato da un pezzo la linea di separazione tra progresso e annullamento. Un vivo (forse l’ultimo, come il protagonista di Io sono leggenda di Richard Matheson) tra milioni di simulacri che vanno alla deriva nelle acque dello Stige ostentando fobie antiche (buio, silenzio, solitudine, malattie, fenomeni paranormali), residui di un’umanità pre-industriale e pre-virtuale. "Uccidere una persona a cui si vuole bene non è la cosa peggiore che le si può fare. Il più delle volte preferiamo aspettare che sia il mondo a farlo. E intanto leggiamo il giornale." Carl Streator ha ucciso e continua ad uccidere recitando una nenia africana raccolta in un’antologia dal titolo Poesie e filastrocche da tutto il mondo. Mentre semina morte sfruttando un regime di segni in grado di passare indenne per lingue diverse, egli immagina gli effetti di un programma di protezione dal contagio letale: "Pur di avere la certezza che ogni singolo frammento di informazione che si diffonde sia sicuro e pulito, la gente sarebbe ben felice di rinunciare quasi del tutto alla cultura." Streator (non Creator: i nomi per Palahniuk non sono mai casuali) è l’ atheos, l’ Edipo post-moderno che si inoltra verso la nera selva di una coscienza di sé sospinto da un moto dell’anima che attesta il peggior dubbio riguardo l’esistenza del Bene. Uccidere è rimuovere, distruggere il mondo per rifarlo: "La voce dice: forse non finiamo all’inferno per quello che facciamo. Forse finiamo all’inferno per quello che non facciamo. Per le cose che lasciamo a metà." Portandosi dietro il lutto di moglie e figlia, Streator costituisce una nuova ‘famiglia’ nella quale trovano posto Helen Hoover Boyle, agente immobiliare che fa affari d’oro con la compravendita di case infestate, poi la sedicente strega Mona Sabbat e il suo odioso/saccente fidanzato Oyster, fricchettone dedito al ‘nudismo ritualè e al vegetarianesimo oltranzista. Mostri anche questi (avete presente gli Osbourne?), eppure di natura diversa: antieroi a caccia delle ultime copie del libro maledetto sparse per l’America. Di cosa parla Ninna nanna? Gli argomenti sono gli stessi dei romanzi precedenti: l’orrore di un mondo che si corrode e le (im)possibili vie di fuga al peggio. L’assalto furioso, la seconda chance, più folle, irrappresentabile della prima. Schizofrenia come perentoria rivendicazione di libertà assoluta, volta al soddisfacimento di tutte le potenzialità umane. Una deterritorializzazione simile a quella di Lee, l’alter ego letterario di William Burroughs o del Travis/Talbot/Traven/Tallis/Talbert/Travers del ballardiano La Mostra delle atrocità. Fa male. Non consola nessuno. Però tiene svegli (e non solo per via del ritmo micidiale o delle numerose trovate). Pone una raffica di domande letali specialmente quando l’uso della distorsione e della sovrainterpretazione regnano sovrani fino ad impedire una chiara distinzione tra dramma e farsa. Quella di Palahniuk è letteratura delle molteplicità che cattura il nichilismo dei filosofi e lo mescola alla satira swiftiana, al paradosso, suggerendo una critica a ogni forma di controllo piuttosto che lieti finali o, peggio, pippe intellettuali a buon mercato disposte sull’altare del politicamente corretto. Osservate attentamente la copertina (e anche la foto dell’autore sul retro): l’uccellino dorme o è schiattato?
Nino G. D’Attis Il sito ufficiale: www.chuckpalahniuk.net |
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