Una cronaca drammatica
dal nostro Medioevo. Un instant-book che mette a fuoco un episodio
infame e recente di malagiustizia. Roma, 15 ottobre del 2009: Stefano
Cucchi viene fermato da una pattuglia dei carabinieri vicino al Parco
degli Acquedotti. Trovato in possesso di una modica quantità di hashish,
il giovane viene tratto in arresto. Questo è l’incipit di una storia
nera, il prologo kafkiano di un calvario che passa per un processo per
direttissima nel tribunale di piazzale Clodio e da lì alla sezione
penale dell’ospedale Sandro Pertini. La storia nera non è frutto della
fantasia di uno scrittore di genere: è reale e, purtroppo, senza lieto
fine. Perché Stefano Cucchi morirà, diventando il Cristo cui guardare
ogni volta che sentiremo parlare di diritti negati, di abusi di potere,
di morti sospette in carcere.
Non è l’Argentina del
1976. Non è il Cile del sanguinario Pinochet. Questa è l’Italia, avete
presente? Popolazione malata di calcio 365 giorni l’anno. Tette, culi e
talent-show dozzinali in televisione. Informazione soppiantata dal
gossip. I tossici sono merda. Gli immigrati sono merda. Le puttane che
battono per strada sono merda (le escort invece valgono oro). Nel
carcere di Bolzaneto, nell’estate del 2001, nessuno si fece veramente
male e a chi si ostina a parlare di vittime bisogna ricordare
pazientemente che ogni vittima è prima di tutto un potenziale colpevole.
Se cercate indifferenza, falle legislative, maltrattamenti e una nazione
che resta priva di uno specifico reato di tortura nel codice penale a
vent’anni di distanza dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni
Unite contro la tortura (che imporrebbe l'adozione di meccanismi di
prevenzione delle sevizie e dei soprusi, a partire da un'istituzione
indipendente di monitoraggio sui luoghi di detenzione) siete nel posto
giusto.
È l’Italia di Totti e
del piede magico di Messi, di Belen Rodriguez e Simona Ventura ma anche
di Federico Aldrovandi, morto a Ferrara la notte del 25 settembre 2005
dopo essere stato fermato da quattro agenti di polizia rinviati a
giudizio per omicidio colposo per aver ecceduto i limiti
dell'adempimento di un dovere. È il paese dei sorrisi, delle canzoni e
dei “suicidati” in carcere, dei proiettili vaganti, degli sfollagente
usati per tramutare l’ordine pubblico in violenza reiterata.
Proprio come
Aldovrandi, anche Stefano Cucchi muore massacrato di botte, la sua carne
martirizzata, ridotta un cencio. Negato il diritto ai suoi familiari di
fargli visita in carcere: non si può, questo Cristo fragile muore solo,
da desaparecido, e dobbiamo all’enorme coraggio dei suoi cari la
diffusione in rete e sugli organi di stampa delle tremende istantanee di
un corpo esposto a mille domande che ci auguriamo possano trovare presto
una risposta.
Lo scrittore Luca
Moretti, autore nel 2009 del romanzo Cani da rapina e il
fumettista siciliano Toni Bruno hanno unito le forze e realizzato un
libro importante che si avvale di un saggio di Cristiano Armati dedicato
alle vittime dell’ordine pubblico in Italia. Leggerlo, significa
imparare qualcosa su uno dei tanti misteri di casa nostra ma anche
interrogarsi sullo stato attuale dell’abiezione umana. È un racconto
crudo e diretto, del tutto privo di artifici letterari. È un libro di
storia contemporanea che bisognerebbe portare nelle scuole perché, come
scrive Armati: “Il 22 ottobre del 2009, con la morte improvvisa di
Stefano Cucchi, è cambiata la storia. Prima che venissero rese pubbliche
le fotografie del cadavere del trentunenne romano c’erano soltanto le
immagini dei campi di concentramento nazisti a urlare «se questo è un
uomo!» contro chi aveva costretto delle persone a finire, ormai ridotte
a scheletri, in cataste ammucchiate davanti ai forni crematori, o
malamente nascoste nelle fosse comuni.”
(N. G. D’A.)
http://nonmiucciselamorte.blogspot.com/
|