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LUCA MORETTI-TONI BRUNO: Non mi uccise la morte (Castelvecchi, pp.113, € 12,00)
 

LUCA MORETTI-TONI BRUNO: Non mi uccise la morte

Ordina da iBS Italia

Una cronaca drammatica dal nostro Medioevo. Un instant-book che mette a fuoco un episodio infame e recente di malagiustizia. Roma, 15 ottobre del 2009: Stefano Cucchi viene fermato da una pattuglia dei carabinieri vicino al  Parco degli Acquedotti. Trovato in possesso di una modica quantità di hashish, il giovane viene tratto in arresto. Questo è l’incipit di una storia nera, il prologo kafkiano di un calvario che passa per un processo per direttissima nel tribunale di piazzale Clodio e da lì alla sezione penale dell’ospedale Sandro Pertini. La storia nera non è frutto della fantasia di uno scrittore di genere: è reale e, purtroppo, senza lieto fine. Perché Stefano Cucchi morirà, diventando il Cristo cui guardare ogni volta che sentiremo parlare di diritti negati, di abusi di potere, di morti sospette in carcere.

   Non è l’Argentina del 1976. Non è il Cile del sanguinario Pinochet. Questa è l’Italia, avete presente? Popolazione malata di calcio 365 giorni l’anno. Tette, culi e talent-show dozzinali in televisione. Informazione soppiantata dal gossip. I tossici sono merda. Gli immigrati sono merda. Le puttane che battono per strada sono merda (le escort invece valgono oro). Nel carcere di Bolzaneto, nell’estate del 2001, nessuno si fece veramente male e a chi si ostina a parlare di vittime bisogna ricordare pazientemente che ogni vittima è prima di tutto un potenziale colpevole. Se cercate indifferenza, falle legislative, maltrattamenti e una nazione che resta priva di uno specifico reato di tortura nel codice penale a vent’anni di distanza dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (che imporrebbe l'adozione di meccanismi di prevenzione delle sevizie e dei soprusi, a partire da un'istituzione indipendente di monitoraggio sui luoghi di detenzione) siete nel posto giusto.

   È l’Italia di Totti e del piede magico di Messi, di Belen Rodriguez e Simona Ventura ma anche di Federico Aldrovandi, morto a Ferrara la notte del 25 settembre 2005 dopo essere stato fermato da quattro agenti di polizia rinviati a giudizio per omicidio colposo per aver ecceduto i limiti dell'adempimento di un dovere. È il paese dei sorrisi, delle canzoni e dei “suicidati” in carcere, dei proiettili vaganti, degli sfollagente usati per tramutare l’ordine pubblico in violenza reiterata.

   Proprio come Aldovrandi, anche Stefano Cucchi muore massacrato di botte, la sua carne martirizzata, ridotta un cencio. Negato il diritto ai suoi familiari di fargli visita in carcere: non si può, questo Cristo fragile muore solo, da desaparecido, e dobbiamo all’enorme coraggio dei suoi cari la diffusione in rete e sugli organi di stampa delle tremende istantanee di un corpo esposto a mille domande che ci auguriamo possano trovare presto una risposta.

   Lo scrittore Luca Moretti, autore nel 2009 del romanzo Cani da rapina e il fumettista siciliano Toni Bruno hanno unito le forze e realizzato un libro importante che si avvale di un saggio di Cristiano Armati dedicato alle vittime dell’ordine pubblico in Italia. Leggerlo, significa imparare qualcosa su uno dei tanti misteri di casa nostra ma anche interrogarsi sullo stato attuale dell’abiezione umana. È un racconto crudo e diretto, del tutto privo di artifici letterari. È un libro di storia contemporanea che bisognerebbe portare nelle scuole perché, come scrive Armati: “Il 22 ottobre del 2009, con la morte improvvisa di Stefano Cucchi, è cambiata la storia. Prima che venissero rese pubbliche le fotografie del cadavere del trentunenne romano c’erano soltanto le immagini dei campi di concentramento nazisti a urlare «se questo è un uomo!» contro chi aveva costretto delle persone a finire, ormai ridotte a scheletri, in cataste ammucchiate davanti ai forni crematori, o malamente nascoste nelle fosse comuni.”

 

(N. G. D’A.)

http://nonmiucciselamorte.blogspot.com/