Crocodrile Rock
è uno di quei libri che guardo con sospetto. In primo luogo, il lancio
pubblicitario: sì, lo so che gli editori credono che "fascette" e
richiami a glorie non letterarie dei loro autori attirino i lettori come
lemming rincoglioniti da un piffero, però a me non impressionano affatto
la scrittrice-modella, il cantante scrittore, ecc.
Anzi, sono uno di quelli
che NON compra un libro per questo.
Inoltre,
Strip Tease, l'ho trovato
insostenibilmente brutto (provato a vederlo in in TV, abbandonato).
In secondo luogo,
considero gli sceneggiatori di Hollywood ottimi artigiani, come tutta la
manovalanza della mecca del cinema, ma credo anche che, quando si
vogliano cimentare con l'arte, rischiano sempre di prenderla - e
prendersi - troppo sul serio, spesso sfornando polpettoni pretenziosi.
Quindi, povero Carl,
trovavi in me un osso duro!
Poi - suggerimento agli
editors - citare W. Allen in quarta sa di quelle iperboli da marketing e
indispone i lettori "stronzi". Quelli cioè che non saranno mai disposti
ad ammettere di essersi divertiti altrettanto, per puro dispetto, se il
libro è all'altezza; oppure gireranno sadicamente il pollice, chiedendo
il sangue dell'autore, se anche le battute sono a un livello appena più
basso. Non ho citato chi ODIA Woody Allen,
perché è una minoranza in clandestinità, ma più numerosa di quanto si
pensi.
Beh, esaurita la disamina
delle mie fisime, passiamo al libro. Apro la mente, fletto i muscoli e
leggo.
Jack Tagger ha 46 anni,
un passato con qualche gloria, ma il suo caratteraccio lo ha portato
alla pagina dei necrologi, dove Emma, il suo responsabile, ha il compito
di mobbizzarlo.
Il giornale è passato di
mano e da baluardo della collettività si è trasformato in una macchina
per far soldi in mano ad una bieca multinazionale, cui il buon Tagger
non ha risparmiato pubblici insulti - e questo è il motivo della sua
condizione. Ma stavolta il nome del morto fa balenare al nostro la
possibilità di una buona storia: una vecchia stella del rock, sposato
con una starlette di MTV, morto in circostanze misteriose. Queste
solleticano la curiosità di Tagger, che comincia ad indagare, con
l'aiuto della figlia di una sua ex fiamma, una simpatica esponente del
popolo della notte di Miami, e sollecitato dai dubbi della sorella della
buonanima. Emma, dopo qualche titubanza, lo supporta. le indagini
scatenano un paio di altri omicidi, fino alla soluzione del caso, tra
complicazioni sentimentali, compleanni, matrimoni. Si tratteggia il
mondo dello spettacolo contemporaneo, di volgarità e pochezza
disarmanti, l'editoria cannibalizzata dalla borsa, il buon vecchio
rock'n'roll di una volta.
Il romanzo è
piacevole, una gradevole variante dell'hard-boiled classico, in cui il
detective è sostituito da un giornalista, l'amarezza e il sarcasmo da
una meno machista psicosi riguardo la morte e nevrosi sparse qua e là,
condite con una notevole ironia. Ma il pessimismo chandleriano era
determinato dalla grande depressione, era politico, anche se con una
grossa componente di qualunquismo: il bravo, buon individuo contro il
sistema, la politica corrotta, etc. C'era il dolore per la perdita
dell'innocenza.
Qui, a essere politico è
il disincantato spasso, per questo mondo di cialtroni - più o meno
elegantemente vestiti -, in cui viviamo tutti. E al quale il nostro
protagonista continua a dire il fatto suo, senza badare alle
conseguenze. D'altra parte, più in basso che a scrivere necrologi crede
di non poter finire.
Tutti i topoi del genere
sono rispettati: c'è l'eroe, la femme fatale, i delitti, ma è come se
tutto fosse in sedicesimo. La femme fatale è in realtà un'ochetta da
MTV, e anche il male, non è mai grandioso, bensì, piccolo e meschino,
inconsistenti le motivazioni e i moventi: d'altro canto, ogni tempo ha
le vamp e i cattivi che si merita. Quindi si ride, per battute come
"andiamo a commettere giornalismo!", ma d'altra parte si soffre un po'
di nostalgia per quei chiaroscuri forti, che la grettezza dei nostri
tempi ci restituisce così sbiaditi. Il personaggio principale mantiene
la linea di galleggiamento della credibilità - anche se non si riesce a
capire come si possa psicologicamente conciliare il vivace spirito del
nostro Jack Tagger con anni di mobbing - e riesce a risolvere il caso,
con un happy end davvero un po' stucchevole e holliwoodiano. Nel
percorso, però, uno si diverte, e questo non è poco.
Se doveste scegliere
tra Carl Hiaasen e Derek Raymond,
leggete Raymond, altrimenti va anche bene questo Crocodile Rock.
Tanto, se non lo
leggerete, lo potrete vedere tra non molto, probabilmente, al cinema.
Ferdinando Manzo |