È indubbio che tra i grandi meriti della casa editrice Meridiano Zero ci
sia al primo posto il progetto, sviluppato con successo ormai da più di
un decennio, di recuperare il meglio della produzione noir
internazionale del passato riproponendo (o talora presentandole per la
prima volta nella nostra lingua) opere di autori poco o per nulla
conosciuti da noi. È il caso dei magistrali lavori di
Derek Raymond, ma
anche de Il Vento del Texas, romanzo del 1980 dell’americano
James Reasoner, oggi nella traduzione di Marco Vicentini che di
Meridiano Zero è anche il fondatore.
Reasoner, nato a Fort Worth (la cittadina texana che ha dato i natali
tra gli altri ad Ornette Coleman, ai tamarrissimi ZZ Top e a Mark
Chapman, l’assassino di John Lennon) ha pubblicato una mole incredibile
di opere (molte sotto fantasiosi pseudonimi come
Hank Mitchum, Jon
Sharpe, Justin Ladd, Brett Halliday e Dana Fuller Ross) esplorando di
volta in volta il western, l’hard-boiled di scuola Hammett-Chandler, il
genere storico (con il ciclo Civil War Battle Series incentrato
su una famiglia di agricoltori della Virginia e altri tre sulla seconda
guerra mondiale), la saggistica (Draw: the greatest gunfights of
the American West). Nel cuore di molti estimatori è però proprio
Il Vento del Texas ad aver assunto nel tempo lo status di un romanzo
di culto, invisibile per anni dopo una prima pubblicazione curata da una
piccola casa editrice di New York. Una storia che ha come protagonista
il detective privato Cody alle prese con la scomparsa di una ragazza di
nome Mandy, cantante dei Friendship, fan di John Denver, Willie Nelson e
Linda Ronstadt e figlia di Austin Traft, un uomo molto ricco che,
apprendiamo dalle prime pagine, al momento della sparizione della
giovane era fuori città. Si dice che lei abbia tagliato la corda da Fort
Worth insieme al suo ragazzo per inseguire il sogno romantico di una
vita migliore, forse una carriera come duo country. Oppure potrebbe
essere finita in guai grossi, magari rapita da qualcuno. Questo l’avvio
(con una scena iniziale a dir poco classica: l’investigatore che riceve
l’incarico nella dimora del cliente, in questo caso la matrigna di Mandy).
Più avanti, non mancheranno i pugni, le pistolettate né i misteri da
risolvere vincendo la reticenza di amici e conoscenti della scomparsa.
Una volta chiuso il libro, l’impressione sarà quella di aver letto un
romanzo piacevole, in verità non all’altezza del culto tributatogli per
anni (siamo lontani dalla polvere, le ombre e i pugni allo stomaco di un
Jim Thompson), eppure non del tutto privo di un certo fascino. Reasoner
è un buon artigiano: abile nel muoversi nel mainstream e sul filo del
melodramma, refrattario a premere il piede sull’acceleratore ogni volta
che sarebbe opportuno deragliare dall’impianto pulito, romantico,
consolidato, da quella tradizione americana oggi diventata cliché (ci
sono cascati anche Crumley e Lansdale, a ben vedere) . Così, Il Vento
del Texas è un soft-boiled sostenuto essenzialmente da dialoghi di
buona fattura, una lettura d’altri tempi con Chandler nel cuore e la
vera sporcizia americana (Ellroy) portata via da una squadra delle
pulizie prima dell’incipit.
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Nino G. D'Attis |