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GRAZIE DI TUTTO (NON SOLO PER LE TETTE!) |
Nato
nel 1922 ad Oakland (California), Russ Meyer si distinguerà nel corso della
propria vita come una delle personalità più originale e provocatoria del
panorama culturale americano. A venti anni è stato cineoperatore durante la
seconda guerra mondiale, dopo la guerra divenne fotografo professionista e
collaboratore di Playboy (nel 1955 realizzò il primo centerfold
della rivista, Eve Miss-giugno nel 1955 divenne poco dopo sua moglie),
nel ‘59 realizzò il suo primo film: The immoral Mr.
Teas, prodotto da Pete De Cenzie l’opera fu accusata d’essere
pornografica ma, con buona pace dei benpensanti, incassò sessanta volte i
costi di produzione. Da qui in poi la carriera di quello che potremmo
definire il Larry Flint della celluloide sarà
costellata da una serie di cult-movie che, oltre allo scandalo, diverranno
fonte d’ispirazione formale per gran parte dei registi futuri. A partire dai
film del cosiddetto periodo “bianco e nero gotico”: Lorna (1964)
splendido melodramma malato, passando per Mudhoney (1965) e
Motorpsycho (1965) da cui derivano i
nomi di due famose rock-band degli anni ’90, fino ad arrivare a Faster,
pussycat, kill! Kill! (1965) da molti
considerato il suo capolavoro, Meyer palesa la sua poetica fatta di
erotismo, azione, ironia e innovative soluzioni registiche. Tutto il suo
cinema ruota attorno alle forme giunoniche delle sue protagoniste femminili,
donne dalla fisicità dirompente e dalle “tette” enormi, “Io giro film di
tette” (dichiarò Meyer in un’intervista) ed amava realizzarli nei deserti
californiani dove le dune del posto gli ricordavano i seni delle donne, film
di tette in mezzo alle tette. Ma il re dei sexploitation solo ad uno
sguardo superficiale può
La sua filmografia comprende, sul finire dei ’60 e nel decennio dei ’70, opere sempre più estreme, sempre più porno, ma anche e soprattutto, più fumettistiche, pop e pulp, come Mondo Topless (1966), Vixen (1968) Beyond the valley of the dolls (1970), Supervixen (1975), Up! (1976) e Beneath the valley of the ultravixens (1979). Opere in cui il numero d’invenzioni narrative-formali rasenta l’infinito: soggettive impensabili, un uso spregiudicato dell’oggettistica di scena, corpi sfatti e sfatati inquadrati con devozione analitica e una perfetta simbiosi tra musiche e immagini mai raggiunta da nessun altro, salvo il binomio Leone-Morricone e Quentin Tarantino (non a caso sfrenato estimatore di Russ Meyer).
John Landis, suo figlioccio e sincero
ammiratore, lo chiamò nel 1987 per interpretare una parte nel film Amazon
women on the moon diretto da Joe Dante e Carl Gottielb. Qualche anno
prima lo stesso Landis aveva chiamato a recitare in The Blues brothers
l’attore feticcio di Russ Meyer: Charles Napier,
Ammiratori ed adepti di questo splendido predicatore-laico sui sensi di colpa dell’umanità che amava Fellini e il neorealismo italiano non mancano, a voi lettori di Blackmailmag il compito di scoprirlo o ripercorrerlo nella consapevolezza che la bigotta Italia (a parte qualche rara eccezione: Fuori orario e l’Espresso che in passato pubblicò i suoi film in vhs) non gli ha mai concesso lo spazio dovuto (nel Mereghetti del 1998 nessun film di Meyer era menzionato!!!!!). Addio “sporco” Maestro.
Davide Catallo
Sul web: www.rmfilms.com |
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