Home | Back | 20 Centimetri | A History Of Violence | Arrivederci amore ciao | Batman Begins | Be Cool | Clean | Crimen Perfecto | Cursed | Danny The Dog | Donnie Darko | I Fratelli Grimm | Good Night, and good luck | Il Caimano | Inside Gola Profonda | Lady in the water | La foresta dei pugnali volanti | Last Days | Le tre sepolture | Mare Nero | Million Dollar Baby | Natural City | Nuovomondo | Old Boy | Quo Vadis Baby? | Red Eye | Romanzo Criminale | Saw | Silent Hill | Sin City | The Black Dahlia | The Grudge | The Ring 2 | The Woodsman | Viva Zapatero! | Archivio Cinema In primo piano: Aspettando Abel | Land of the Dead 1, Land of the Dead 2 | Lavorare con lentezza: Recensione, Alice in paradiso, La rivoluzione di chi? | Russ Meyer: L'occhio nel rituale autoerotico, Grazie di tutto(non solo per le tette) | Kitano: Zatoichi | Tarantino: Kill Bill-Vol.1 , Kill Bill-Vol.2 | XXV edizione del Fantafestival Speciale Linda Fiorentino: Articolo e Gallery , Filmografia |
||||||||||||||||||||
LAVORARE CON LENTEZZA |
||||||||||||||||||||
"L'idea della felicità sganciata dal profitto è un'idea di grande attualità". Guido Chiesa
Ancora si dice in giro che il cinema italiano è tornato a mani vuote da Venezia 61. Proprio in questi giorni sui giornali si legge che Lavorare con lentezza ha avuto al festival un buon successo di critica e di pubblico ma (mannaggia!) è rimasto a digiuno di premi. Cominciamo dunque così: premio "Marcello Mastroianni" come migliori attori emergenti a Marco Luisi e Tommaso Ramenghi, protagonisti del film. Non che i premi quantifichino la qualità. È solo che uno si chiede perché tv e stampa ce la menano a ripetizione con alcune pellicole piuttosto che con altre... La domanda, ovvio, è ingenuamente retorica.
Lavorare con lentezza,
bellissimo titolo rubato ad una canzone di Enzo del Re (cantautore che
chiedeva solo il minimo sindacale dello stipendio di un metalmeccanico e che
suonava solo in luoghi raggiungibili coi mezzi pubblici) porta la firma di
due personalità singolari nel panorama italiano: Guido Chiesa alla regia, Wu
Ming alla sceneggiatura. Il primo si è fatto le ossa negli Stati Uniti con
filmaker quali Jim Jarmusch e Amos Poe. Ha poi sperimentato il linguaggio
del videoclip e del documentario, nel primo caso con gruppi come Assalti
Frontali, Marlene Kuntz e Yo Yo Mundi, nel secondo con lavori di forte
impegno politico e sociale: tra gli altri da ricordare Materiale
Resistente sul cinquantenario della Resistenza (assieme a Davide
Ferrario, regista di Tutti giù per terra e Dopo mezzanotte),
Non mi basta mai (2000) assieme a
Lo
spunto del film: l'avventura di Radio Alice, l'emittente bolognese del
flusso creativo, della comunicazione trasversale, delle prime telefonate in
diretta. Quella dentro la Bologna del '77, fatta dai figli degli operai, da
chi credeva nella forza rivoluzionaria della libera espressione piuttosto
che in quella della lotta armata. Ma la grande Storia rimane volutamente
solo uno sfondo di colori, e l'emittente stessa un grande calderone
narrativo che tiene insieme eventi e personaggi multipli, ben equilibrati
nel dosaggio degli spazi, nei tratti che li delineano, nei profumi che
suscitano nelle miscele narrative. Lavorare con Lentezza assomiglia,
a volte, più ad un film "per" ventenni che ad un film "sui" ventenni. Nel
bene e nel male. Con il suo stile, la sua bellezza, il suo non voler essere
una storia su una radio, sugli anni settanta o sul mao-dadaismo. Nel bene:
perché racconta di persone più che di fatti, di punti di vista, di pulsioni
universali, di sogni arrabbiati, di incertezze e di vendetta. Per i toni
pop, per la leggerezza che affascina, per l'ironia goliardica. Per
l'improbabile "banda del buco" che scava la spina dorsale del film. Per la
figura del truffatore filosofo e del "caramba" calabrese. Per
Mastandrea in
divisa e per la Pandolfi che poi tanto da fiction-tv non è. Nel male: perché
certe discussioni nella cucina spoglia di mamma, sotto casa con l'amico nel
giardinetto di periferia, contro il mondo e contro il capitalismo e contro
se stessi, purtroppo, rimangono lì,
Chiesa e i Wu Ming si sforzano di rinnovare i canoni della narrazione senza perdere di vista i gusti del pubblico: inizio ad effetto, finale ad effetto. In mezzo un montaggio da applauso di Luca Gasparini (presto sugli schermi anche con Nemmeno il destino del bravissimo Daniele Gaglianone) sulle immagini splendidamente fotografate da Gherardo Gossi (che col montatore ha già lavorato ne Il partigiano Johnny). Riconquistiamoci il tempo, l’ozio esistenziale, e soprattutto l’impegno. L’obbligo alla vita. La fedeltà alle idee. Alla possibilità di poter essere quello che si vuole, lontano dagli ascensori che regolano i flussi della lotta di classe, della quotidianità mediocre e della non-stima di se stessi. Questa era Radio Alice. Questo e altro. Lavorare con lentezza. Senza fretta. Perché l’idea della felicità sganciata dal profitto, oltre che essere un’idea di grande attualità, è soprattutto una grande idea.
Antonello Schioppa |
||||||||||||||||||||
|