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CURSED - IL MALEFICIO |
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Luna piena su Los Angeles, la città in cui, per dirla con le parole di Tom Cruise/Vincent in Collateral: «Un uomo muore nella metropolitana ma nessuno se ne accorge per giorni e giorni.» La città/pianeta del cinema, vero e proprio invito a nozze per uno come Wes Craven, demiurgo abituato a plasmare opere che sono anche un divertito gioco di rimandi con i miti e il linguaggio della celluloide, riletture corpuscolari, disseminarsi infinito di spezzoni brevissimi pescati nel grande nulla che chiamiamo cinema. Il nulla-sogno replicante in sé, domiciliato a Mulholland Drive e non distante dal Brian De Palma di Mission to Mars o dal Rob Zombie di House of 1000 corpses. Quello smarrimento pauroso/eccitante portatore di significati "inconsci", di mutazioni-imitazioni osservabili come tracce di una realtà altra rispetto a quella della dimensione diurna. Werewolf of London di Stuart Wolker e L'ululato di Joe Dante. Bela Lugosi e John Landis. Il caro Zio Tibia che fa «Buuh-uuh!!! Ah, ah, ah, ah!». Craven non è più il regista politico de Il Serpente e l’arcobaleno, d’accordo, ma ogni tanto rammenta miracolosamente a se stesso e alla troupe che ha a disposizione la formula magica che gli permette di ritrovare almeno in parte i guizzi migliori del primo capitolo di Nightmare. È una regola nella quale i rimandi, le autocitazioni, confluiscono non di rado nell’arte di parlare la lingua della parodia. Un sistema misterioso, seducente in cui accade che un vecchio esperto di trucchi come Rick Baker operi in profondità, sotto una fitta coltre di effetti digitali del K.B.N. EFX Group. A tratti, non sempre, ma funziona. A Los Angeles, in una notte di plenilunio, i fratelli Ellie (Christina Ricci) e Jimmy (Jesse Eisenberg) acquistano un potere immenso che è anche una maledizione: forza, sex-appeal, capacità sensoriali sconosciute. I corpi (o solo le menti?) cambiano dopo un brutto incidente d’auto e una strana aggressione, prologo di una nuova vita da maudits con colonna sonora che comprende canzoni di Junkie XL, Gusgus, Collective Soul e Apollo 440. Così, in sogno, Ellie uccide Jake, il suo ragazzo, mentre alla luce del giorno Jimmy lo sfigato si ritrova nudo in giardino e pensa alla licantropia come a un dono. Fioccano le domande in cerca di soluzione, e con esse le allegorie, gli indizi capaci di minare le certezze più solide ("I miei film migliori hanno sempre funzionato su due livelli, come divertenti film dell'orrore e come commento sui problemi più importanti, la famiglia, la società", ebbe a dire una volta l’ex professore di filosofia). Il filo della tensione si intreccia più volte con quello della commedia, complici le consuete scorrerie nel metacinematografico (la mostra di memorabilia horror che Jake sta allestendo). Non mancano purtroppo i dialoghi cretini, le concessioni ad un nuovo modo esangue, inerte, preconfezionato di dire “teen movie” e questo conferma da un lato quanto la strada che Craven ha percorso per portare nelle sale Cursed sia stata lunga e accidentata, dall’altro il modo in cui attualmente le speranze di una visione “final cut” debbano per forza di cose essere riposte nelle versioni Dvd. I fans del regista di Cleveland, Ohio, hanno atteso a lungo questa storia di lupi mannari scritta dal poco brillante Kevin Williamson (sua l’idea di Dawson Creek, suoi i personaggi di Scream 2 e 3) e attuata tra numerose sostituzioni nel cast artistico e in quello tecnico (tra i tanti, si registra l’abbandono di Baker, ritiratosi addirittura dall’attività), poi al capolinea di un estenuante braccio di ferro con la produzione in fase di montaggio. Cursed è il progetto impegnativo partito nel 2000 con un soggetto ambientato a New York su uno psicopatico convinto di essere un lupo mannaro. Un ritorno al passato dopo l’incerto La Casa nera e il fiacco Vampiro a Brooklyn prodotto/interpretato da Eddie ‘Non Faccio Più Riderè Murphy. Una rinascita a lungo auspicata che ci porta ad un risultato non brutto, tuttavia frustrante, tenuto conto che Craven avrebbe desiderato lavorare con uno sceneggiatore del calibro di Tony Gayton (The Salton sea) e in un clima possibilmente depurato dai condizionamenti della censura (i tagli imposti hanno portato a un’edizione che negli States ha ottenuto il visto censura PG-13). Christina Ricci: magnetica. Le sequenze iniziali: accattivanti. Il cammeo di Scott Baio (Happy Days) nei panni di se stesso: sfruttato male. Troppi compromessi, evidentemente. Nella scia di un malocchio chiamato Miramax, Cursed è una pellicola sfortunata che vale più come un’ulteriore conferma del talento del suo autore che come film pienamente riuscito. E, inevitabile, fa pensare con bruciante nostalgia all’era pre-Scream e agli impedimenti che si frappongono sempre più tra cineasti della statura di Craven o del meno docile John Carpenter e il loro pubblico.
Veronica Lago |
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