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A VENEZIA, NATURALMENTE!
Un report dalla 61ª Mostra di Venezia firmato Nise No

 

11/09: cena e festa al Palazzo Ducale con Sophia Loren. Andarci? Non andarci? «Pensaci su e poi fammi sapere», dice Liz, una delle protagoniste di American ass di Pat Myne e ultima fiamma del mio amico filmaker Masao T. Honolulu che l’ha voluta tra gli interpreti di Gaijin house, leather hood, il suo prossimo lungometraggio prodotto dalla casa indipendente di Osaka B.T.B. (Blindfold Total Blackout). Ho letto il copione: una vera schifezza, ma ho promesso un cameo di due minuti nel ruolo di Dino, un sociopatico che è stato rapito dagli extraterrestri quando portava ancora i pannolini e adesso se ne va a zonzo per Tokyo convinto di essere la reincarnazione di Dino Paul Crocetti, alias Dean Martin. Dino gioca a golf, ama le macchine sportive, ha una gran faccia sorridente e furba e si diverte a fare a pezzi giovani gnocche jappo fischiettando That's amore.

   Ora sono a Venezia. Perché di nuovo a Venezia?

   Liz (o Lizzie, come la chiama il suo fidanzato), si è fatta del male con Shijie di Zhang-ke Jia, presentato in versione originale cinese-mandarino, dialetto shanxi, dialetto wenzhon e sottotitoli in italiano e inglese, poi, eterna bambina più di me, è rimasta folgorata dai 24 minuti dell’anteprima nella sezione Venezia Cinema Digitale di Final Fantasy: Advent Children, il nuovo film di Nomura Tetsuya e Nozue Takeshi basato sull'epica saga di Square-Enix con musiche di Uematsu Nobuo.

   Sono a Venezia. Perché?

   E che dire dell’incorreggibile Masao? Reduce da una colossale bevuta con una delle guardie del corpo di Nicole Kidman, si è fatto portare su dal bar dell’albergo un quadruplo eggnog e una scorta di aspirine. Ha quasi fatto a pugni con un sedicente inviato di Rolling Stone dopo la proiezione di Un Mundo menos peor dell’argentino Alejandro Agresti. Ha visto il kolossal malese Puteri gunung Ledang (La principessa del monte Ledang) di Saw Teong Hin: 142 minuti di romanticismo pesante su Gusti Putri, principessa del regno di Majapahit, innamorata persa di Hang Tuah, il guerriero più autorevole e valoroso nei paraggi. Melenso. Insostenibile. Atroce. Masao ha adocchiato anche i cinque minuti iniziali di Vento di terra di Vincenzo Marra, storia di un ragazzo del quartiere di Secondigliano a Napoli e il primo quarto d’ora di The Terminal di Spielberg con Tom Hanks e Catherine Zeta-Jones. Non c’è stato verso di farmelo raccontare: «Devo rimuovere, dimenticare, resettare», ha detto. «Rimuovere, dimenticare, resettare: è IMPORTANTE!»

   Liz/Lizzie vuole un bacio completo da Al Pacino e continua a scambiare il vicesindaco di Roma Maria Pia Garavaglia per il premio Nobel Rita Levi Montalcini, il direttore del Festival Marco Müller per il regista Salvatores e una delle filippine che fanno i turni giù in stireria per Jennifer Lopez.

“L'individuazione è un concetto difficile”, per dirla con le parole del decano degli psicanalisti Mario Trevi. Foto non fatta: Tom Cruise che scende dalla passerella rossa o un sosia perfetto del divo? Altra foto non fatta: Violante Placido in canotta luccicante e faccia rabbuiata dopo i fischi al film di papà Michele.

   Liz/Lizzie: «Ma il film di Guido Chiesa, non è stato scritto da quel gruppo di scrittori amici di Blackmailmag?»

   Vero. Lavorare con lentezza. I Wu Ming. Avrei dovuto presenziare almeno alla conferenza stampa e invece…

   Ho perso addirittura Izo di Takashi Miike, con Beat Takeshi. Ho perso Donnie Darko – The Director’s cut di Richard Kelly. Ho perso (volentieri) l'ultimo Wenders. E l'evento per bambini scemi Shark tale in Piazza San Marco trasformata in cinema da 5000 posti a sedere (annessa area vip da 100 star).  E Palindromes di Todd Solondz, con con Ellen Barkin e Jennifer Jason Leigh (chi se ne frega, mi piaceva solo il titolo!).

   Sempre chiuso in questa camera d’albergo, a giocare a Vega$: Make it Big!  oppure a briscola, acchiappaquindici, canasta, ramino, hana garuta, uta garuta, iroha garuta. Chiuso a sbronzarmi con litri di Billecart Salmon, colore oro pallido, incantevoli riflessi verdi, raffinato profumo di mandorla, pane grigliato e noci. Chiuso.

   A Venezia. Al Lido. Alla Sessantunesima. Why?

   Yoko Ono illumina con una torcia elettrica l'ingresso principale dell'hotel Excelsior proiettando in linguaggio morse la frase I LOVE YOU. Ancora nel nome di John Lennon e della sua utopia di pace.

   Yoko Ono - Onochord: non c'è sonoro. Trasmettete il messaggio ONOCHORD: "I LOVE YOU". Trasmettere il messaggio in qualsiasi angolo dell'universo.

   11/09: Sophia. Ho questo dubbio amletico che mi tormenta.  Ha quasi settanta primavere, la Loren. Miss Eleganza 1950. L'oro di Napoli. Ad Hollywood con Cary Grant, Marlon Brando, William Holden e Clark Gable.

   Andare al party in suo onore.

   O non andarci.

   Masao: «Prova a dire di no e ti spacco la faccia!»

   È tutta la vita che fa l’amore con se stesso pensando a Sophia.

   Liz/Lizzie: «Ma ci sarà anche Al Pacino?»

   Emicrania. Gastrite. Troppo Billecart. Troppi Cuba Libre. Troppo di tutto, tanto per cambiare. Il party è già passato, la Sessantunesima chiude i battenti ed io sono chiuso nel cesso.

    I LOVE YOU...

   Letture veneziane da 'poltrona del tuono' (la tazza del water): Graphic 02 - Contemporary Graphic Culture Magazine; le Lettere di Giorgio Morandi (risate grasse garantite, artistelli!) e Grammar of Japanese ornament and design di Thomas W. Cutler. Finita la carta igienica, per nettarmi ho adoperato alcuni volantini che reclamizzavano la la 9ª Mostra Internazionale di Architettura METAMORPH diretta da Kurt W. Forster. Non per mancanza di rispetto: pura necessità, credo.

   Ultimo pensiero lucido/stupendo: un figlio da Anne Parillaud, adesso!

   A Venezia, anche quest’anno. Chi me l’ha fatto fare, se poi non ho visto niente?