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COFFEE & CIGARETTES |
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Accompagnato all'ultimo Festival di Venezia dallo stesso Jarmusch, Coffee & Cigarettes si propone come delizioso gioco tra amici, collage disegnato dalla genuina vena cinematografica di uno dei registi più "indie" d'America. Un trenino di dodici corti che trova le sue radici, risalendo la corrente, sul set dello splendido Down by Law (1986), film-manifesto del cineasta d'adozione newyorkese che mescolava la verve surreale di Roberto Benigni al nichilismo rude di Tom Waits e John Lurie. Dal folgorante incontro con il comico toscano nacque il primo corto della serie, che nelle intenzioni di allora doveva essere un'esperienza a sé stante: Coffee & Cigarettes, pellicola "parallela" alla realizzazione del film, in cui Benigni e Steven Wright, spappolati in una splendida e spoglia fotografia minimale firmata Tom Di Cillo (che passerà alla regia nel 1991 con Johnny Suede) si incontrano in una sorta di bar fantasma animando 6 minuti di conversazione non-sense. I pilastri del loro blaterare rimandano ai temi cari di tutta la cinematografia del regista: la riflessione sul linguaggio (che nel doppiaggio italiano rischia inevitabilmente di affogare...), la sfida della comunicazione (il tavolo a scacchiera e le tazzine di caffè come pedine), la perdita dei sogni nella civiltà contemporanea, la molteplicità dei punti di vista, la separazione dei destini, la solitudine imbevuta di cortocircuiti fiabeschi (le tazzine che si riempiono da sole). Temi racchiusi, come sempre nella filmografia di Jarmusch, tra la forma solida e geometrica delle immagini fisse e la puzza di nicotina. L' esperienza si ripete nel 1989 (stesso anno di un altro lungometraggio: Mystery Train, con l'ospite d'onore Joe Strummer). Titolo: Coffee & cigarettes (Memphis version). Attori: Steve Buscemi, Joie Lee, Cinquè Lee. Soggetto: Elvis Presley e il suo gemello sconosciuto. Nel 1993 arriva il terzo: Coffee & Cigarettes (Somewhere in California), con Tom Waits e Iggy Pop che si incrociano (nella parte di loro stessi) in un bar desolato "da qualche parte nella California". "Hei, vieni spesso in questo bar?" "Qualche volta" "Lo sai che non hanno nessuno dei tuoi dischi nel Juke Box?" L'episodio con i due musicisti tra i migliori in assoluto, autentico cult fotografato da Frederick Elmes che si aggiudica la Palma d' Oro del cortometraggio al Festival di Cannes. È da qui che matura l'idea di dar vita ad una serie di filmati da riunire in un lungometraggio. Seguiranno, così, tutti gli altri, sempre all'insegna delle direttive stilistiche e poetiche inaugurate con i primi episodi. Ospiti: Alfred Molina, Bill Murray, i rapper del Wu-Tang Clan Gza e Rza (autore quest'ultimo delle colonna sonora di Ghost Dog con Forest Whitaker, oltre che del recentissimo Kill Bill di Quentin Tarantino), Steve Coogan (che si improvvisa fan leccato di Spike Jonze, autore di Essere John Malkovich e de Il Ladro di Orchidee), Cate Blanchett, Steve Buscemi, i due White Stripes Meg e Jack alle prese con il generatore a corrente alternata polifase di Nikola Tesla... L'esperimento, pienamente riuscito, mostra come il regista plasmi la forma cortometraggio in autentica occasione di divertimento e libera sperimentazione, regalandoci un notevole work in progress icona di uno stile unico e inimitabile, sempre uguale nella forma e nei contenuti e, al tempo stesso, indispensabile e rigenerante nella sua sincerità intellettuale e poetica. Un cinema fatto di regole proprie e autonome, solido ed indistruttibile e, contemporaneamente, sempre sull'orlo del collasso. Fin dalla New Wave di Permanent vacation (1982), girato come tesi di laurea con qualche migliaio di dollari ed una precaria Super 16, Jarmusch ruota nel "vuoto permanente" dei rapporti umani e degli spazi sociali, rimuginando sul dialogo e la conversazione, che in Coffee & Cigarettes trovano la propria sublimazione, come puro istinto, gesto meccanico, necessità di circostanza... come fantasia balbettante di qualcosa che non trova sfogo, nè immagine, nè respiro. Sempre sull'orlo del collasso, appunto: menefreghista delle regole della narrazione e dell'affabulazione (il maestro Nick Ray lo bacchettava sulla mancanza di ritmo delle sue storie) il regista diverte, confonde ed emoziona con un'abilità semplice ed innata, ma imperscrutabile. È il gioco della pallina nei tre bicchieri: per lo spettatore è impossibile vincere, per i suoi fan è impossibile imitarlo. Perché ogni sua storia nasce intorno all'incontro dei suoi attori. Esattamente il contrario di quello che in genere si fa... Antonello Schioppa |
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