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Dolls |
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"Il freddo è acuminato Tre versi e diciassette sillabe racchiudono il candore dell’Haiku. Tre storie che compongono un film fatto di Haiku. Dolls ultimo lavoro di Takeshi Kitano non è un semplice avvicendarsi di eventi, ma una poesia d’amore fatta di immagini suggestive, di simbolismi profondi e di denuncia sociale. Un linguaggio di figure umane che comunicano direttamente con il nostro io più profondo, oscillando tra una realtà frustrante e costrittiva e la ricerca interiore della propria dimensione umana che conduce inevitabilmente alla fine dell’esistenza. L’immagine emblematica diviene una pallina di plastica rosa, il proprio io, sospesa a mezz’aria tra la luna e la protagonista, la coscienza dei personaggi non ancora delineata in equilibrio tra due mondi antico e moderno, materiale ed onirico, in un’ evoluzione che li condurrà alla morte e alla fine del sogno. La pallina viene schiacciata da un’auto, come la farfalla che osserva Sawako, la tragedia raggiunge la perfezione della bellezza, l’immacolatezza si manifesta al termine di ogni cosa, poiché combacia col principio. La libertà è nella scelta di morire, non potendo decidere quando e dove nascere. Questa è la linea di pensiero che unisce ogni personaggio: ognuno ha perduto qualcosa, ognuno cerca qualcosa. Kitano ci mostra la cultura di un mondo che può sembrarci lontano, ma in realtà parla dell’universale, dell’uomo e della sua esistenza. Si confronta con la tradizione giapponese e porta in scena le storie del teatro Bunraku, all’inizio in maniera poco dichiarata per giungere al metateatro tra gli avvenimenti del Meido No Hikayaku, un classico di Chikamatsu, e la pellicola. Un parallelismo che sottolinea ulteriormente il tema di equilibrio tra universi differenti, ma che apre la strada anche alla forma di doppio suicidio d’amore ‘shinju’ capace di rendere eterno il legame tra due amanti. Il richiamo alla tradizione non vieta al film di denunciare la situazione sociale del Giappone presente attraverso il vissuto dei personaggi. La prima storia si apre con un matrimonio, la sposa non indossa il tradizionale kimono, ma ha un abito bianco e la cerimonia si celebra in una chiesa cattolica, la scena richiama le scelte religiose del popolo nipponico, che nasce scintoista, si sposa cattolico e muore buddista. Sempre nel primo episodio abbiamo Matsumoto, obbligato dai genitori a sposare la figlia del suo capo e ad abbandonare Sawako. Nel secondo è presente Hiro, un capo Yakuza ovvero l’attuale incarnazione del Feudatario, mentre nel terzo conosciamo il fenomeno delle Idols, adolescenti che raggiungono la fama. L’amore diviene il punto di partenza per mutare la propria vita, ma è contaminato dal formalismo e di conseguenza non raggiunge la sua totale perfezione; esso è solo l’inizio del viaggio e non l’arrivo. Prendendo il personaggio di Nakui, l’ammiratore della idol Haruna si può facilmente comprendere tale concetto. La passione di quest’uomo è tormentata, non può avere la donna che ama perché lei è una cantante molto popolare e le uniche occasioni che ha di vederla sono gli incontri con i fans. Quando la ragazza si ritira prematuramente dalle scene, Nakui come Edipo si rifiuta di guardare la realtà e si cava gli occhi. Haruna sfigurata da un incidente non vuole farsi vedere da nessuno, ma accetta di incontrare il suo ammiratore più fedele perché cieco. Solo quando l’amore formale viene finalmente a macchiarsi a corrompersi diviene reale e nel momento stesso in cui esso acquisisce tale qualità raggiunge la pienezza della perfezione, come il campo di rose in fiore che toccano l’apice di bellezza pochi attimi prima di morire. Tutto l’ambiente del film è un susseguirsi di estremo candore, il rosso degli aceri, i fiori di ciliegio, il luccichio del mare e la neve. Ogni ambiente è lo scenario ideale del dramma che si consuma. Kitano ha dichiarato di aver adattato la scelta delle location ai costumi di Yamamoto che riproducono l’ immagine surreale del teatro bunraku trasformando lentamente i due protagonisti in marionette. Tutti gli attori sono pupazzi guidati dal saggio Kitano e si muovono lungo un percorso di cui lui è artefice, un burattinaio stranamente nascosto dietro la macchina da presa. Diversamente da quanto siamo abituati a vedere in Dolls la parte onirica si muove in concomitanza con quella reale, ma più si prosegue più diventa difficile distinguerle. Sawako rinuncia alla ragione tramite un tentativo di suicidio, mentre Matsumoto abbandona la propria condizione sociale per seguire un ideale. Il loro vagabondare è un cercare la felicità, evidenziato dagli abiti che si confondono con l’ambiente e in particolare nel momento in cui i due abbandonano l’autostrada per entrare in un bosco di ciliegi in fiore, ribellandosi al destino per la libertà. L’avvenimento sottolinea la trasformazione dei due che diventano burattini di carne e quindi sogno. L’inizio della primavera è l’inizio di una nuova vita, di una nuova realtà. La corda rossa con cui si legano è un classico nella mitologia giapponese ed è lo strumento di congiunzione tra due esseri, mondi e universi. La sensibilità di un grande autore, un Giappone da mitologia fanno di questo film un capolavoro del cinema, un gioiello senza tempo che sarà difficile non amare.
Massimo Macchia |
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