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![Identity](images/CINEMA/Identity.jpg) |
Titolo originale:
Identity |
Regia: James
Mangold |
Interpreti: John
Cusack (Ed), Ray Liotta (Detective Rhodes), Amanda Peet (Paris), John
Hawkes (Larry), Alfred Molina (Dottore) |
Soggetto: Michael
Cooney |
Sceneggiatura:
Michael Cooney |
Fotografia: Phedon
Papamichael |
Scenografia:Cindy
Carr |
Costumi: Arianne
Phillips |
Musica: Alan
Silvestri |
Montaggio: David
Brenner |
Produzione:
Columbia Pictures Corporation, Konrad Pictures |
Paese: USA
Anno: 2003 |
Durata: 87' |
Distribuzione:
Columbia Tristar Italia |
Sito ufficiale:
Sony |
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"Salendo le scale ho visto un uomo che non
c’era. Neanche oggi lui c’era. Spero, spero se ne sia andato via”. (Poema di
Hughes Mearns, tratto dal film)
Qualcuno
una volta scrisse “l’essenziale è invisibile agli occhi” e aveva ragione. Da
vendere. Quando si guarda un thriller non si dovrebbe mai dimenticare
Antoine de Saint-Exupéry e il suo
insegnamento, specie se il film segue una sceneggiatura cosiddetta
all’americana, dove cioè ogni elemento mostrato, o per lo meno la
maggior
parte di questi, ci viene fatta vedere per una ragione precisa, per
indirizzarci, per aiutarci a capire. Sembra facile e in realtà lo è. Almeno
quando la mente dello spettatore non è impegnata a pensare che stiano
tentando di ingannarla. O non rimane ammaliata da un bravo regista. Uno come
James Mangold per esempio, che da un plot rubato ad Agatha Christie è
riuscito a tirar fuori un film elegante. Tutto ci viene bisbigliato fin dal
principio, anzi ancor prima, dal titolo, ma anche nel caso in cui qualcuno
riesca a trovare il bandolo della matassa prima della sequenza finale, resta
affascinato dalle atmosfere claustrofobiche (lo stesso regista ha confessato
di aver provato a emulare Hitchcock e la sua bravura nell’ambientare una
storia in un solo luogo come in La Finestra sul cortile), dagli
indizi, dalla capacità di sorprendere anche quando il colpo di scena è
telefonatissimo, ed è tutto merito di Mangold che riesce a incastrare le
varie situazioni con giochi di flashback e flashforward mai gratuiti, senza
sbavature e assolutamente chiari. Gli sceneggiatori saccheggiano dalla
signora del giallo, ma lui trova la chiave di volta per darci il quadro dei
peccati e
dei dieci peccatori in una manciata di secondi. Si intravede la
stessa maestria narrativa de I Soliti sospetti, quel raccontare
sempre al limite del mostrare, quel dire per sottintendere. E il tema dello
sdoppiamento della personalità usato e abusato trova nella pellicola uno
degli esempi migliori degli ultimi anni. Certo non è Fight Club. La
sceneggiatura non è tratta da
Palahniuk, non c’è Edward Norton,
né David Fincher, ma è un piccolo gioiello lo stesso. Un gioiello con in più
10 bravi attori. Quanti possono dire lo stesso?
Valentina Neri |